Oggi Lucio Fulci compirebbe 93 anni. Un’occasione per rivedere il suo capolavoro maledetto.
Straordinario thriller “rurale” che porta in scena morte, pregiudizio e orrore nelle arroccate case di un paesino del profondo sud. Lucio Fulci gira uno dei suoi migliori film lavorando su una sceneggiatura basata più su concetti opposti che si scontrano che su una struttura convenzionale
Quale migliore occasione del compleanno del maestro indiscusso del genere in Italia – e se avete dubbi a riguardo chiedete pure a Quentin Tarantino – per andarsi a rivedere una delle sue opere più importanti e maledette? Considerato il capolavoro di Lucio Fulci, oltre che una delle opere fondamentali del giallo italiano, Non si sevizia un paperino è infatti uno dei film più inquietanti e morbosi girati dal regista nonché il suo preferito in assoluto. L’ambientazione in un paese retrogrado del sud Italia era inedita sino ad allora nel thriller italiano. Il soggetto del film è ispirato ad un fatto reale avvenuto a Bitonto nel 1971 dove ci fu una serie di omicidi con bambini come vittime. Il film uscì il 29 Settembre 1972, e si rivelò un buon successo di pubblico, incassando complessivamente 1.125.965.763 di lire dell’epoca. Fu vietato ai minori di 18 anni (Visto censura n. 61046 del 22 settembre 1972), a causa delle scene di violenza e la sessualità morbosa mostrata nel film.
La musica dolce che contrasta con le immagini di una violenza a tratti inaudita
I problemi maggiori con la censura riguardarono la sequenza in cui Barbara Bouchet si mostra nuda davanti a un bambino. Per questa sequenza vi furono molte denunce, poiché la legge proibiva l’impiego di minorenni in sequenze scabrose. La colonna sonora del film fu realizzata da Riz Ortolani. La musica dolce che contrasta con le immagini di una violenza a tratti inaudita è rimasta impressa tra gli amanti del film. Questo stratagemma era già stato usato da Ortolani nel 1962 per Mondo cane, e sarà riutilizzato dal compositore nel 1979 in Cannibal Holocaust, diretto da Ruggero Deodato. Soprattutto è rimasta legata indelebilmente al film la canzone Quei giorni insieme a te, cantata da Ornella Vanoni, che accompagna il linciaggio della maciara. All’inizio del linciaggio sono presenti altre due canzoni: la prima è Rhythm cantata da un giovanissimo Riccardo Cocciante e un’altra canzone non originale dei Wallace generation. In origine però non era questa la canzone scelta per la sequenza, bensì Un po’ di più, cantata da Patty Pravo. Con Florinda Bolkan, Barbara Bouchet, Tomas Milian, Irene Papas, Marc Porel, Georges Wilson.
Sinossi
In un superstizioso paesino lucano tre bimbi vengono crudelmente uccisi. Un giornalista in vacanza indaga con i carabinieri. I sospetti cadono su una dissoluta signora di città venuta a disintossicarsi, poi su una fattucchiera. Entrambe risultano innocenti, ma la seconda, una volta rilasciata, viene massacrata dai genitori delle piccole vittime. La situazione diventa più cupa quando è assassinato un quarto bambino.
I “guai” che Non si sevizia così un paperino dovette affrontare
Lucio Fulci utilizza la forma del genere investigativo per analizzare, sviscerare, condannare la piaga del bigottismo in tutte le sue forme, realizzando se non il migliore dei suoi film (sempre tenendo presente …e tu vivrai nel Terrore! L’Aldilà), sicuramente il più coraggioso. Le tematiche scottanti, l’erotismo particolarmente calcato, l’efferatezza delle scene di violenza basterebbero a rendere Non si sevizia un Paperino oggetto di dibattito; ma il film è reso ancor più controverso dal fatto che tali elementi (sesso e violenza) vedano come protagonisti dei bambini, e proprio questo fu il fattore principale dei “guai” che l’opera dovette affrontare.
Lucio Fulci: il poète du macabre
Una scena, in particolare, dove un ragazzino si trova “costretto” a osservare una ragazza, Patrizia (una magnifica Barbara Bouchet), completamente nuda e in atteggiamenti provocatori, provocò delle noie giudiziarie, e lo stesso Fulci giustificò questa scena svelandone la realizzazione: infatti, nelle inquadrature col ragazzo la donna nuda era assente, mentre in quelle con la Bouchet il ragazzo, mostrato di spalle, era sostituito da una controfigura. L’aneddoto rivela la grandissima abilità registica di Fulci, che viene confermata nella meravigliosa scena del linciaggio della magiara (un’ottima Florinda Bolkan) commentata dalla commovente canzone (costruita sul tema del film composto da Riz Ortolani) Quei giorni insieme a te, cantata da Ornella Vanoni: questa scena accosta magnificamente la violenza estrema delle immagini con la profonda liricità della musica (operazione ripetuta altre volte da Ortolani, ad esempio in Cannibal Holocaust), rendendo piena giustizia all’epiteto poète du macabre coniato dalla critica francese (decisamente più avanti di quella italiana) per definire lo stile fulciano.
Una narrazione procede a passi lenti per esplorare un male atavico ed endemico
Superstizione e vendetta sono le rozze prigioni che incatenano le menti e le anime, e non esiste alcuna razionale via di uscita. In Non si sevizia un paperino la narrazione procede a passi lenti per esplorare un male atavico ed endemico, che non ammette appigli interpretativi; e ciò che racconta è, di per sé, una macabra danza rituale, in cui il mistero, la stranezza e la follia sono le coreografie di una ragione coartata, che negli spazi angusti di un tempo eternamente fermo, è costretta a chiudere gli occhi e a contorcersi su se stessa. Un terribile gioco di bambole. Tra figurine in cera per le pratiche voodoo e pupazzi decapitati, poco importa se anche i cadaveri, in questo film, sono vistosamente riconoscibili come brutti manichini da pellicola low budget: tutto sembra fare parte di un inconscio esorcismo, teso a spostare sulla materia finta l’atroce realtà dei corpi infantili violati. Il tocco di Lucio Fulci traccia i contorni di un aspro urlo della terra, di quella arida e impervia di un immaginario meridione d’Italia, attraversata da un viadotto autostradale, ma dimenticata dalla civiltà.
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