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Festival di Roma

Festa del Cinema di Roma: L’Arma più Forte – L’Uomo che Inventò Cinecittà di Vanni Gandolfo (Riflessi)

Un documentario, L’Arma più Forte – L’Uomo che Inventò Cinecittà, necessario, nella misura in cui ridà luce a una pagina di storia che non poteva essere dimenticata: farla rivivere proprio attraverso il cinema è stata un’operazione quanto mai opportuna, meritevole della più grande attenzione. Adesso tutti sapranno chi era l’uomo che creò Cinecittà

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Vanni Gandolfo, che già nel 2014 si era confrontato con la cultura del ventennio fascista col documentario Me Ne Frego! Il Fascismo e la Lingua Italiana, torna a indagare quel periodo, stavolta però mosso dal desiderio di rievocare una figura che, comunque la si pensi – non si tratta in questo caso di condividerne l’orientamento politico ma di raccoglierne la concreta eredità -, davvero può essere considerata decisiva in riferimento alla rinascita del cinema italiano, che conobbe, grazie a lui, un momento di rinnovato splendore. Si tratta di Luigi Freddi, nome che a tanti non dirà granché, ma che dev’essere sottratto all’oblio a cui è stato ingiustamente condannato, giacché fu l’uomo che pensò e creò quel tempio del cinema a tutti noto come Cinecittà. Freddi, che fu direttore generale della cinematografia dal 1934 al 1939, viaggiò molto per il mondo, e soprattutto ebbe la possibilità di fare esperienza della florida industria statunitense degli studios, in confronto alla quale il nostro sistema produttivo era irrimediabilmente obsoleto, incapace di pensare ad una struttura a partire dalla quale riformulare, rinnovare, i processi di realizzazione dei film. Il nostro cinema era in quegli anni anacronistico e non in grado di attirare l’attenzione del pubblico, che preferiva di gran lunga le pellicole provenienti dall’altra parte dell’oceano, in quanto intrattenevano davvero, adempiendo in pieno il compito principale della settima arte: far sognare, interrompere per un attimo la freddezza di una realtà che fatalmente incombeva.

Luigi Freddi, futurista con Boccioni e Marinetti, interventista, volontario nella prima guerra mondiale, legionario dannunziano a Fiume, giornalista, appassionato di aviazione, e soprattutto di cinema, volle fortemente rigenerare la macchina produttiva italiana, e l’occasione concreta venne fornita quando i teatri di posa della Cines, l’allora punto di riferimento dell’intera cinematografia italiana, presero fuoco a seguito di un devastante incendio (e chi scrive, vedendo il bel documentario, è stato subito colto dal dubbio circa la natura dell’evento). Freddi contattò Mussolini, al quale espose il suo ambizioso progetto e, complice la mania di grandezza della cultura fascista, ricevette il consenso, anzi seguì una forte campagna di propaganda che magnificava l’ennesima eclatante impresa patrocinata dal duce. Cinecittà, che all’inizio si chiamava La città del cinema, si impose subito come il più grande stabilimento d’Europa e per un decennio, fino al capovolgimento politico che si verificò nel 1943, conobbe una stagione di grande fioritura. Poi i tedeschi trafugarono molti dei macchinari ubicati nei vari teatri, e Cinecittà divenne temporaneamente il rifugio per i tanti sfollati che vi trovarono (in particolare nell’enorme Teatro 5) un sicuro riparo. Dopo la fine della guerra, Cinecittà riaprì i battenti, ma ormai quell’esaltante decennio iniziale era inequivocabilmente terminato, e successivamente furono proprio gli americani ad utilizzare gli studios italiani, ma solo per motivi logistici, laddove i film realizzati non erano coproduzioni ma interamente ‘made in usa’. Nel documentario, che è essenzialmente un film di montaggio, c’è spazio, e non poteva essere altrimenti, anche per una bella sequenza di Intervista (1987) di Federico Fellini, in cui lo stesso regista riferisce un sogno in cui immagina di volare sopra l’amato stabilimento.

Meno condivisibili, probabilmente, le considerazioni di Freddi sul cinema girato negli esterni, sulle strade, perché se è vero, indubbiamente, che si fece di necessità virtù (dato che non si poteva più filmare a Cinecittà), proprio in quel periodo si produssero film indimenticabili (Rossellini, De Sica, etc), laddove il cinema di intrattenimento era svanito di fronte al dovere etico di raccontare la realtà.

A narrare in prima persona, come voce fuori campo, c’è Diego Abatantuono, che si è prestato al bel progetto di Gandolfo, interpretando il protagonista, riferendo quanto contenuto nel testo Il cinema, scritto dallo stesso Freddi e pubblicato nel 1948.

Un documentario, L’Arma più Forte – L’Uomo che Inventò Cinecittà, dunque, necessario, nella misura in cui ridà luce a una pagina di storia che non poteva essere dimenticata: farla rivivere proprio attraverso il cinema è stata un’operazione quanto mai opportuna, meritevole della più grande attenzione.

Luca Biscontini

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  • Anno: 2016
  • Durata: 54'
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Vanni Gandolfo