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Interviews

Kim Jee-won, sull’ispirazione e l’empatia

Il maestro coreano, presente al Busan International Film Festival, si svela ai giornalisti

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Kim Jee-won, il maestro coreano, regista tra gli altri di Bittersweet Life (2005) e Il buono, il matto e il cattivo (2008) e dell’ultimo Cobweb (2023), è stato chiamato per il 30esimo anniversario del Busan International Film Festival in qualità di decano della BIFF Asian Film Academy: un progetto di formazione e mentorship nato nel 2005, rivolto a registi asiatici esordienti da cui hanno preso il volo alcuni dei nomi che adesso frequentano i festival.

L’occasione è stata propizia per poter rivolgere al regista coreano alcune domande che, dalla posizione ricoperta per l’Asian Film Academy, lo ha portato a raccontare della sua carriera e delle difficoltà attuali dell’industria cinematografica coreana.

Proponiamo a seguire un estratto della lunga intervista rilasciata ai media coreani, a cui ha presenziato anche Taxidrivers.

 

Kim Jeewon, l’intervista

La Asian Film Academy, come parte del Busan Film Festival, ha dato al regista Kim Jee-won l’opportunità di essere il decano. È un veterano del BIFF: tra le opere che ha realizzato, nove film sono stati proiettati al Busan International Film Festival, mostrando il forte legame che esiste tra i suoi lavori e questo festival.

Quando per la prima volta ho ricevuto l’offerta di servire come Decano, non ho accettato per nessuna ragione speciale, ma solo con un pensiero importante: stare con gli studenti e con i meravigliosi registi e lo staff tecnico che li seguono. Così sono venuto qui a cuor leggero, ma arrivato sul posto i miei pensieri sono cambiati. L’Accademia è uno spazio dove le persone iniziano a sognare, a fare i primi passi verso quei sogni. Tutti sono lì con un sogno. Mi ha ricordato la mia stessa giovinezza, quando volevo fare film ma non sapevo come. Così il mio senso di responsabilità si è fatto più pesante; ciò che avevo preso alla leggera all’inizio è diventato per me qualcosa di molto serio. […]

Quando penso all’arte e in particolare alla forma video e al cinema, vedo che a un certo punto alcuni registi hanno trasformato o superato la storia e le convenzioni dei precedenti, hanno cercato nuove forme, linguaggi ed espressioni cinematografiche, e spesso è stata una lotta personale. Si possono chiamare rivoluzionari, in senso positivo. Alcuni di loro hanno costruito il DNA del cinema e lo hanno portato avanti. Guardando la nuova generazione del cinema asiatico, vedo i riflessi di quella lotta e sento di poter contribuire aiutandoli a trovare modi per fare lavori nuovi.

Alla BAFA ci sono tanti giovani registi, provenienti da diversi paesi, con religioni e lingue differenti: per questo mostrano come culture diverse si connettono ed esplorano nuove possibilità. Vedere come questi giovani sperimentano e ricercano, mi dà grande ispirazione.

Il cinema coreano affronta difficoltà ora, così come l’Asia in genere. Forse, per trovare una svolta, questa BAFA potrebbe essere un grande punto di partenza. Attraverso reti come BAFA — modelli di incubazione e collaborazioni transfrontaliere — credo che possiamo scoprire nuove vie da seguire.

La cosa più importante, in quest’era di odio e discriminazione, è vedere giovani registi di culture, religioni e lingue diverse riunirsi per sperimentare e ricercare: è molto commovente. I giovani registi hanno una fresca immaginazione e io ho molta esperienza: per questo possiamo avere una grande sinergia. Questa ricchezza è il potere del cinema, e mi ricorda il ruolo del Busan International Film Festival. […]

 

Sembra che oggi in Corea non ci siano realmente giovani registi che emergono come un grande maestri, a differenza del Giappone. Credi che in Corea possa avere un nuovo maestro?

[…]

Al di là del talento individuale, penso che la Corea debba rivedere il suo sistema: solo con un forte sostegno al pubblico, agli investimenti e l’apertura all’originalità possono emergere nuovi maestri.

Ora siamo in una situazione in cui il nuovo cinema è molto indebolito. La situazione attuale è molto conservatrice. Per questo motivo anche le nuove voci sono molto conservatrici. L’atmosfera generale non è molto positiva. Dobbiamo rinnovare tutto l’ambiente in modo che si possano fare nuovi investimenti.

Quando il sostegno del governo era forte sotto l’amministrazione di Kim Dae-jung, il cinema coreano fioriva. Ora, con la produzione in calo e una politica conservatrice, rischiamo di perdere l’innovazione. Per far rivivere il cinema, l’intero sistema deve cambiare, per ricostruire il pubblico e permettere la sperimentazione.

[…]

 

Hai appena parlato della crisi dell’industria cinematografica coreana. E hai anche parlato del fatto che il governo debba fornire maggiore sostegno finanziario. Quindi, secondo te, in che modo la situazione attuale ha influenzato il tuo lavoro e il BAFA?

Anche le grandi compagnie cinematografiche che facevano decine di film all’anno hanno drasticamente ridotto i numeri, al punto da essere devastante. Per dirvi brevemente la mia situazione: al momento ricevo più offerte che arrivano dall’estero, dagli Stati Uniti e dall’Europa che dal mercato locale. […]

Guardando al futuro del cinema: l’Asia ha paesi forti nel cinema, come Giappone, Cina, India. Ma ora stanno emergendo nuovi paesi, come Vietnam, Thailandia, Singapore, Indonesia, paesi molto dinamici. E lì possiamo trovare alcune soluzioni e visioni.

In particolare il Vietnam ha energia: molti giovani e molti sogni. L’anno scorso ho visitato il Vietnam e sono rimasto molto incuriosito dal paese. Mi ha ricordato la Corea durante gli anni Ottanta e Novanta. C’erano molti giovani in cerca di lavoro. Quindi penso che stia nascendo una nuova ondata. Spero che la BAFA possa mostrare nuove possibilità e modelli per questa era. Grazie.

[…]

Kim Jee-Woon ⓒCine21 – immagini ad uso stampa fornite dal Busan International Film Festival

Come confronti la tua esperienza con questi giovani registi che oggi ricevono tutoraggio?

Per questa domanda vorrei raccontare il motivo per cui ho accettato la carica di decano. Non vengo da una scuola di cinema formale o da un percorso educativo elitario: ho imparato attraverso l’apprendistato sul campo. Ho imparato l’inglese da solo e sono cresciuto guardando film nelle cineteche e nei cinema, sognando il cinema; e ho imparato a fare cinema facendo film.

Perciò non insegno da un curriculum formale, ma dalle solide basi della mia esperienza vissuta, dalle conoscenze pratiche e di strada che ho accumulato. Credo di poter trasmettere questa grande lezione oggi agli studenti.

La formazione atipica e il suo valore

All’inizio del tuo percorso, cosa ti ha ispirato e ti ha spinto a perseverare nonostante le sfide? Dove hai trovato la tua ispirazione e come hai superato le difficoltà?

Molti stimoli mi hanno formato, e anche quando dormo, a volte ricevo ispirazione come in un sogno. Pensiamo di solito che l’ispirazione sia un accumulo intuitivo di dati: due persone possono vivere le stesse 24 ore, ma raccolgono dati diversi. Col tempo quei dati si accumulano, a volte restando inconsci, e poi, quando vengono attivati da una storia o da un incontro, diventano una fonte di energia creativa.

Quando qualcosa mi stimola profondamente, anche se non capisco subito perché, continuo a chiedermi perché mi colpisce. Anche senza trovare una risposta, l’impronta sensoriale rimane, diventa un accumulo di dati e contribuisce alla creatività futura. Così, la chiave è raccogliere e vivere esperienze intensamente — sentire, osservare, lasciarsi colpire — perché queste impressioni sono la materia del lavoro creativo.

Uno dei miei segreti è che non sono un estroverso, sono una persona molto introversa. C’è una sorta di vendetta empatica che mi spinge. Poiché non riesco a esprimere i miei sentimenti, torno a casa aggrappandomi a quei pensieri che diventano dati. Più tardi, con una storia, possono diventare creazione.

Osservazione e immaginazione sono necessarie. La curiosità è importante, anche se grezza. Tutti registrano la vita, ma ciò che conta è come la trasformiamo. Quando i dati interni incontrano una storia, può nascere la creazione.

[…]

 

Hai trovato elementi comuni tra i registi della BAFA e qual è il primo punto di cambiamento che possono apportare?

Guardando a tutti i diversi team e ai membri dei team, ci sono 3 consigli che vorrei dare loro. Primo: penso che il cinema sia l’arte della collaborazione. Quindi, devi sapere che stai mettendo insieme talenti diversi forniti da persone diverse. Come regista, devi sapere come trovare un equilibrio nella comunicazione e nella collaborazione e avere grandi capacità di leadership.

Secondo: l’ambiente di lavoro nella produzione cinematografica è piuttosto duro. Le ore di lavoro e le condizioni sono molto migliorate ad oggi, ma comunque devi concentrarti sul fare film per quasi 12 ore. Quindi, devi avere grande energia nella mente e nel fisico, e anche pazienza.

E terzo: devi sapere che fare cinema non è qualcosa che si può fare dall’oggi al domani, devi saper sopportare. Devi attraversare un tempo di solitudine e isolamento. Tuttavia, solo passando attraverso tutti questi momenti difficili, puoi poi trovare i momenti luminosi della tua vita. Quindi, se davvero vuoi realizzare i tuoi sogni, come regista, devi sapere che devi attraversare questa realtà.

Un altro buon punto di riflessione: piuttosto che lasciarti influenzare dalla prospettiva di un’altra persona, penso sia importante avere la tua visione e la tua prospettiva. Questo significa che devi sapere come presentare cosa vuoi filmare e vedere con il tuo linguaggio, e naturalmente con il tuo talento. Ma è importante avere la tua dottrina, la tua prospettiva.

 

Dopo Cobweb, Kim Jee-won è già al lavoro sul suo prossimo film, una co-produzione con gli Stati Uniti in inglese, che conferma ancora una volta la sua inesauribile energia creativa.