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Sole Luna Doc Film Festival

‘Bontle’ di Marie Ruwet al Sole e Luna Doc Film Fest

Marie va a Soweto due volte: la prima a 18 anni per conoscere il mondo e vivere un'avventura; la seconda quattro anni dopo per affrontare un evento traumatico passato e riappropriarsi della propria vita. Una storia personale che parla all'universale.

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Bontle di Marie Kuwet al Sole e Luna Doc Film Fest

La 20ª edizione del Sole e Luna Doc Film Fest a Palermo continua con Bontle racconto intimo e personale di Marie Ruwet e del suo viaggio in Africa. Il documentario, prodotto da Studio Mimesis, partecipa in concorso alla sezione Shorts Docs

Bontle

Marie ha diciott’anni e decide che è arrivato il momento di vivere un’esperienza all’estero e scappare per un po’ a Soweto nel Sudafrica. Dopo un inizio lento ma accogliente, un evento ben più sgradevole rovina la sua permanenza: la notte di Capodanno il fratello della famiglia ospitante abusa di lei. La ragazza rimane molto turbata e intimidita della vicenda. Troverà conforto, sostegno e libertà da un gruppo di skaters locali con cui passerà il tempo in maniera felice prima di tornare di nuovo in Belgio. Dopo 4 anni il ricordo di Soweto le causa angoscia. Decide allora di tornare in quei luoghi, ritrovare i suoi amici e la famiglia ospitante e affrontare il trauma subìto.

Una storia personale

Bontle vuol dire “meravigliosa”: Marie non è troppo contenta di essere chiamata sempre così ma questo aiuta a rendere la sua esperienza ancora più particolare. Bontle è il nome che la famiglia ospitante di Soweto le assegna e che dà il nome al documentario. Dopo l’evento traumatico la ragazza riesce a trovare accoglienza e libertà dal gruppo di skaters locali: la sua telecamera a ci porta in giro per Soweto mostrando i luoghi e la gente del posto. Quei ragazzi l’hanno salvata. L’hanno allontanata dal trauma causato dal fratello ospitante mostrandole un mondo diverso, insegnandole una libertà diversa.

“Mi sento forte grazie a loro. Mi sento libera grazie a loro. Arrivo a dimenticare grazie a loro.”

Marie si identifica con loro e trova un rifugio all’interno della città, lontana dal ricordo amaro che porta. Il gruppo la fa sentire accolta e le fa scoprire una nuova libertà, quel sentimento che forse l’aveva spinta a partire ma che era stato subito dopo ingurgitato dall’abuso. Quattro anni dopo, i ricordi felici sono offuscati dall’immagine orribile e inquietante. Decide allora di tornare a Soweto. La Marie studente di giornalismo rivedrà volti amici che le daranno la forza di affrontare i fantasmi del passato. Così infatti la famiglia chiama il ragazzo che ha abusato di lei: “Ghost”, il fantasma.

Marie Ruwet mostra la sua esperienza personale e il percorso che l’ha portata a superare un momento difficile. Ha deciso di raccontare davanti a una telecamera il segreto che portava dentro di sé con vergogna e inadeguatezza. Le scene girate in presa diretta, e con la tecnica della telecamera a spalla, ci aiutano ancora di più ad entrare in empatia con lei e ad adottare il suo punto di vista ascoltando la sua voce: così la sua vicenda personale diventa un’opera che parla alla collettività. Un esempio di come si possa andare avanti partendo dalle proprie cicatrici.

Ripartire da una cicatrice

In un momento del film uno degli skaters parla di cicatrici, di come queste siano il ricordo di una caduta ma anche di qualcosa di bello: una cicatrice infatti ci ricorda un momento in cui ci siamo fatti male fisicamente ma non per forza dobbiamo aver sofferto anche a livello emotivo. Il ragazzo si riferiva a una caduta con lo skate, capitata in un giorno in cui si era molto divertito ma cadendo si era fatto anche molto male. Come un tatuaggio, quella cicatrice gli ricorda un momento felice. 

Non possiamo dire lo stesso nel caso di Marie. Eppure lei indossa la sua cicatrice che continua a seguirla anche in Belgio: per questo decide di affrontarla quando decide di tornare a Soweto, rivedere tutti, accettare di confrontarsi con il ragazzo che aveva abusato di lei durante la notte di Capodanno. Solo così la cicatrice resta solo un segno di un’esperienza più grande. Solo così Marie riesce a trasformare trauma e dolore in un’opera. La regista dona un esempio e un messaggio di vicinanza per delle vicende che purtroppo fanno parte del nostro quotidiano. Come gli skaters in passato hanno fatto con Marie, Bontle racconta il coraggio di ripartire da una cicatrice e ritrovare la propria libertà.

 

Bontle di Marie Kuwet verrà proiettato al Sole e Luna Doc Film Festival il 19 settembre. Il documentario è disponibile anche su MUBI.

Bontle

  • Anno: 2022
  • Durata: 21
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Belgio
  • Regia: Marie Kuwet