Flatastic è l’ultimo progetto d’animazione realizzato dalla regista e illustratrice francese Alice Saey. È stato realizzato in collaborazione con Léa Perret che ha invece curato la parte di scrittura della storia. Il film si presenta come un coloratissimo cortometraggio caratterizzato da luminescenze neon e una palette che richiama le pubblicità e le estetiche anni ‘80. 
Prodotto da Miyu Productions, KeplerFilm e Spotted Bird, Flatastic approda all’Euganea Film Festival dopo aver già vinto un premio come “Miglior Cortometraggio Sperimentale” all’edizione del CutOut Fest 2024. 
La 24ª edizione dell’ Euganea Film Festival si tiene dal 4 al 14 settembre 2025 in varie location in Provincia di Padova e fa della sostenibilità, sia ambientale che sociale, uno dei suoi punti di forza.
Estetica e trama del film 
Al centro del film vi è innanzitutto la presentazione di quella che sembra una vera e propria distopia ma non una steampunk alla Mad Max e neanche una più gritty, per quanto realistica, decadenza in stile pandemico alla The Last Of Us.  
No, l’incubo di cui ci vogliono parlare Alice Saey e Lea Perret non vede il suo peggio nella scarsità di risorse e nella caduta della società civile, bensì nell’abbondanza, nell’iper-stimolazione e nel più completo ordine. 
Il mondo di Flatastic non tende al grigio e non sembra neanche rendere tristi i suoi abitanti. 
 La vita lì è infatti ipercolorata e permette il raggiungimento di veloci quanto semplici soddisfazioni: la realizzazione personale, intesa come sentimento di pienezza, sembra infatti essere esclusivamente ricercata in un singolare alimento, il surimi Ocean, che si presenta come un incrocio tra una Cipster Freeky Fries e una gomma Lupo Alberto , quella con l’iconica forma a sigaretta.  
Ocean è tutto ciò di cui i suoi abitanti hanno bisogno, motivo per cui riempiono centinaia di sacchetti rosa con questo cibo e disperdono nell’ambiente imballaggi, buste e altri rifiuti, gusci vuoti che perdono il loro appeal dopo aver consumato il prodotto. 
La quotidianità degli abitanti umani di questo film è inquietante nella sua componente ripetitiva. Essi non fanno altro che spostarsi tra i vari edifici della città seguendo rampe di scale che si stagliano come labirinti escheriani su architetture minimaliste, un quasi paradosso del quale, per qualche motivo, sembrano non riuscire a prendere consapevolezza. 
I veri protagonisti del film sono però gli animali non antropomorfi, in particolare le mante.

Le mante
Dotate di una particolare struttura corporea composta esclusivamente da muscoli e cartilagine, le mante si spostano nell’oceano con un movimento tanto armonioso da sembrare che stiano volando sott’acqua.  
Oltre a costituire un omaggio artistico a questi animali, Flatastic costituisce un piccolo, grande spazio dove le mante possono prendersi una rivincita sull’essere umano. 
 Il film denuncia infatti il rischio sempre crescente di estinzione al quale questa specie sta andando incontro, proprio a causa dell’attività umana. Se prima le mante erano eclusivamente minacciate da una non adeguata regolamentazione dell’attività di pesca, ad oggi il rischio maggiore in cui incorrono questi animali è costituito dall’inquinamento dell’oceano con la plastica, proprio come i sacchetti rosa presenti nel film. 
L’elemento distopico lascia spazio anche a una riflessione che permette di tirare qualche sospiro di sollievo (ne siamo davvero sicuri?): è necessaria un’azione veloce e radicale per invertire l’unica rotta che l’uomo sembra aver conosciuto finora, quella del consumo. L’alternativa? La possibilità che il cambiamento avvenga da sé, in modo ben più violento, come una pandemia… oppure un attacco di mante giganti. 
La trasformazione dell’umano
In una metafora dell’antropomorfizzazione della natura che l’uomo compie da sempre, in Flatastic gli umani vengono trasformati in figure piatte dalle mante, stanche del fatto che il loro habitat naturale venga utilizzato a mo’ di discarica. 
La flat-tizzazione dell’umano, per rifarci al titolo del film, permette alle mante di costruire un sistema che ribalta la realtà della violenza dell’uomo sugli animali e apre una riflessione anti-specista. L’umano diventa merce che serve alla soddisfazione di qualsiasi esigenza delle mante. 
La sua rinnovata flessibilità, dovuta al processo di flat-tizzazione, gli permette di essere ad esempio impiegato in rulli attraverso i quali le mante passano per pulirsi, liberandosi di sporcizia e detriti che accumulano su di esse mentre nuotano. 
Allo stesso modo, la nuova struttura corporea permette di compiere movimenti natatori, di tipo circolare, coordinati gli uni con gli altri e imposti dalle mante che osservano per puro scopo ludico, di intrattenimento, ricreando una situazione molto simile al circo con animali e ai parchi naturali acquatici.
Flatastic si inserisce nel palinsesto dell’Euganea Film Festival con sostanziale naturalezza, restituendo una riflessione di tipo ecologica ma ricordandoci che lo spirito ecologista è nulla senza un’etica che includa l’empatia nei confronti degli animali. Dobbiamo salvare la terra ma dobbiamo anche salvare la nostra anima!