Presentato in concorso all’82esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, À pied d’œuvre porta per la prima volta al Lido Valérie Donzelli, che torna in cabina di regia a distanza di due anni dall’intenso Il coraggio di Blanche. Basata sull’omonimo romanzo di Franck Courtes, la pellicola è scritta a quattro mani dalla Donzelli con Gilles Marchand e sarà distribuita nelle sale italiane da Teodora Film.
À pied d’œuvre | La trama
Paul (Bastien Bouillon) ha 42 anni e una discreta fama come fotografo. Peccato che da qualche anno abbia deciso di cambiare direzione, sempre in ambito artistico, passando alla scrittura. Dopo il successo del suo primo romanzo, però, le cose sembrano acquisire una brutta piega. Tra la separazione dalla moglie (interpretata dalla stessa Donzelli), la casa appena acquistata, i conti da pagare e l’ispirazione che non arriva, Paul si vede costretto a correre ai ripari. Ma qual è la soluzione migliore?
I tempi sono duri.
Dopo averle tentate tutte o quasi, si iscrive a un’agenzia interinale, deciso a non dover dipendere da nessuno e a non accettare la carità di chi gli sta accanto e gli vuol bene. Comincia così un inaspettato e non sempre semplice viaggio all’interno del mondo del lavoro sottopagato e all’insegna dello sfruttamento. Nel corso di questa esperienza, Paul testerà i suoi limiti e si renderà conto di ciò che lo circonda in un modo che prima non aveva mai immaginato.
Il cinema politico di Valerie Donzelli
Seguendo la sua idea di cinema politico, la Donzelli realizza quello che è forse il suo film più “classico”. Basandosi sul romanzo di Courtes, di cui cambia poco e nulla, la’apprezzata (poco da noi purtroppo) cineasta francese getta la luce dei riflettori su uno spaccato della società odierna. Se il mondo del lavoro è al centro del discorso, intorno spuntano qua e là tantissimi altri spunti da cui è necessario farsi coinvolgere. Il protagonista è un quarantenne come tanti, disoccupato suo malgrado, e costretto a reinventarsi. Eppure, la sua strada l’aveva trovata, ma lo sappiamo bene – soprattutto in Italia – che la cultura non paga. Il circuito dentro cui finisce Paul è più comune di quanto si possa sperare, è qualcosa che inghiottisce, frustra, disarma, e da cui è complicato tirarsene fuori.
L’esistenza dell’uomo cambia completamente, trascinandolo in un vortice così violento che finisce addirittura per fare a pezzi un cervo investito per strada. La potenza narrativa della storia si traduce in immagini e in dettagli, che la Donzelli sa riconoscere e rendere alla perfezione.
Un viaggio negli inferi del lavoro
Senza mai strafare, ma ancorandosi piuttosto a un piano di realtà che sfiora il documentarismo, viene fuori il racconto, sotto forma di viaggio, del protagonista. Il suo si rivela un viaggo tanto doloroso quanto necessario, non solo per rendersi conto del valore di quello che lo circonda – comprese i gesti e la gentilezza delle persone sconosciute – ma anche per raccogliere il materiale utile per la sua opera in cantiere.
La scelta del protagonista, fondamentale e azzeccata, ha permesso a Bouillon di dare vita e sentimento a Paul. La sua è una grande prova d’attore, completamente e umanamente al servizio della parte. Una piccola curiosità riguarda l’età anagrafica del personaggio del libro, vicino ai 50. Il cambio si deve alla decisione della regista di allargare lo sguardo su una generazione ancora in grosse difficoltà.
*Sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.