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Conversation

‘Orfeo’ Conversazione con Virgilio Villoresi

Tra arte e spiritualità 'Orfeo' di Virgilio Villoresi è un invito al viaggio letterario e personale

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Al Festival del cinema di Porretta Terme 2025 anche Orfeo di Virgilio Villoresi. Tra arte e spiritualità Orfeo di Virgilio Villoresi è un invito al viaggio letterario e personale. Il film è uscito in sala con Double Line.

Al festival abbiamo fatto alcune domande a Virgilio Villoresi sul suo Orfeo.

Virgilio Villoresi e il suo Orfeo

Orfeo non ha paura di nascondere la propria bellezza e lo fa senza rinunciare a una ricerca di senso a cui arriva attraverso una narrazione testuale e visiva oltremodo stratificata. Vorrei partire da qui per parlare del film.

Il discorso della bellezza nasce dalla mia passione per gli artisti e i designer del primo novecento; in particolare dalla mia collezione di oggetti vintage. Sono sempre stato un appassionato di modernariato art nouveau, e nel film è come se avessi messo tutto il mio amore per gli oggetti collezionati nel corso degli anni. Questo è successo soprattutto nella seconda parte, quella dell’aldilà che è una sorta di rappresentazione del mio mondo interiore nella quale emerge il mio interesse per artisti come Portaluppi e Cornasetti. Per quanto riguarda il cinema ho cercato di lavorare con una molteplicità di generi guardando a registi come Douglas Sirk ma anche al cinema sperimentale e astratto che è un’altra mia grande passione. Mi piace molto anche l’horror e il cinema fantastico. Nel film mi interessava mantenere una forte coerenza poetica capace però di muoversi su più generi e registri. Grazie a un grande lavoro di montaggio penso di esserci riuscito.

Orfeo lavora su un tempo lineare in cui passato, presente e futuro sono una cosa sola affidando alla matrice temporale di oggetti e generi cinematografici il compito di segnalare le diverse cronologie all’interno delle immagini.

Quello che dici succede anche a livello estetico e narrativo perché la storia non è contestualizzata in un tempo preciso. Mi affascinava l’idea di inventare una sorta di decade immaginaria, un tempo sospeso che strizzasse l’occhio all’art nouveau, al liberty, ma anche al déco e al modernariato. Insomma un dispositivo che racchiudesse le mie passioni e le mie suggestioni visive. A livello di reference mi sono attenuto a queste cose per inventare un tempo che non esiste. Non volevo fare un film in costume o legato agli anni Sessanta ma riferibile a tempi diversi.

Tanti generi

Tra i vari generi ci sono anche l’animazione, lo stop motion e il documentario creativo. Alla stregua di quest’ultimo metti insieme immagini la cui consequenzialità non è tanto narrativa ma piuttosto emozionale.   

Sì, mi sono servito di quello in modo molto intimo e personale perché quelle immagini sono tratte dai super 8 di mia mamma che faceva la ballerina. Quelli originali in cui ballava Il Lago dei Cigni li ho uniti con la ricostruzione chirurgica della stessa Opera in cui Eura danza all’interno di una coreografia pressoché identica. A tal proposito c’è un aneddoto per me molto toccante e cioè che mentre ero intento a riprendere le ballerine nel mio studio mia mamma dirigeva Giulia Maenza come se fosse lei. Tramite il gioco di montaggio simile a quello usato ne L’Atalante da Jean Vigo sono riuscito in qualche modo a farle sembrare una sequenza unica.

Intriso di inconscio, desiderio e immaginazione Orfeo è un vero e proprio inno alla libertà. 

Sì, è un inno alla libertà, la stessa con cui ho girato questo film. Per riuscirci ho creato e protetto fino all’ultimo uno spazio creativo totalmente libero. Essendo produttore di me stesso potevo fare ciò che volevo e alla fine questa attitudine è entrata dentro il film. Ne è venuto fuori un lavoro molto intimo e personale caratterizzato da una totale libertà creativa. Durante il montaggio ho potuto cambiare aspetti legati alla versione originale del progetto presenti nella sceneggiatura per rendere la storia ancora più legata al concetto di viaggio onirico. D’altronde mi piace pensare al cinema come sogno in cui lo spettatore si dimentica di essere in sala abbandonandosi al flusso della musica e delle immagini in movimento. Parlo di un’idea di cinema vicina a quella che aveva Jean Cocteau in Le Sang d’un poète, citato nella scena in cui Orfeo guarda dalla serratura le giovani donne che tentano di sedurlo.

Come vedere il film di Virgilio Villoresi

La scena iniziale in cui Orfeo immagina cosa succede nella casa di fronte è ripresa nel viaggio all’inferno in cui l’abitazione diventa il contenitore delle paure e dei desideri scaturiti da quell’osservazione. La circolarità della narrazione è tale da far sì che il film guarda ed è guardato.

Sì, esatto, perché comunque l’aldilà, per come l’abbiamo concepito, è costellato da elementi della vita di Orfeo e della mia come regista.

È il sogno che ti osserva”, come dice il personaggio interpretato da Vinicio Marchioni.

Proprio così. Uno dei motivi che mi ha spinto a fare Orfeo è lo stimolo di descrivere da zero l’aldilà, pensandolo come una sorta di viaggio nell’inconscio del protagonista che diventa anche un cammino nella mia interiorità più profonda perché all’interno dell’aldilà ci sono anche tante citazioni della mia vita.

A proposito di citazioni, quando Orfeo ed Eura camminano di notte per strade e piazze della città non è sbagliato riconoscervi una metafisica vicina a quella presente nelle opere di De Chirico.

De Chirico è un altro artista che amo moltissimo. Quella piazza in particolare è tratta da un quadro di Dino Buzzati per cui abbiamo costruito quella scena cercando di renderla il più possibile simile all’originale. Successivamente gli abbiamo dato un’illuminazione ispirata alla metafisica di De Chirico. Il fatto di omaggiare Buzzati anche con elementi esterni all’opera Poema a Fumetti da cui è tratto il film trova ragione nella volontà di celebrare tutta la poetica dello scrittore, tant’è vero che la scena in cui Eura balla il cha cha cha è tratta da Un’amore. Molte battute dei personaggi le ho riprese da altri romanzi di Buzzati.

Richiami e citazioni

Al di là del riferimento al mito classico la storia di Orfeo potrebbe essere anche la metafora dell’atto creativo e dei tormenti che ne scandiscano la rivelazione. La discesa nell’Ade e poi la conclusione, con la forma astrale di Eura che convive dentro il corpo del protagonista potrebbe essere la rappresentazione della ritrovata unità tra l’artista e la sua musa.

La sequenza finale è la sublimazione di quanto stai dicendo. Quando lui si mette a suonare, lei esce dal suo corpo come se fosse una musa. Effettivamente c’è questa idea. In più in quella scena è come se la sua arte si unisse all’accettazione del lutto.

Io lì ho pensato appunto al tormento interiore dell’artista in cerca della propria arte. Ho avuto l’impressione che si trattasse anche di un discorso personale al punto di considerare Orfeo un riflesso della tua persona.

Il film in effetti corrisponde alla mia idea di scena artistica maturata in questi anni, ma anche, come ti dicevo prima, Orfeo è un contenitore di citazioni che rimandano alla mia vita.

Dopo un breve preambolo il film entra nel vivo mettendo insieme la scena della meretrice e del suo pappone con quella molto stilizzata in cui Orfeo suona il piano nel locale in cui si esibisce. L’accostamento mi è sembrato indicativo della contiguità tra inferno e paradiso come pure sulla fragilità della bellezza messa a rischio dai suoi detrattori.

Ho giocato molto su questo dualismo creando una sorta di sinfonia visiva in costante oscillazione tra immagini più perturbanti e altre più rassicuranti. Da questa dialettica nasce il ritmo che accompagna lo spettatore nel corso del viaggio.

Gli specchi

Anche gli specchi di cui il film è pieno sono lì per ricordarci la soglia tra vita e morte.

Come sai si tratta di un tema caro ai surrealisti e di conseguenza anche a me; per questo ha sempre avuto un posto importante nel mio immaginario. In più la loro presenza mi consentiva di rappresentare il concetto di al di là come una sorta di riflesso della vita e nella fattispecie del mondo interiore di Orfeo.

In Aurea la presenza di questo mondo perturbante e misterioso è reso con ancora maggiore forza perché in un passaggio la vediamo riflessa nello stesso tempo in ben tre specchi.

È una soluzione un po’ fassbinderiana in cui ho voluto racchiudere le differenti personalità della protagonista: la sua parte artistica ma anche il lato più misterioso, quello che si divide tra il desiderio di confessare il suo male interiore e l’altro che preferisce tenerlo nascosto.

La prima sequenza in cui vediamo Orfeo esibirsi all’interno del locale è molto stilizzata e in qualche modo rimanda alla particolarità della fonte a cui ti sei ispirato ovvero a quella sorta di graphic novel ante litteram realizzata da Buzzati.

Si, un po’ è quello. Poi c’è l’idea di giocare con le luci per creare un’atmosfera magica e sospesa. Tra l’altro il fatto di ricostruire tutto in studio ci ha permesso di avere il controllo totale delle fonti luminose, una condizione essenziale per costruire l’incanto che pervade la storia.

Quando Orfeo entra nell’Ade si perde in una selva oscura di matrice dantesca. Allo stesso tempo le streghe in cui si imbatte ricordano lo stile dei disegni di Tim Burton in Nightmare Before Christmas.

In realtà le Melusine sono un personaggio tipico dell’immaginario di Buzzati che ho cercato di ricostruire in modo abbastanza fedele ai disegni originali. A loro però ho dato una valenza narrativa diversa perché nel Poema a fumetti fanno altre cose, invece nel film sono lì per accogliere Orfeo prima della sua entrata nella villa.

L’erotismo nel film di Virgilio Villoresi

A proposito di perturbante, a me è piaciuta la maniera in cui hai scelto di rappresentare l’erotismo, tema caro a Buzzati, che non lesini di inserire nel poema con nudi molto audaci. Nel film lo sviluppi attraverso il contrasto tra un personaggio virginale come Eura e la sensualità delle altre donne presenti nella storia.

In Buzzati queste tentazioni si manifestano con la presenza di nudi femminili. Rispetto a lui io ho dato dell’erotismo una versione se vogliamo più casta rappresentandolo attraverso la foggia dei fantastici costumi realizzati da Sara Costantini. A livello visivo mi sembrava una scelta più interessante rispetto a quella di mostrare il corpo nudo. Se hai notato le gemelle sono vestite con abiti molto particolari che sembrano quasi uscire dalla carta da parati presente nel corridoio. A Sara ho chiesto di fare vestiti come se fossero parte integrante delle scenografie; poi, ispirandomi ai tagli e alla brutalità delle inquadrature di Jan Svankmajer, ho fatto sì che quando loro cercano di tentarlo la carta da parati è come se fosse spettatrice e allo stesso tempo parte in causa di quella seduzione.

Anche gli abiti di Orfeo sono pensati in base al medesimo concetto. Anche se non lo vediamo mai nudo i vestiti sono fatti apposta per evidenziarne la sensualità della figura.

C’è un erotismo latente in tutte le scene del film.

Il richiamo del corpo è ancora più forte proprio perché scegli di celarlo all’occhio dello spettatore.

È stata una scelta che sentivo più adatta alle mie corde. Non so, non me la sentivo di seguire Buzzati nella decisione di mostrare i corpi nudi.

I protagonisti

Scegliere Luca Vergoni per interpretare Orfeo ha voluto dire impiegarlo in un ruolo opposto a quello con cui l’avevamo conosciuto. Ne La Scuola Cattolica lui era Angelo Izzo, il carnefice del famoso delitto del Circeo in cui morì Rosaria Lopez.

Sì, infatti, si è trattato di una cosa molto divertente. Io l’ho scelto soprattutto per la somiglianza con il personaggio originale. Questa è stata la cosa che di lui mi ha convinto di più, poi è vero, sono due personaggi molto distanti. Uno le donne le vuole salvare, l’altro ucciderle.

Le sue espressioni di meraviglia e paura mi hanno ricordato quelle degli attori del cinema muto.

Bravissimo. Nel film infatti ci sono citazioni di film come Il gabinetto del Dottor Caligari di Robert Wien e ai Wien in Wiene, soprattutto nella parte ambientata nell’Ade. In alcuni primi piani gli ho chiesto di accentuare le espressioni proprio perché amo quel tipo di cinema. Anche il fatto di registrare i dialoghi dopo aver terminato le riprese sovrapponendoli in un secondo momento alle immagini come si fa nel doppiaggio faceva parte di quella sorta di spettro sonoro simile ai film degli anni cinquanta e sessanta. L’idea del doppiaggio nasce proprio da un’esigenza di estetica sonora.

La scelta di Giulia Maenza invece mi sembra legata a un incarnato e a una fisicità capace di trasmettere in maniera naturale la fragilità del suo personaggio.

Giulia è stata bravissima a raccontare la doppia anima di Eura. Innamorata e allo stesso tempo fragile. In alcuni passaggi si vede proprio che custodisce un segreto. Anche nella scena del ragno è stata fantastica, soprattutto prima di morire con lo sguardo in macchina in cui sembra sul punto di piangere.

Il cinema di Virgilio Villoresi

Per concludere volevo chiederti del cinema che ti piace. In parte nei hai già parlato nel corso della conversazione.

Come hai capito sono appassionato di vari generi. Amo tutto il cinema di Norman McLaren di cui ti consiglio assolutamente di vedere, Nate Buzz in Neighbours. Poi ti dico Allures di Jordan Belson. E ancora Le notti bianche; Alice di Jan Švankmajer, film straordinario. Cambiando del tutto genere dico Il mucchio Selvaggio citato nella scena del ragno, soprattutto per quanto riguarda le reazioni slow motion di lei dopo che viene colpita, in qualche modo simile a quella finale del regista americano. L’ha ripresa anche Martin Scorsese nella scena conclusiva di Taxi Driver quando Jodie Foster si volta per il rumore dei colpi di pistola. Mi ricordo benissimo il momento in cui, mentre stavo girando ho mostrato l’inquadratura di Jodie Foster dicendo a Giulia di replicarla quando Eura si volta verso il ragno.

Orfeo

  • Anno: 2025
  • Durata: 74'
  • Distribuzione: Double Line
  • Genere: Fantasy
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Virgilo Villoresi
  • Data di uscita: 27-November-2025