Connect with us

Locarno Film Festival

‘The Fin’: un viaggio distopico tra confini, paura e degrado ambientale

In concorso a Locarno, The Fin del 28enne sudcoreano Syeyoung Park è un’opera senza scorciatoie né consolazioni: un’immersione lenta in un paesaggio interiore e collettivo dove la paura diventa linguaggio e si diffonde come un contagio silenzioso.

Pubblicato

il

Syeyoung Park, regista, sceneggiatore e direttore della fotografia sudcoreano, si afferma come giovane autore di spicco, nel cinema di genere, con il suo lungometraggio The Fin. Presentato in anteprima mondiale al 78° Locarno Film Festival nella sezione Cineasti del Presente, il film rappresenta una riflessione lucida e disarmante sul concetto di confine e divisione sociale, ispirata dalla personale esperienza dell’autore nella regione vicina alla zona demilitarizzata tra Nord e Sud Corea.

L’ambientazione del film è infatti intimamente segnata da questa realtà. Syeyoung Park, trasferitosi in quella zona durante gli studi per motivi economici, ha assorbito le tensioni e le instabilità profonde di quella linea di demarcazione che separa non solo due stati ma due mondi. Nel film, questa idea di confine si materializza nella figura iconica della Grande Muraglia, simbolo potente e claustrofobico delle barriere imposte tra gli uomini, ma anche di ciò che si cela oltre di esse.

The Fin e il suo paesaggio post-bellico disumanizzano la popolazione delle due Coree Unite

In una Corea unita ma devastata da un’apocalisse ambientale, Syeyoung Park mostra allo spettatore un mondo dove gli Omega, esseri mutati vittime di discriminazione e sfruttamento, sono costretti a vivere segregati oltre la Grande Muraglia, mentre la maggior parte della popolazione cerca di sopravvivere sotto uno stato autoritario che diffonde propaganda.

Tra gli Omega c’è Mia, interpretata da Yeon Ye-ji, una figura ambigua e riflessiva che lavora in una misteriosa pescheria dove si vende un senso di nostalgia verso il mondo perduto. Su-jin, interpretata da Kim Pur-eum, è invece un’agente della Korean Freedom Youth Civil Service, incaricata di rintracciare e catturare gli Omega in fuga, compresa Mia. Goh-Woo è un altro Omega sfuggito dal controllo che intreccia la sua storia con quella di Mia. Questa rete di personaggi – le loro paure e i conflitti interiori -, si dipana in un contesto in cui la distinzione tra umano e diverso diventa sempre più labile.

Le risorse idriche scarseggiano sempre di più, l’acqua è centellinata. Perfino lavarsi capelli e volto ormai è qualcosa di insostenibile. Il motto della propaganda è alquanto inquietante, dagli auto-parlanti e dalle radio si sente pronunciare:

“Mostra con testa alta la tua faccia sporca! Essa è un segno marcato del tuo patriottismo!”

La storia, pur nella sua impostazione distopica e fantastica, trova il suo fondamento su dinamiche molto concrete: la segregazione, la propaganda, la lotta per la sopravvivenza e la ricerca di un barlume di umanità in un mondo che sembra averla dimenticata.

Una regia che si muove tra atmosfera favolistica e paura del contagio

La fotografia, curata dallo stesso Syeyoung Park, è uno degli aspetti più incisivi e originali del film. Al confine della Grande Muraglia i colori sono saturati all’estremo, dando vita a un paesaggio irreale e surreale, come filtrato da una lente deformante di colore rosso. Nell’area della pescheria invece, aleggia un’atmosfera quasi favolistica, dove lo squallore si tinge di tinte vibranti e al contempo inquietanti. Questa scelta cromatica non è casuale: la pinna e gli Omega diventano simboli concreti e metaforici del degrado ambientale e sociale, offrendoci una feroce critica sull’inquinamento e un’allegoria del rapporto teso e doloroso tra le due Coree.

The Fin si configura così come un’esplorazione della paura sul contagio e della costruzione di miti in una società che vive segregata dal sospetto e dalla diffidenza. Syeyoung Park non vuole offrire risposte semplici ma invitare a riflettere sul confine mobile e ambiguo che separa l’umano dal diverso, il noto dall’ignoto, il dentro dal fuori. Nel farlo, il film si muove tra generi, prendendo ispirazione dal fantastico e dal distopico, pur rimanendo profondamente radicato in tematiche contemporanee.

Un’opera ambiziosa, ma che lascia lo spettatore sospeso

In definitiva, The Fin è un’opera ambiziosa che con una fotografia di grande impatto e un’estetica ricercata riesce a trasportare lo spettatore in un universo distorto e carico di significati. Syeyoung Park conferma la sua capacità di raccontare il genere con sensibilità autoriale e uno sguardo attento alle contraddizioni del presente. Il film lascia sullo spettatore un senso di inquietudine, ma anche la spinta a interrogarsi sui confini che definiamo, sulle paure che ci governano e sui miti che costruiamo per convivere con essi. Tuttavia, se il pitch iniziale appare estremamente stimolante e ricco di potenzialità, nel corso del minutaggio la storia fatica a trovare un vero apice narrativo, lasciando lo spettatore in una zona intermedia, sospesa tra fascinazione e una lieve sensazione di incompiutezza.

 

 

The Fin

  • Anno: 2025
  • Durata: 85'
  • Genere: Distopico
  • Nazionalita: Sud Corea
  • Regia: Syeyoung Park