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Pietro Marcello e la Divina: ritratto d’autore tra mito e resistenza

Dal documentario sociale alla finzione poetica, il regista campano racconta Eleonora Duse a Venezia 82

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Lucca film festival

“La Divina”, così era soprannominata Eleonora Duse, una delle più più straordinarie e rivoluzionarie interpreti del teatro italiano tra fine Ottocento e inizio Novecento. È su di lei che il regista e sceneggiatore Pietro Marcello ha deciso di dedicarsi con il suo ultimo lungometraggio Duse (2025) atteso in concorso alla 82° Mostra del Cinema di Venezia.

Gli esordi

Nato a Caserta nel 1976, Marcello si forma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli, ma ben presto il richiamo del cinema lo spinge verso nuovi linguaggi. Nel 2002 realizza il documentario Il tempo dei magliari, trasmesso su Radio 3, e l’anno seguente fa il suo debutto alla regia con i cortometraggi Carta e Scampia, entrambi girati a Napoli. Con Il cantiere (2004) vince l’11ª edizione del Festival Libero Bizzarri, consolidando un approccio al documentario che mette al centro il tema dell’emarginazione.

Il suo interesse per le storie di confine lo porta a realizzare La baracca, docufilm su un senzatetto che vive nel centro storico di Napoli, e a documentare la vita in Costa d’Avorio con Grand Bassan, frutto del suo lavoro volontario con una ONG. Un’urgenza etica e uno sguardo profondamente umano attraversano tutta la prima fase della sua cinematografia.

L’interesse dei festival

Nel 2007 Il passaggio della linea, girato di notte sui treni espressi che attraversano l’Italia, viene selezionato alla 64ª  Mostra del Cinema di Venezia, ottenendo così visibilità a livello internazionale.  Con il documentario drammatico La bocca del lupo (2009) conquista definitivamente il favore della critica. Prodotto con il supporto della fondazione gesuita San Marcellino di Genova, la pellicola vince la 23ª edizione del Torino Film Festival e si aggiudica il Nastro d’argento, il David di Donatello per il miglior documentario e il premio Vittorio De Seta al Bif&st. Il film racconta la storia di Vincenzo Motta – catanese per nascita, genovese per adozione – condannato a 27 anni di galera in diversi momenti della sua vita, con esperienze che l’hanno reso duro, irascibile ma con un cuore sensibile. La regia supera i confini convenzionali tra fiction e documentario, grazie a un montaggio che mescola interviste, lettere e materiali d’archivio su Genova, il suo porto e la sua storia.

Il passaggio al cinema di finzione

Dopo i ritratti dedicati ai registi Artavazd Pelešjan (Il silenzio di Pelešjan) e Marco Bellocchio (entrambi del 2011), il cineasta casertano approda alla finzione nel 2015 con Bella e perduta, una favola onirica e visionaria che unisce mito e denuncia ambientale, guidata dalla figura archetipica di Pulcinella. Il film è una riflessione sulla perdita e la resistenza in un’Italia in decadenza, abitata da creature fantastiche.

Nel 2019 arriva il riconoscimento dal grande pubblico con Martin Eden, tratto dal romanzo di Jack London. Presentato a Venezia, il film vede Luca Marinelli in una straordinaria prova attoriale che gli vale la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile. Marcello traspone la crisi dell’individuo moderno in un contesto visivamente sospeso tra 20° e 21°secolo, confermando la sua capacità di rendere il tempo un materiale plastico da modellare attraverso il cinema.

Il ritorno della Divina: Duse (2025)

Dopo aver firmato nel 2021 i documentari Per Lucio (dedicato a Lucio Dalla) e Futura (con Francesco Munzi e Alice Rohrwacher), torna alla fiction con Duse, un’opera che promette di restituire sul grande schermo la complessità, la forza e la fragilità di una delle più grandi attrici del teatro italiano.

Valeria Bruni Tedeschi interpreta Eleonora Duse, affiancata da un cast che Marcello definisce straordinario per sintonia e profondità. Il film racconta un momento cruciale nella vita della Divina, il ritorno sulle scene nel 1921 con La donna del mare di Ibsen, dopo essersi ritirata nel 1909 per motivi di salute. Un rientro segnato non solo da passione artistica ma da una necessità vitale: riaffermare se stessa in un mondo che sta cambiando e che rischia di cancellare la sua voce. Un racconto che intreccia urgenza esistenziale, fragilità economica e il richiamo del teatro come ultimo baluardo di verità.

Marcello ha dichiarato:

“È un film che ha rappresentato un viaggio straordinario, iniziato proprio a Venezia: una città unica in cui ho vissuto e dove sempre ho sognato di girare. Il rapporto costruito con il meraviglioso cast e con la protagonista, Valeria Bruni Tedeschi, mi ha permesso di lavorare in una dimensione di rara sintonia creativa. Oggi desidero esprimere la mia felicità nel sapere che insieme riporteremo il film là dove tutto è iniziato.”

Una figura che non smette di ispirare

La figura di Eleonora Duse, così anticonvenzionale e moderna, continua a esercitare un fascino profondo. Anche Sonia Bergamasco le ha dedicato un documentario: Duse – The Greatest, confermando come l’eredità della Divina parli ancora al presente.

Duse fu pioniera non solo nella recitazione ma anche nell’affermazione del ruolo femminile nel mondo dell’arte. Il suo unico film, Cenere di Febo Mari (1916), resta una testimonianza visiva del suo talento, ma è il teatro lo spazio in cui la sua arte ha trovato il massimo compimento.

Con Duse, Pietro Marcello sembra voler restituire non solo il volto della grande attrice, ma anche il senso più profondo dell’arte come resistenza al tempo, alla dimenticanza e alla crisi dell’identità. Un ritratto che promette di essere, come il suo cinema, lirico, stratificato e politicamente consapevole.