Frammenti di luce When the Light Breaks del regista islandese Rúnar Rúnarsson passato in apertura della sezione Un Certain Regard a Cannes e ora al cinema, esplora il dolore dal punto di vista della cerchia più intima del defunto: gli amici.
Ma come può questo dolore toccarci davvero, se come spettatori ci sentiamo più simili a degli estranei invitati a una veglia funebre?
La morte è una presenza ricorrente del cinema islandese di oggi. Rúnarsson prende le distanze dall’ambiente rurale tipico delle pellicole ambientate nei ‘suoi’ luoghi e trasporta la vicenda in città, nel popolo urbano.
Il punto di vista, lo sguardo scelto, è quello dei ragazzi , proprio loro così distanti dalla morte e dall’idea di affrontare la perdita, di comprenderla e viverla per anni.
Ne deriva un film apparentemente ‘quieto’ , molto personale, quasi ‘cronachistico’ , di breve ma intensa durata e che, come il frammento di luce del titolo, attraversa il cuore e lo scuote.
Al cinema con Movies Inspired dal 14 Agosto.
Movies Inspired – Distribuzione di Cinema d’Autore dal 2007
Con Elín Hall, Katla Njálsdóttir, Mikael Kaaber, Ágúst Örn B. Wigum, Gunnar Hrafn Kristjánsdóttir.
La trama di Frammenti di luce
Il film è ambientato a Reykjavik in Islanda , durante l’estate.
La protagonista si chiama Una (Elín Hall), è una giovane studentessa d’arte che porta dentro di sé un segreto che la rende triste. Il dolore che nasconde la soffoca ma deve annullarsi anche se è intorno a lei che ruota tutto.
In una giornata mite e luminosa, Una incontra l’amore, l’amicizia e si sente travolta dalle emozioni provocate dalle persone e dagli eventi che la circondano.
Relazioni
Le prime scene ci introducono proprio Una (Elín Hall), studentessa d’arte pansessuale. La ragazza è coinvolta in una relazione intensa con Diddi (Baldur Einarsson), con cui condivide anche la passione per la musica. Ma il giorno dopo, Diddi prende in prestito l’auto del coinquilino Gunni (Mikael Kaaber) e parte. Durante il tragitto, in un tunnel, si verifica un violento incidente che si rivela essere il più grave della storia islandese.
La notizia sconvolge Una e Gunni, che si sentono indirettamente responsabili per aver influenzato i movimenti di Diddi nelle ore precedenti. Tuttavia, devono mettere da parte ogni sentimento quando arriva Klara (Katla Njálsdóttir), la fidanzata ufficiale di Diddi, per piangerne la scomparsa.
E’ un mondo grigio quello del nord Europa rappresentato dal film. Una Reykjavík che ricorda Joachim Trier e ci porta anche in quella dimensione tipica del regista norvegese, tra confusione esistenziale, inquietudini femminili, decisioni mancate e direzioni da prendere.
La bellissima colonna sonora consiste di un unico, magnifico brano che ricorre più volte. Si tratta di Odi et amo (ispirato al carme 85 di Catullo), il brano che apre Englabörn (2002), primo album del compositore islandese Jóhann Jóhannsson, deceduto nel 2018 a soli quarantanove anni.
Cannes 2025: “Un Certain Regard” premia il cinema che osa. Trionfa il debutto poetico di Diego Cespede

La persona peggiore del mondo
Forte è il rimando alla protagonista di Trier, alla sua evanescenza e intangibilità. D’altra parte però la vena artistica della protagonista se ne allontana, conferendo ad Una la sua autenticità ( il nome stesso la rende unica). Lo sforzo creativo è innegabile con spunti davvero personali e interessanti ma la lentezza (voluta) di alcune scene se da un lato stupisce per l’assenza straniante di empatia, lascia poi a tratti un non-effetto che sarebbe stato invece necessario da provocare, vista la forza dell’idea trainante della pellicola.
La costruzione narrativa è a tratti troppo calibrata, quasi misurata e l’incidente appare come un espediente usato per produrre la necessaria compassione.
Riuscita è invece la metafora della luce dell’alba che si collega all’idea dell’illuminazione improvvisa e dell’energia che, nonostante tutto, si genera da una perdita. La ripartenza è possibile ? Si, anche se il dolore non scompare e lascia i suoi segni indelebili. Il film si chiude poi con un messaggio di speranza: la sofferenza accomuna e avvicina anche la dove la frattura sembra insanabile, trasformando il dolore in strumento di catarsi e trasformazione .