Proiettato alla prima edizione del Terralenta Film Fest, Ultin restât è l’ultimo lavoro del regista Massimiliano Milič. Un cortometraggio poetico e malinconico su un’antica famiglia di mugnai che da cinquecento anni vive a Codroipo, in Italia, costretta ad abbandonare le sue tradizioni. Dopo aver curato la produzione del film statunitense, Duino, e del cortometraggio Transumanza, Milič prosegue il suo racconto tra tematiche sociali e ambientali, con un attenzione particolare al mondo enogastronomico.
La potenza del motore
La vita scorre lenta al mulino di Christian Zoratto, scandita dal fruscio del torrente che dà energia al mulino e dal rumore imponente di macine per battere il baccalà e produrre la farina. Figlio di una storica famiglia di mugnai, Christian ha lasciato l’impiego di agente commerciale di impianti per centrali nucleari per tornare a lavorare nel mulino dei suoi avi. È l’ultimo battitore artigianale di baccalà in Europa e uno dei pochi mugnai rimasti nella sua regione, il Friuli.

Ultin restât è un’opera divisa in tre atti: Fuarce dal motor (la forza del motore); Che al sa fa dut (quello che si adatta a tutto) e Det rot (dita rotte). Una narrazione che mescola armoniosamente la voce di Christian e i suoi racconti alle immagini dei macchinari e dei paesaggi poetici del Friuli. Ogni movimento, ogni gesto raccontano la meccanica del mestiere, ma anche la passione per un’eredità familiare difficile da portare avanti.
La regia, lavorando in sottrazione, segue Zarrotto nella sua quotidianità e nei suoi luoghi, i silenzi, ma anche il fragore dei congegni che si alternano come in una danza.
L’ultimo rimasto

L’Ultin Restat porta con sé una malinconia nella regia, nella fotografia, nella rievocazione. Il regista sceglie un titolo piuttosto esplicativo. Dopo una tradizione di oltre cinquecento anni, Christian è uno dei pochi mugnai rimasti in Europa. Le storie legate alla sua formazione con il padre raccontano di tempi che sembrano lontanissimi e destinati a scomparire, o almeno a trasformarsi radicalmente a causa dei costi insostenibili. È l’arte dei superstiti, la forza di chi resiste o, almeno, tenta di farlo.