Presentato in concorso all’ultima edizione del Figari International Short Film Festival, Rapacità di Martina Mele è un corto dall’estetica raffinata che riflette in maniera allegorica sul tema della libertà.  Martina Mele, classe ’97, è regista, scenografa e sceneggiatrice. Rapacità è il suo quarto corto da regista, dopo L’usignolo sul mare, So(g)no e Das Meer.
Il corto, prodotto da Destination Film e distribuito da Pathos, è un racconto tutto visivo che unisce suggestioni gotiche ed un estetica distopica ad un notevole rigore tecnico. Unica interprete è Roberta Da Soller (Effetto domino, Piccola patria) nei panni di un’inserviente chiusa nella monotonia di una vita scandita dai ritmi lavorativi sempre uguali.
Qui le proiezioni passate e le recensioni di TaxiDrivers del Figari International Film Festival 2025.
Rapacità: rompere la monotonia di una vita al servizio
Una donna lavora come inserviente in un’edificio asettico, circondata da uomini d’affari che si muovo come automi, ignorandola. Le sue giornate proseguono all’insegna della monotonia, pulendo e strofinando, senza parlare mai con nessuno. Poi di colpo un gracchiato la attira verso luoghi inesplorati: proprio al piano superiore, un maestoso corvo nero, aspetta ingabbiato come lei. Questa semplice rottura della sua routine risveglia la sua consapevolezza di sé.

Architetture e inquadrature che soffocano
Girato in formato quadrato, Rapacità racconta una storia di reclusione e ingabbiamento sociale. Questa riflessione permane ogni scelta visiva, con una regia curatissima che fa delle inquadrature dal gusto fotografico il vero pregio del corto. Il formato 1:1 circoscrive e seziona ogni gesto ed espressione della protagonista, restituendo un sentimento di oppressione e straniamento. La rigorosità dello standard quadrato, in opposizione con la visione panoramica che riprodurrebbe idealmente lo sguardo umano, amplifica le geometrie rigorose della scenografia industriale.
Lo stile si rifà chiaramente alla regia sovietica, richiamando anche capisaldi della narrativa distopica come “1984” e “Il racconto dell’ancella”. Un altro rimando che non si può non citare è quello a The Wall, il celebre film diretto da Alan Parker che si basa sul concept album omonimo dei Pink Floyd. Tutto il corto infatti ricorda molto il mondo dei videoclip, sia nella formalità delle immagini che nell’uso della musica- l’apertura con una tromba invadente che introduce subito il mood opprimente e scomodo- che Mele ha “frequentato”, dirigendo “To Exist – Nude Version” (2022) per l’artista e fotografo SIERMOND.
Volare via dai sistemi che ingabbiano
Rapacità esplora i temi dell’ingabbiamento, in particolare in relazione ai rapporti che con esso hanno le donne nella nostra società. La scelta di una protagonista inserviente, vestita con una divisa grigia, che si fonde nell’ambiente quasi dovesse mimetizzarsi, aggiunge sfumature alla riflessione del corto. Se l’uomo si conforma, indossando una maschera che lo rende uguale agli altri, la donna si deve rendere invece invisibile, occupare sempre meno spazio fino a scomparire. E così le sbarre che ingabbiano la protagonista trovano un eco anche nelle bende che fasciano il suo corpo, lo costringono all’interno di una forma accettabile. Il corvo rompe le convenzioni, con i suoi simbolismi di sventura e morte. La donna fa la muta, cambia letteralmente pelle per smettere la divisa della società omologante, riuscendo finalmente a liberarsi, a volare via.