Una vita inusuale, quella di Goliarda Sapienza, che il regista Mario Martone – tornato a Cannes quest’anno dopo aver presentato Nostalgia nel 2022 – ha voluto raccontare, nel suo ultimo film, Fuori, in Concorso per la Palma d’Oro al 78° Festival di Cannes, concentrandosi su uno specifico segmento della vita della grande scrittrice, quello della sua uscita dal carcere romano di Rebibbia femminile (il ‘fuori’ del titolo), dopo una breve detenzione.
Il film è al cinema dal 22 Maggio con 01 Distribution.
L’impresa è supportata da un cast variegato, pregevole e diretto ad arte (soprattutto femminile, ma non solo) che suona nel film come un unico strumento. Nel ruolo di Goliarda, Valeria Golino – che l’anno scorso ha presentato proprio a Cannes la sua serie da regista, L’Arte della Gioia, ispirato alla vita della scrittrice – affiancata da un gruppo di detenute, alcune realmente interne al carcere o uscite da poco, scritturate dal regista e formate a Rebibbia attraverso specifici laboratori, altre attrici di professione.
Fra queste ultime, oltre alla Golino, in un convincente registro che oscilla tra genio e leggerezza, una bravissima Matilda De Angelis, nei panni di Roberta, giovane e vitale ex-detenuta, tossicodipendente e attivista politica, un personaggio tagliato su misura per lei, che riporta l’attrice alla spontaneità del suo esordio in Veloce come il vento di Mattia Rovere.
Roberta, insieme a Barbara, un’altra ex-detenuta uscita da poco dal carcere, dopo aver scontato la sua pena, trascinerà Goliarda, spaesata, confusa e disoccupata (la ricerca di lavoro per le ex è sempre molto complessa) in un vortice di avventure estive che faranno riassaporare alle tre donne, divenute amiche e sodali, la libertà e la voglia di fare nuovi progetti. Il ruolo di Barbara è affidato ad Elodie Di Patrizi, in arte Elodie, la nota cantante e attrice italiana.
Goliarda Sapienza, libertà dai vincoli, detenzione
Personaggio scomodo e geniale, personalità poliedrica e complessa, Goliarda Sapienza, nata a Catania e cresciuta dai genitori in un clima di assoluta libertà da vincoli (il padre ritenne opportuno non farle frequentare la scuola, per evitare che fosse soggetta a imposizioni e influenze fasciste), è oggi considerata una delle scrittrici più significative della letteratura italiana del Novecento ed è ricordata per il grande successo del suo romanzo, pubblicato postumo, L’arte della gioia.
Il libro venne rifiutato da molti editori in Italia e stampato dall’editrice Stampa Alternativa, in pochi esemplari, soltanto nel 1998, dopo l’uscita francese, che diede all’autrice il giusto riconoscimento. Il romanzo racconta la storia di Modesta, una donna vitale e scomoda, priva di morale, secondo la cultura patriarcale dell’epoca, che vive pienamente la vita.
La biografia di Goliarda comprende anche una breve permanenza in carcere, dopo l’arresto per il reato di furto e ricettazione di gioielli rubati: una sorta di gesto trasgressivo e provocatorio contro signore altolocate della società bene romana.
Fuori mescola con grande fluidità flash-back della vita carceraria a momenti del presente (l’estate del 1980), in cui Goliarda e le altre si incontrano, si scontrano e infine stringono un’amicizia che travalica ogni differenza.
All’esperienza del carcere è ispirato anche il volumetto L’Università di Rebibbia, in cui Goliarda racconta come, dopo le prime difficoltà di adattamento, si abitua ad affrontare la vita quotidiana di un carcere femminile, facendosi apprezzare dalle detenute per il suo buon carattere, sempre attento e interessato agli altri e sostanzialmente mite, a volte tirando fuori la grinta necessaria a sopravvivere.
Ho girato parte del film a Rebibbia femminile – racconta Martone in conferenza stampa – credo che il carcere sia una parte della società, non è fuori della società, ci sono persone che stanno in carcere per un periodo, ma poi escono e hanno diritto alla stessa dignità e rispetto di ogni persona. In carcere le barriere sociali sono molto meno evidenti, non conta cosa si ha o si è ‘fuori’, conta la relazione, come ti poni con gli altri. A Rebibbia ho lavorato con le detenute in modo professionale, preparate da chi all’interno fa teatro.
Uscire ‘fuori’: spaesamento e sorellanza
Una volta ‘fuori’, Goliarda viene contattata dalle donne con le quali ha condiviso la vita e la cella in carcere, anche loro ormai ex-detenute. Dopo un’iniziale perplessità, la scrittrice inizia a frequentarle e nascono così avventure picaresche diurne e notturne, fra le quali il furto di una macchina da parte di Roberta, solo per godersi la libertà di girare per Roma, o gli aperitivi da Canova a Piazza del Popolo fino a ubriacarsi, che esaltano la vita all’aria aperta e inneggiano al ‘fuori’, in contrasto con i tanti momenti bui trascorsi ‘dentro’, a Rebibbia.
Le tre attrici principali del film, in conferenza stampa, hanno raccontato – usando spesso parole come amore, seduzione, sorellanza – di aver cementato una vera amicizia durante le riprese, nonostante il divario generazionale, sentito dalla Golino in modo particolare, che sottolinea come le nuove generazioni siano molto più ‘libere’. L’attrice e regista ha infatti commentato:
Questa generazione di giovani donne è per sua natura più libera della mia. Non riesco ad essere diretta come loro, data la mia educazione, mi risuonano sempre le parole di mia nonna. In questi trent’anni che ci dividono sono successe tante cose.
Parlando di Goliarda, Valeria prosegue: “Era una scrittrice che non ascoltava nessuno, con uno stile unico, che non piace a tutti. La sua scrittura è molto elegante e articolata ed ha la fortuna di avere una gamma espressiva incredibile.”
Un film, Fuori, che conferma l’interesse di Martone per i temi del sociale e rilancia lo stile narrativo ed estetico del regista, il quale ha co-sceneggiato il film con la collaborazione della moglie, Ippolita di Majo (anche autrice del soggetto), ispirandosi a due libri della scrittrice, mescolando realtà e fantasia, e girando nella vera casa di Goliarda a Roma.
Bisogna sempre saper guardare i luoghi e le città in cui si gira – conclude Martone – le città hanno diverse stratificazioni nel tempo e, nel fare film, cerco di tenerne conto: bisogna saper vedere come alcune cose cambiano e si trasformano. Qui, insieme al direttore della fotografia, si è di fatto un lavoro importante per restituire, anche cromaticamente, l’atmosfera e l’ambientazione degli anni Settanta-Ottanta.