La 78esima edizione del festival di Cannes è entrata nel vivo, e già la metà dei titoli in corsa per la Palma d’Oro è ormai stata presentata al pubblico.
Oggi tiriamo le somme di questa prima settimana di festival, lasciando parlare i film che hanno generato il maggiore entusiasmo sulla Croisette. Affronteremo i grandi nomi in concorso, ma ci addentreremo anche nelle sezioni secondarie, dove è risaputo che si nascondano ogni anno le sorprese più inaspettate.
Sirat
Sirat è il nuovo film di Oliver Laxe, regista galiziano che torna a Cannes dopo essere stato premiato in passato per Fire Will Come nella sezione Un Certain Regard.
In quella che Indiewire definisce come “la prima tragedia incentrata intorno a un rave della storia del cinema”, un padre si avventura nel pericoloso mondo delle feste organizzate illegalmente in Marocco, discendendo nei gironi desertici alla ricerca della figlia scomparsa.
Siamo senza ombra di dubbio di fronte a quello che è attualmente il film più acclamato di questo Cannes, giudicato esemplare per come riesca a mantenere la tensione per tutta la durata della pellicola. Sergi Lopez, la cui interpretazione sta venendo elogiata dalla critica, potrebbe venire premiato come miglior attore, ma il film ha il potenziale di sorprendere con premi ben più importanti, soprattutto se i titoli di punta della seconda settimana non dovessero rivelarsi all’altezza delle aspettative.
Il debutto in chiave horror di Charlie Polinger, regista americano definito “bambino prodigio” dal New York Times per i traguardi raggiunti nel mondo del teatro, è stato ricevuto calorosamente dal pubblico di Cannes. Benché il successo non fosse fuori portata, le quotazioni del film hanno superato le aspettative più rosee.
The Plague è un horror psicologico che fa del bullismo la sua arma di terrore, immergendoci in un contesto che sembra stato pensato da R.L. Stine, autore di Piccoli Brividi, fortunata saga letteraria horror per ragazzi.
In un campus estivo di water polo per soli maschi, un dodicenne socialmente impacciato verrà trascinato verso il crollo psicologico da una crudele tradizione, che prevede di prendere di mira i nuovi arrivati convincendoli di aver contratto una misteriosa malattia. Ben presto la paura inizia ad assottigliare il confine tra realtà e immaginazione; riuscirà il ragazzo a vincere le pressioni gerarchiche?
Charlie Polinger ha già preso accordi per dirigere l’adattamento di un racconto di Edgar Allan Poe con protagonista una star del calibro di Sydney Sweeney, un secondo progetto che parla chiaro sulla fiducia che si è conquistato preventivamente nel settore, ormai consolidatasi con questa prestazione.
Per ora è in Un Certain Regard, ma tempo qualche anno e lo vedremo contendersi la Palma d’Oro!
Urchin
Diciamolo pure, il talento di Harris Dickinson inizia a farci sentire collettivamente inadeguati. L’attore, conosciuto per le sue audaci interpretazioni in Triangle of Sadness e Babygirl, si è già cimentato in un’esperienza dietro la cinepresa all’età di 29 anni.
L’ambizione gli è valsa tra le migliori recensioni di Cannes, imponendosi sulla concorrenza in un’edizione all’insegna dei numerosi debutti registici da parte di attori già affermati a Hollywood.
Ambientato nei sobborghi inglesi, Urchin racconta di un giovane diventato senzatetto nel tentativo di sfuggire al destino criminale della sua famiglia. Una storia radicata nella dipendenza, che con il suo crudo realismo si inserisce perfettamente nel canone del cinema indipendente britannico.
Potrebbe essere proprio questo il film destinato a vincere la prestigiosa Camera d’Or, il premio che ogni anno viene assegnato al miglior lungometraggio d’esordio dell’intero festival. Una cosa intanto è certa, questo successo rappresenta un punto di svolta nella carriera dell’attore, che nel frattempo è impegnato a entrare nel personaggio di John Lennon per la serie di biopic sui Beatles diretti da Sam Mendes.
Sound of Falling
Nonostante Sound of Falling non sia un debutto, la maggior parte della comunità cinefila è stata introdotta al nome di Mascha Schilinski proprio con questo titolo. Prima dell’inizio del festival sono infatti trapelate alcune indiscrezioni da parte degli addetti ai lavori, mirate a metterci in guardia riguardo la presunta potenza di questo suo secondo film.
A seguito di queste voci, il film è stato messo sul mercato per una somma considerevole dalla casa di distribuzione che due anni fa ha preso in carico Anatomia di una Caduta:
“Siamo rimasti sconvolti quando abbiamo visto Sound of Falling. La visione registica di Mascha Schilinski è coraggiosa e viscerale, e preannuncia l’arrivo di una nuova strabiliante voce nel mondo del cinema,” ha detto Fionnuala Jamison per conto di Mk2 films.
Le recensioni hanno rispecchiato questo sentimento solamente in parte; numerose testate hanno inneggiato al capolavoro, ma la narrazione ostile e deliberatamente lenta ha fatto si che la ricezione generale fosse più polarizzata del previsto. Un film che non è destinato a essere apprezzato da tutti, ma che ha tutte le carte in regola per venire ricordato a lungo.
Sound of Falling ha avuto la sua anteprima mondiale il primo giorno di festival, un piazzamento notoriamente sfavorevole nell’ottica dell’ottenimento di premi importanti. Tuttavia, la possibilità che venga celebrato dalla giuria capitanata da Juliette Binoche è concreta.
La nuova collaborazione di Shih-Ching Tsou e Sean Baker, selezionata dalla Semaine de la Critique, ha incantato gli avventori del festival che si sono assicurati di fare spazio nel loro programma per questa piccola gemma del cinema indipendente.
Girato con interamente iPhone, il film è stato paragonato proprio ai capolavori di Sean Baker, che in questo caso firma montaggio e sceneggiatura. Le riprese a ritmo serrato di Tangerine, le impeccabili prove attoriali infantili di Un Sogno Chiamato Florida, il tepore di Starlet, e infine la solidarietà verso la classe operaia di Take Out; Left-Handed Girl offre il pacchetto completo.
Al centro delle vicende una famiglia di sole donne in cerca di riscatto, che dopo essere stata abbandonata dal padre fa ritorno in città capitanata dalla madre, Shu-Fen. Il piano è semplice: le due figlie l’aiuteranno a gestire un noodle shop all’interno del frenetico mercato notturno di Taipei, e con un po’ di fortuna guadagneranno abbastanza per vivere.
Il nuovo film di Richard Linklater (il secondo quest’anno dopo Blue Moon) sguazza spensierato nel dietro le quinte della produzione di Breathless, il capolavoro di Jean-Luc Godard.
Poco importa se molti hanno fatto (giustamente) notare che probabilmente Godard avrebbe disprezzato il progetto, perché i comuni mortali sono invece rimasti ammaliati da questo esercizio nostalgico, che mira tanto ad intrattenere quanto a celebrare l’omonimo movimento cinematografico.
A metà strada tra Mank ed Effetto Notte, questo virtuoso omaggio a uno dei film più influenti nella storia del cinema ha superato persino lo scoglio della critica francese di Cannes; che il prossimo passo sia un premio?