‘Novanta‘ di Generoso Ronga è stato presentato alla XVIII edizione del Festival Tulipani di Seta Nera. Si inserisce perfettamente nel contesto della rassegna, che mira a valorizzare opere capaci di raccontare la diversità e la fragilità umana . Il cortometraggio di Ronga rappresenta un esempio significativo di come il cinema possa essere veicolo di consapevolezza e cambiamento sociale.
‘Novanta’, la forza di ritrovarsi
Ambientato tra le strade di Giugliano e Marano di Napoli, ‘Novanta‘ racconta la storia di Francesco, un giovane segnato dalla recente perdita del padre.Il suo dolore lo isola, fino a quando non incontra Lollo, un coetaneo non vedente dotato di una profonda sensibilità.La loro amicizia diventa un percorso condiviso verso la rinascita, affrontando insieme temi come il lutto, la disabilità e la resilienza emotiva.
‘Novanta’, l’intreccio tra regia e fotografia
Il cortometraggio, diretto da Generoso Ronga e scritto da Raffaele Vitale, si distingue per la sua capacità di trattare tematiche complesse con delicatezza e autenticità.La regia evita ogni forma di pietismo, preferendo una narrazione sobria che lascia spazio all’empatia e alla riflessione.Le periferie napoletane non sono solo sfondo, ma diventano protagoniste silenziose, testimoni di un’umanità spesso trascurata.
La fotografia di Gianpiero Vigliano cattura con maestria le sfumature emotive dei personaggi, mentre la colonna sonora originale di Francesco Balzano accompagna il racconto con discrezione, amplificando le emozioni senza sovrastarle.Il montaggio, curato da OX Movie, contribuisce a mantenere un ritmo narrativo coerente, permettendo allo spettatore di immergersi completamente nella storia.
Speranza e rinascita
‘Novanta‘ è un’opera che colpisce per la sua sincerità e per la profondità con cui esplora le dinamiche umane.La scelta di ambientare la storia nelle periferie napoletane conferisce al film un realismo che rafforza il messaggio di speranza e rinascita.La relazione tra Francesco e Lollo dimostra come l’empatia e la condivisione possano essere strumenti potenti per superare il dolore.