Two Procurators, un racconto profondamente russo, nell’estetica e nella narrativa con una trama ‘classica’ ed avvincente, un velato (neppure troppo) monito ai pericoli che i cicli storici del totalitarismo possano ripetersi, una galleria di personaggi e caratteri che sembrano usciti dalle fiabe e dalla letteratura dell’Ottocento, evocando Kafka e Gogol.
Festival de Cannes – International film festival for more than 78 years
Così il quinto lungometraggio del regista ucraino di origine bielorussa, Sergei Loznitsa, Due procuratori, in concorso al 78° Festival di Cannes, basato sul racconto del fisico e scrittore Georgi Demidov, documenta una fra le pagine più oscure della storia dell’Unione Sovietica, quella del periodo-apice delle purghe staliniane, nel 1937.
Loznitsa abbandona il documentario di cui è maestro (Il processo, 2017; The Kiev Trial, 2022) ma ne trasferisce tracce evidenti anche nella fiction, costruita a blocchi, come quadri che si susseguono e ‘sostano’, con pochissimi movimenti di macchina, colori e luoghi oscuri, stagnanti, ricercati ad arte, che immediatamente evocano sentori di torture, morte e disperazione.
“Oleg Mutu, il direttore della fotografia rumeno – racconta Loznitsa, ha sviluppato una particolare tavolozza di colori. Abbiamo escluso tutti i colori “vivi”: restano solo il nero, il grigio, il marrone, il blu scuro, il bianco e, in alcuni punti, il rosso sangue. I costumi sono stati realizzati utilizzando la stessa tavolozza cromatica, con particolare attenzione all’autenticità. Alcuni sono stati cuciti da Dorota Roqueplo, la nostra costumista polacca, utilizzando tessuti antichi degli anni ’30. Le riprese si sono svolte a Riga, in una prigione risalente all’epoca imperiale russa. Costruito nel 1905, è stato recentemente chiuso perché ritenuto insalubre secondo gli standard europei. L’odore della sofferenza aleggia ancora lì, e probabilmente non scomparirà mai.”
Two Procurators: lettere dal carcere tra realtà e finzione
Protagonisti del film luoghi e persone senza speranza, le vittime così come i carnefici, mostruosi nella loro ‘banale’ normalità: giocano a carte, fumano, bevono caffè, s’intuisce, tra una tortura e un’altra. Fra loro piomba il giovane ed idealista procuratore Kornev, tanto puro che nessuno si fida di lui, nemmeno il detenuto che l’ha convocato e la cui lettera, scritta col sangue in mancanza d’altro, ha miracolosamente superato la censura del carcere, fra i peggiori concepibili, con sinistri portoni e catenacci e un aleggiante odore di sofferenza senza fine.
Onesto, determinato ad affermare la legge e la giustizia, il neo-assunto procuratore si scontrerà con la burocrazia mortifera di uno Stato orwelliano. Georgi Demidov, l’autore del racconto da cui Loznitsa ha tratto il film, è stato arrestato nel 1938 in Ucraina ed è rimasto quattordici anni in un Gulag, un campo da lui definito una “Auschwitz senza forni”.
“I due procuratori fu scritto nel 1969 – prosegue Loznitsa – ma a quel tempo testi del genere non solo erano impossibili da pubblicare, ma era perfino pericoloso possederli o leggerli ai propri parenti. Nell’agosto del 1980 tutti i manoscritti di Demidov furono sequestrati dal KGB. Nel 1988, un anno dopo la sua morte, furono restituiti su richiesta della figlia. Ci sono voluti quarant’anni perché fosse rivelato al mondo. Negli ultimi trent’anni ho accumulato una vasta biblioteca di opere scritte da prigionieri dei Gulag e dei campi nazisti. Quando ho sentito parlare della pubblicazione di Due procuratori, ne sono rimasto incuriosito. L’ho letto e la storia mi ha affascinato e mi è rimasta impressa.”
La storia inizia con un prigioniero anziano e malconcio che ritrova un biglietto, fra le migliaia di lettere di prigionieri ingiustamente accusati dal regime, destinate ad essere bruciate in una cella di prigione, e contro ogni previsione, riesce a farlo uscire dal carcere ed arrivare a destinazione, presso il procuratore locale appena nominato, Alexander Kornev.
Il giovane procuratore, un ‘esperto e onesto bolscevico’ lotterà per incontrare il prigioniero, vittima degli agenti della polizia segreta, l’NKVD, pensando ad un malfunzionamento del carcere regionale e del suo direttore, e in conseguenza giungendo fino agli uffici del Procuratore generale di Mosca, per denunciare gli abusi, le violenze, le confessioni forzate, ignaro che la macchina staliniana sia estesa all’intero Paese.
Oltre gli eventi storici, la cultura russa
Due procuratori è anche un film intriso di cultura russa, dal teatro alla musica, alla pittura: basti ricordare, fra tutte, la scena teatrale del treno, in cui un veterano che ha perso in guerra una gamba e un braccio racconta al gruppo di persone raccolte intorno a lui la storia di quando andò da Lenin in persona a chiedere un sussidio ma il grande Lenin gli fece promesse mai mantenute, o anche la scena in cui le donne, fuori dal carcere, attendono i colloqui e fissano per lunghi momenti il giovane procuratore con volti che sembrano copiati dalle prèfiche del mondo antico.
“Il film è diviso in due parti – conclude il regista – con un prologo e un intermezzo tra i capitoli. È solo a metà del film che capiamo veramente cosa deve affrontare l’eroe. Sebbene abbia cercato di rimanere il più fedele possibile al testo di Demidov durante la scrittura della sceneggiatura, per me era anche importante collocare la storia in un contesto filosofico e culturale più ampio.”
Un cast di attori eccezionali, dai protagonisti alle comparse, fra questi: Aleksandr Kuznetsov, Alexander Filippenko, Anatoli Beliy, Andris Keišs, Vytautas Kaniušonis.
Cannes Archivi – Taxidrivers.it
Sandra Orlando editing.