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Julia Ducournau : Il corpo come rivoluzione

Julia Ducournau, e il nuovo body horror europeo

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julia ducorneau

Nel panorama del cinema europeo contemporaneo, il nome di Julia Ducournau è diventato simbolo di rottura. Con uno stile che unisce carne, metamorfosi e desiderio, la regista francese ha dato forma a un’estetica potente, viscerale. Con i primi due lungometraggi, Grave (2016) e Titane (Palma d’Oro a Cannes nel 2021), aveva  già imposto una poetica personale e inconfondibile: il corpo al centro, come luogo e strumento di trasformazione.

In seguito a Titane, però si è resa conto di aver iniziato a scrivere un film che non aveva nulla di nuovo da dire:

«Mi stavo semplicemente ripetendo e, creativamente, è sterile. Noioso. Non puoi creare nulla di nuovo se resti nella tua zona di comfort, così l’ho scartato».

Per la sua terza opera, la regista è allora tornata a lavorare proprio su Alpha, presentato a Cannes 2025, proiettato in anteprima al Biografilm Festival e ora al Festival di Locarno. 

In Italia, il film arriverà in sala a settembre, distribuito da I Wonder Pictures.

Partendo dal body horror

Ducournau parte dal body horror per smontarlo e ricostruirlo da dentro. Lo piega a una nuova prospettiva cruda e femminile, dove il corpo non è più solo vittima della mutazione, ma spazio attivo del cambiamento. Un corpo che evolve, che si trasforma, che parla.

Il corpo, appunto, è la vera voce narrativa dei suoi film. Pelle, sangue, ossa, liquidi — tutto diventa racconto. In  Raw Grave, il cannibalismo che emerge nella giovane Justine non è mai solo shock: è metafora esplicita e scomoda della crescita, del desiderio, del conflitto tra sorelle. La carne che chiama carne, in un rito oscuro di passaggio.

In Titane, il discorso si fa ancora più radicale. Alexia, danzatrice erotica e assassina, si nasconde dietro l’identità maschile di un ragazzo scomparso e si ritrova in una relazione affettiva e ambigua con un pompiere che ha perso un figlio. È in questa zona di finzione e confusione identitaria che Ducournau destruttura ogni binarismo: maschile e femminile, umano e macchina, genitore e figlio. Non c’è più distinzione netta, solo un corpo che muta e si adatta.

Il risultato è un cinema in cui l’identità non è mai data, ma sempre in bilico. Ogni trasformazione è insieme una nascita e una catastrofe.

Julia Ducornau . Oltre Cronenberg

È inevitabile il paragone con David Cronenberg, maestro indiscusso del body horror. Ma se il suo sguardo è chirurgico, quasi freddo, quello di Ducournau è immersivo, empatico. Cronenberg disseziona. Ducournau abita.

Per lei, la mutazione è una forma di libertà. Le protagoniste si reinventano. Non sono mostri, ma corpi che si ribellano all’idea di essere una cosa sola, fissa, definitiva. Corpi che diventano altro.

Qui, a differenza della Farget di The Substance, non c’è violenza vera attuata sui corpi, nessun desiderio di annullamento .

Bande-annonce Alpha : après Titane, le nouveau film de Julia Ducourneau ...

Alpha

Carne e stile

Tutto questo non si regge solo sul piano narrativo, ma ha una sua estetica precisa, sensoriale, a tratti disturbante. Ducournau lavora con i colori saturi e innaturali: rossi, blu elettrici, ori metallici. Le sue inquadrature alternano l’iperrealismo della carne a visioni quasi astratte.

La macchina da presa entra nella pelle, scava nelle ferite, indugia sui dettagli più intimi e viscidi. Il suono — che sia la colonna sonora elettronica (firmata da Jim Williams o Ronan Le Page) o il rumore di ossa, fluidi e lamiere — crea un’esperienza immersiva, quasi fisica. Lo spettatore non guarda: sente. È costretto a reagire.

Un altro aspetto del cinema di Ducournau è l’ambiguità. I suoi film rifiutano qualsiasi morale, spiegazione, finale chiuso. Non c’è intento didattico. In Titane, la gravidanza con un essere meccanico non viene mai spiegata. Succede, e basta. Così come le identità fluide, i ruoli che si sovrappongono, l’assenza di giudizi.

È un realismo emotivo immerso nell’assurdo. E proprio lì sta la forza di Ducournau: non ti dice cosa pensare. Ti costringe a sentire. A entrare nella materia viva del film, dove niente è comodo, e tutto resta aperto.

Ducournau ha preso un genere che sembrava già scritto — il body horror — e lo ha ribaltato. Ne ha fatto un linguaggio di liberazione,  ricerca di sé. Il suo cinema è insieme feroce e intimo, disturbante e profondamente umano.