Su Sky Atlantic si è conclusa The White Lotus 3 la serie antologica di Mike White andata in onda in Usa sull’emittente via cavo HBO. Prodotta da The District e Rip Cord Productions, la miniserie è sempre scritta dal suo ideatore, White, che ha curato tutti e 8 gli episodi. Nel cast volti noti del calibro di Leslie Bibb, Walton Goggins, Jason Isaacs, Michelle Monaghan, e il premio Oscar Sam Rockwell.
Il TRAILER – The White Lotus 3
Sinossi – The White Lotus 3
Al resort di Ko Samui, in Thailandia, arrivano dei particolari gruppi di ospiti: Rick (Walton Goggins), un uomo di mezza età, con una ragazza molto più grande, l’imprenditore miliardario Timothy (Jason Isaacs) con sua moglie Victoria (Parker Posey) e i loro tre figli, e Jaclyn Lemon (Michelle Monaghan), una famosa attrice televisiva, arrivata al resort con le sue migliori amiche. Durante la loro permanenza gli ospiti precederanno il climax dell’omicidio che avviene all’interno della struttura.
La mutazione dello spazio non basta – The White Lotus 3
La struttura antologica ha i suoi pregi e i suoi difetti. Se da una parte garantisce una rinascita continua, dall’altra corre il pericolo di essere ripetitiva e stantia senza degli elementi di reale novità. American Horror Story è dalla sesta stagione che non ha nulla da dire. True Detective ci ha messo molti anni per risorgere dalle sue ceneri equiparandosi ai tempi femministi odierni. Mentre la serie Netflix You riesce, cambiando location e atmosfera, ad essere costantemente un nuovo prodotto seriale. Su quest’ultima dinamica, lo spazio che cambia ad ogni stagione, si muove The White Lotus 3. L’opera di Mike White, dopo i fasti della prima stagione, è diventata un’antologia regolare, spostandosi dalle Hawaii alla nostra Sicilia fino al resort thailandese di quest’ultima stagione. Un primo segnale di regressione nella terza stagione lo si avverte già all’inizio di questo nuovo percorso.
Tre coppie in uno schema già visto
Nel nuovo mondo scelto da White, il Ko Samui, tre coppie e quindi tre storie si alternano senza risolvere mai i loro conflitti non riuscendo a mettersi nelle condizioni di creare una drammaturgia rilevante. The White Lotus 3, nello schema consumato del suo creatore, viene trainata dalla vicenda dell’imprenditore Timothy Ratliff e dalla sua famiglia troppo viziata per cambiare drasticamente vita. Il personaggio, ben delineato da Jason Isaac, perde tutto in America e, in linea con il topic della serie, deve mantenere tale segreto con moglie e figli, mentre riflette per la prima volta su cosa è la ricchezza e il concetto di famiglia.
Quella che poteva apparire una storia pronta a prendersi la scena thailandese viene frammentata nelle altre due storie; la vicenda più verticale tra Jaclyn Lemon e le sue amiche (che fin da subito viene spinta verso il disfacimento dell’amicizia), e la storia tra la giovanissima Chelsea e Rick, un uomo di mezz’età interpretato da Goggins.
La flessione della serie HBO
Col proseguimento degli episodi, come si vedrà, sarà questa trama ad avere la meglio trasformandosi in una vera e propria tragedia greca. Unico elemento che rivitalizzerà il solito flashback-crime di inizio serie. Una problematica abbastanza evidente di The White Lotus riguarda la narrazione delle tre storie e dei loro personaggi. Mike White cerca di creare un conflitto di natura sociale (la famiglia disfunzionale, l’amicizia apparente, la depressione di un uomo maturo e l’amore di una toy girl).
Le coppie però non riescono mai a dire la loro nello spazio thailandese e ciò perchè la terza stagione è concepita per passare accanto allo spettatore, adagiandosi su saldi schemi melodrammatici. Tale lentezza di storyline, che in Sicilia era sempre messa alla prova da innumerevoli eventi, è la rappresentazione pedante dei personaggi maschili, schiavi di se stessi e della propria noia esistenziale.
La Thailandia è una vacanza depressiva
Alla fine dei conti, e della serie, in The White Lotus 3 non avviene quasi nulla di eccitante o in grado di smuovere il corso delle tre storie. Il merito maggiore della serie HBO è sempre stato nel suo uso dello spazio. The White Lotus la si potrebbe definire una sorta di reality show degli ospiti del resort, i quali, attraverso lo spazio vacanziero, fanno venire fuori bugie, segreti, e i loro lati spigolosi, lasciando la vacanza con qualcosa che hanno imparato, perso (concretamente o moralmente) o constatato al proprio interno.
La nave che Mike White ci fa scorgere ad inizio e alla fine della serie, è il mezzo e l’emblema del viaggio dei protagonisti, un transfert spazio-temporale che solo la vacanza può darci, dove il tempo si ferma, anche se per pochi giorni, e il prototipo del turista torna a casa con qualcosa che nel bene o nel male ha acquisito. In The White Lotus 3 questo tratto avviene molto poco. La serie è molto più interessata a ripetere se stessa e nel farlo compone un quadro da guilty pleasure voyeuristico, perdendo di molto la propria mission di dramma spaziale. Non è un caso che nella serie Sky ci siano molte feste, accenni di trasgressioni e di equivoci e molto poco spazio per il risolvimento di conflitti emotivi.
Una serie che può rinascere da se stessa
Le tre amiche procedono verso un’instabilità della loro relazione, il dramma del miliardario parte e ritorna con un nulla di fatto che verrà rivelato probabilmente solo sul suolo americano. La serie HBO ritrova il suo senso, a livello spaziale, solo nella tragedia di Rick e Chelsea altereghi teatrali di Ofelia e Amleto. La Thailandia quindi, in The White Lotus 3, assume le sembianze di un non personaggio, un’ambiente vuoto, depresso e alienante in cui le tre storie agiscono per inerzia, stanche della propria routine e incapaci di dare un senso al loro scopo di svago e divertimento.
Ma la terza stagione è anche un’occasione di rigenerazione. Il prodotto della HBO appare intorpidito e poco incline a rinnovarsi, adagiandosi su una ripetizione di personaggi e situazioni consumate. La stagione di mezzo che ci ha lasciato, però, potrebbe essere un’occasione per il franchise seriale di rinascere dalle proprie ceneri. E The White Lotus 3, come molte narrazioni antologiche ormai usurate, appare come un caso di studio per Mike White. Un cantiere aperto pronto ad essere ricostruito.