Presentato al Cinema Nuovo Sacher di Roma, alla XV edizione del Rendez-vous – Festival del nuovo cinema francese, i fratelliArnaud e Jean Marie Larrieuadattano sullo schermo l’omonimo romanzo del giovane Pierric Bailly, Le Roman de Jim (2021), inedito in Italia. Un romanzo che parla di delicati e combattuti rapporti con il sesso femminile, di padri, di rapporti con i figli, di genitori adottivi e biologici, di relazioni che nascono, crescono, evolvono e, magari, finiscono. Di musica, abbracci e tanto amore.
Padri si nasce, non si diventa
Un furto con degli amici e la prigione, e poi la libertà, quasi sconosciuta, nella quale il giovane e mite Aymeric (interpretato dal talentuoso Karim Leklou, che, per questo film ha vinto il Premio César come migliore attore)si ritrova a navigare a vista, con una vita tutta da inventare. Una vita come tante, da lavori precari, e poi l’incontro, a una festa a Saint-Claude, con una vecchia collega di lavoro, Florence, Flo (Lætitia Dosch), che gli indicherà la via. La ragazza è sola e incinta di sei mesi (la sua pancia scaccia, però, i fantasmi…) e Aymeric si lancia con entusiasmo in una gioiosa e inaspettata paternità.
Già nelle sequenze iniziali, il giovane protagonista ha l’aria di un adulto un po’ sperduto che “non si ricorda che aspetto avesse a vent’anni”, la storia di un outsider, con una grande passione per la fotografia che lo aiuta ad afferrare il reale spesso complicato. La sua futura campagna Olivia lo definirà unfreeter, alla giapponese.
Fra momenti drammatici e di leggerezza, Aymeric e Flo accolgono al mondo il piccolo Jim (Eol Personne / Andranic Manet), sarà lo stesso Aymeric a tagliare il cordone ombelicale. I due novelli genitori si sistemano in una piccola casa di campagna nella regione del Giura, ai confini con la Svizzera, un posto quasi magico dove si respira aria di natura incontaminata e tanta bellezza, fra parchi naturali e panorami mozzafiato. Padre e figlio si recano spesso, insieme, nella foresta, proprio come fanno i veri esploratori.
Gli anni passano felici, ma il ritorno del padre biologico di Jim, Christophe (Bertrand Belin), metterà a dura prova gli equilibri familiari acquisiti.
Chi è mai l’inatteso e ubriaco Christophe? È l’uomo che “ha messo il semino nella mamma”, secondo la spiegazione data a Jim dagli stessi genitori, colui che fa esplodere il conflitto che nasce dal dilemma fra chi è padre biologico e chi ha scelto di esserlo.
Potrebbe essere l’inizio di un melodramma, ma diventa la storia di una paternità atipica e complessa, il racconto di come essere padri, aldilà dei legami genetici e di legge.
La separazione a volte necessaria
Gli eventi sembrano susseguirsi, quasi rotolando come pietre scomposte. La “paternità condivisa” imposta da Florence nei primi mesi, lascerà il posto alla scelta dolorosa di Aymeric di andare a vivere nella città vicina, ritrovando suo figlio solo nei fine settimana. Di colpo si ritrova declassato da padre a padrino. Sarà la sua vera incoronazione?
L’amore sembra un ricordo lontano, le fotografie dei momenti spensierati passati insieme al piccolo Jim gli scaldano però il cuore. La dolcezza pervade lo schermo.
Separazione, dolore e lontananza. Aymeric è impotente e a separarlo ulteriormente dal figlio arriverà il Canada, dove Florence si trasferirà con Jim e il ritrovato Christophe.
Il dolore del figlio non servirà a farle cambiare idea ma a convincerla ancora di più – avrà il coraggio di rivelarlo ad Aymeric solo molti anni dopo – che quel legame vada reciso, quasi un tronco netto, come si recide un fiore. E, per fare ciò, si servirà anche di crudeli bugie: far credere a Jim che suo padre l’ha abbandonato per una nuova famiglia con nuovi figli.
Un susseguirsi di racconti e sentimenti, fino ai tanti quadratini sullo schermo di un computer, centinaia, migliaia (82.733, per la precisione), dai colori infiniti, davanti ai quali Jim, di ritorno in Francia ormai ventenne, scoprirà chi è il suo vero padre. Lui che, pur furioso, ha avuto il coraggio di attraversare l’Atlantico.
E, allora, al ritmo della musica che unisce, Aymeric, potrà svenire dall’emozione in una bella giornata di sole, lungo il fiume e circondato dai suoi affetti più cari.
Pierric Bailly non è nuovo al tema della paternità
Lo stesso Bailly ha proposto il suo romanzo ai fratelli Larrier, per affinità di stile, tematiche e ambientazioni. Montagne e natura da sempre sono i set privilegiati di questi due autori nati sui Pirenei e con un nonno montanaro che girava piccoli film sulle vette innevate.
“L’editore ci ha inviato il libro. Eravamo un po’ restii ad affrontarlo perché avevamo l’impressione che si trattasse di un soggetto psicologico, sociologico, un fatto sociale riguardante un padre innaturale in relazione a un figlio. Ma non appena ci siamo messi a scrivere, c’è stata una sorta di familiarità, di spirito del personaggio, una complessità”. Jean-Marie Larrieu
C’è poi da ricordare che il tema della paternità ritorna spesso nei romanzi di Pierric Bailly, apprezzato scrittore francese di ultima generazione (è del 1982). L’uomo dei boschi,del 2018, tradotto in Italia dalle Edizioni Clichy (come il precedente L’amore ha tre dimensioni), ha come protagonisti proprio un padre e un figlio, i loro silenzi e il loro incontenibile amore, interrotti dalla morte improvvisa del genitore.
Un romanzo anche sulla natura, sull’umidità, sulle rocce, il muschio, le felci, gli alberi, i camosci, l’acqua che a volte è violenta e può uccidere, sul cadere e la voglia e il bisogno di ripartire, un’evocazione della campagna nel mondo veloce e spietato dei nostri tempi, che cambia, che si trasforma, che ci allontana gli uni dagli altri.
“L’uomo dei boschi rientra in quella narrativa di verità e potenza sempre più rara. È una storia esistita di un padre e di un figlio. Ma è anche una rincorsa narrativa e sentimentale che non dà tregua al lettore. Marco Missiroli
Essere padre è una gioia immensa, l’accesso a un’altra dimensione di sé, ma può anche essere fonte di sconcertante tormento. E Le Roman de Jim si interroga su un grande tema: se la paternità possa mai essere condivisa. Solo alla fine si ascolta ciò che il bambino ha da dire, e nessuno pensava che sarebbe stato tanto difficile per lui.
Un film fatto di colpi di scena e di toccante umanità che attraversa quasi 27 anni – la voce fuori campo serve a far passare il tempo portando avanti gli avvenimenti, raccontandoli -, un lavoro interessante perché raccontato da un punto di vista maschile, dove ci sono anche debolezze, traumi e paure, dove i padri si riscoprono anche teneri e vulnerabili.
I registi: Armaud e Jean-Marie LARRIEU
Nati rispettivamente nel 1965 e nel 1966 negli Hautes-Pyrénées, scoprono sia il cinema che la montagna grazie al nonno, regista amatoriale. Dopo aver studiato filosofia, dirigono diversi cortometraggi, tra cui La Brèche de Roland, con Mathieu Amalric (Quinzaine des Réalisateurs 2000). Seguono lungometraggi come A Real Man (2003) e To Paint or Make Love, con Daniel Auteuil e Sabine Azéma, in Concorso a Cannes. Poi ancora Le Voyage aux Pyrénées (Quinzaine des Réalisateurs 2008) e Happy End, dove collaborano con Mathieu Amalric. Nel 2015, 21 Nights with Pattie conquista il premio per la Migliore Sceneggiatura al Festival Internazionale del Cinema di San Sebastián.
Le Roman de Jim
Anno: 2024
Durata: 101'
Distribuzione: Vision Distribution / Universal Pictures