Teddy Lussi-Modeste è al cinema dal 27 febbraio con il suo Silenzio! distribuito da No.Mad Entertainment. In occasione della sua uscita abbiamo conversato con il regista del film
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Teddy Lussi-Modeste e il suo Silenzio!
Le prime immagini ci mostrano in maniera eloquente come il protagonista del film sia un insegnante deciso a coltivare i rapporti con i propri alunni al di là dei rispettivi ruoli nel tentativo di favorire l’apprendimento e il coinvolgimento dei discenti. Silenzio! ci dice che non essere conformi alla norma è ancora una colpa.
Julien cerca di creare un legame con la sua classe. E questo provocherà un malinteso che avrà delle conseguenze drammatiche sulla sua vita.
Il realismo della prima sequenza è in qualche modo rotto dal pathos di un passaggio di musica classica. Da lì in poi i segmenti narrativi più drammatici vengono sottolineati dall’utilizzo di un commento musicale. In effetti Silenzio! accanto al realismo dei fatti, al rigore della narrazione e alla vertigine emozionale ha un’anima da melò.
Le Quattro Stagioni di Vivaldi sono in realtà una musica intradiegetica rappresentata dalla suoneria che in questa scuola divide la giornata in ore. Il brano però ritorna così tante volte nel corso della narrazione al punto da assumere un valore extradiegetico. In qualche maniera è come se annunciasse il destino del personaggio. Nella prima scena la campanella suona prima che Julien possa spiegarsi. E ormai è troppo tardi : la tragedia è iniziata…
Utilizzi una regia invisibile, ma in alcuni momenti la mdp suggerisce lo stato d’animo del protagonista. Succede nel campo lungo in cui Julien seduto davanti alla scrivania, è coperto dagli alunni che escono dall’aula. Mi pare un modo molto efficace per sottolineare il cambio di stato del protagonista, la cui centralità all’interno dell’immagine è stata sabotata dallo scandalo che lo ha colpito. È così?
È un’osservazione molto perspicace. Dal punto di vista narrativa era il modo per mostrare come Modibò, uno degli alunni che più di altri vediamo in primo piano, impieghi un po’ di tempo a sistemare le sue cose perché in realtà vuole andare a parlare con l’insegnante. Per quanto riguarda l’immagine, alla fine di questa scena, insieme al direttore della fotografia abbiamo deciso di creare delle false tonalità, ovvero delle variazioni di luce all’interno di ogni piano per dare la sensazione che il tempo stesse impazzendo e che in qualche modo sposasse l’emozione del personaggio.

La scuola nel cinema francese
Il cinema francese ha una lunga tradizione rispetto ai film che raccontano la scuola. Silenzio! ne riprende gli scenari ma si ritaglia la sua identità denunciando il cambiamento dei tempi. Silenzio! ci dice come la scuola sia diventato un luogo sempre più permeabile alle distorsioni negative operate dalla società.
L’ultima battuta del film è «Ha aperto la porta». Era importante per me chiudere con questa frase che può sembrare banale ma che è molto simbolica in realtà: nella scuola sono entrati tutti i mali della nostra società. Ora però è tempo di riuscire a richiuderla e di renderla di nuovo un luogo sacro. Una società, per essere tale, ha più che mai bisogno di una trasmissione tra insegnanti e studenti. Per fare comunità ci vuole una base comune. Oggi abbiamo bisogno di ritrovarci attorno a dei valori umanisti che sono proprio quelli che si insegnano a scuola. È grazie a questi valori che riusciremo a decostruire tutti quei discorsi di odio che tentano di metterci gli uni contro gli altri.
In questo senso Silenzio! È una storia emblematica perché di fatto la vicenda si sposta sempre di più al di fuori dell’aula per andare a esplorare il pregiudizio sociale. Il dramma è che ad alimentarlo sono coloro, come i colleghi di Julien, che invece dovrebbero educare gli alunni a ragionare diversamente.
La storia di questo film è quella di una solitudine che si fa sempre più grande intorno all’insegnante – anche se fortunatamente può contare sul suo compagno -. La solitudine dell’insegnante ma anche quella dell’alunna che si rende conto di aver sbagliato ma che ormai non può più fare marcia indietro. La specificità di questa storia infatti è che non c’è un colpevole e una vittima, ma due vittime.
L’universalità del film di Teddy Lussi-Modeste
In effetti Silenzio! racconta il progressivo isolamento del protagonista. L’alienazione che emerge nella scena conclusiva è una sconfitta per tutti non solo di Julien. A fronte del finale aperto la vicenda di Julien è molto definita.
Il finale del film è come un grido. Arriva quando meno te lo aspetti. Quello che accade a Julien è la peggior cosa che può accadere a un insegnante: perdere la sua classe. Ma se c’è grido, vuol dire che c’è ancora speranza. Perché un grido è fatto per essere sentito…
La storia del film ha caratteristiche universali perché la lettura dei fatti può essere applicata ai più diversi contesti sociali denunciando un’epoca in cui la menzogna fa più danni della verità. Era questa una consapevolezza di cui eri cosciente e che volevi sottolineare?
Volevo soprattutto mostrare il malessere degli insegnanti.

Un thriller sociale
Il film si sviluppa come un thriller sociale in cui misteri e ambiguità non appartengono al protagonista il cui operato è trasparente e chiaro al pubblico fin da subito ma riguarda il contesto umano in cui si svolge la vicenda. In questo senso Silenzio! è vicino a film come La Sala professori di Ilker Katak.
In Francia, Silenzio! è uscito un mese dopo La Sala professori e un mese prima di Amal. Questi tre film che si svolgono in un ambiente scolastico rientrano tutti e tre nel genere del thriller e questo ci dice qualche cosa dell’epoca che stiamo vivendo…
Quando abbiamo iniziato a scrivere Silenzio! insieme ad Audrey Diwan (Leone D’oro per il miglior film a Venezia con La scelta di Anne – L’Evenement, ndr) la mia co-sceneggiatrice, non sapevamo che il film avrebbe preso questa forma. Quest’ultima si è imposta come la più pertinente per raccontare questa storia tenendo alta la tensione per tutto il film. Si è trattato di un lavoro iniziato nella fase di scrittura e protrattosi fino alla fine del montaggio.
La storia mostra come una volta in atto le conseguenze prodotte dalla macchina del fango è irreversibile e che pur volendo i protagonisti non possono tornare indietro rispetto alla loro azioni. È successo così anche nella realtà della vicenda a cui si è ispirato il film?
Direi che il tempo ha permesso alle cose di calmarsi.
Chiudere il film con immagini cronologicamente posteriori ai fatti del film, quelle in cui Julien balla assieme al suo compagno era il tuo modo di rivendicare la libertà di essere ciò che si è al di fuori di qualsiasi giudizio ?
In questa scena, credo ci sia un senso conscio e uno inconscio. Intanto, sappiamo che è avvenuta nel passato. Ci mostra Julien come era prima ma anche come non sarà più, ma come dici tu, c’è qualcosa di più nascosto: il personaggio balla con il suo compagno, con i suoi amici, l’immagine è larga, il volume è alto. Forse si potrebbe dire che per lui rappresenta l’accettazione di come è realmente…
Julien è un personaggio senza macchia un po ‘ come lo era il professor Keating de L’attimo fuggente. Mi pare che la scelta di François Civil sposava questa visione perché anche per caratteristiche fisiognomiche lui ha questa trasparenza. È questo quello che cercavi?
Sono felice che tu abbia citato il film di Peter Weir perchè mi piace molto. L’ho visto quando ero adolescente e ogni tanto lo rivedo. Ho pensato a François Civil per interpretare Julien nelle ultime fasi della scrittura. Volevo che il ruolo fosse interpretato da un attore solare, un giovane dal sorriso candido. François non ha smesso di impressionarmi sul set. È stato più di un attore che viene a recitare il suo ruolo: era così investito e generoso che si può dire che ha partecipato anche lui alla “scrittura” del personaggio. Prima delle riprese, si è isolato per imparare il suo testo e quando è tornato era diventato Julien. Qualcosa in lui era cambiato: era una cosa molto sottile ma si notava. François provoca un’empatia immediata e questo giova al film che si articola attorno al suo punto di vista.