Quest’anno il film candidato come miglior film internazionale agli Oscar per la Germania non è ambientato in Germania, non è recitato in tedesco e non ha attori tedeschi. Eppure è un’opera che merita al cento per cento questa candidatura e ogni altra forma di visibilità possibile, perché è in sé un piccolo miracolo di coraggio e disobbedienza.
Il seme del fico sacro ha vinto innumerevoli premi ed è stato più volte definito un capolavoro, eppure l’Iran – dove il film è ambientato – ha provato in tutti i modi a evitarne la diffusione. Chi ha avuto già il piacere di vederlo capirà bene il perché.
Il decimo film del regista e sceneggiatore Mohammad Rasoulof è un attacco al regime degli Ayatollah e al trattamento a cui sono sottoposte oggi le donne in Iran, diretto e senza mezzi termini. Per averlo girato, Rasoulof non può tornare nel suo Paese dove verrebbe nuovamente incarcerato per aver “messo in pericolo la sicurezza nazionale”. La sua vita è la dimostrazione che i film possono fare più rumore delle bombe.
Mohammad Rasoulof, 52 anni, nasce nel ‘72 a Shiraz, Iran. Studia montaggio cinematografico all’Università di Teheran e debutta alla regia trentenne con Gagooman (The Twilight), dimostrando da subito di essere un regista politico attraverso la denuncia della situazione delle carceri iraniane. Col suo secondo film, L’isola di ferro, girato in un momento di relativa libertà d’espressione nel Paese, raggiunge il pubblico del festival di Cannes e si afferma come uno dei registi più amati della New Wave iraniana.
Nel 2010 il primo arresto, con l’accusa di fare propaganda anti-regime coi suoi film. Da allora con la confisca ciclica del passaporto e le continue indagini e arresti, gli Ayatollah hanno fatto di tutto per impedire al regista di continuare il suo lavoro e di diffonderlo all’estero.
I film girati in clandestinità
La notizia che Il seme del fico sacro è stato girato in segreto dalle autorità ha fatto il giro del mondo. Non si tratta però del primo film che Mohammad Rasoulof gira in clandestinità. Nel 2010 il regista è stato condannato a non realizzare più film per i successivi vent’anni e a sei anni di reclusione. La pena, poi rivista in appello, lo puniva per un documentario con le proteste post-elettorali allora in corso. Nonostante il divieto, Rasoulof gira in segreto Be omid-e didār che vince il premio alla miglior regia Un Certain Regard a Cannes. Nello stesso anno al festival viene presentato anche This is not a film, del collega e amico Jafar Panahi (Taxi Teheran, al momento disponibile gratuitamente su Rai Play) che, nella stessa situazione di Rasoulof, racconta le sue giornate ai domiciliari in attesa della conferma della condanna da parte del regime.
Una scena da Il seme del fico sacro
Intervistato per noi da Nicola Roumeliotis, il regista Rasoulof ha raccontato come la difficoltà di girare in maniera libera plasmi in una certa misura la scrittura dei suoi film.
Il montatore inglese Andrew Bird, che vive in Germania, è stato più volte ringraziato da Rasoulof per il suo contributo fondamentale al film. Bird riceveva il girato del giorno, in base a quello che era stato possibile realizzare. Il montaggio avveniva quindi a distanza e con le difficoltà linguistiche dovute al fatto che tra i due era necessaria una comunicazione tramite interprete. Tuttavia il regista ha dichiarato a El paÍs: “Mentre giravamo gli mandavo il materiale perché sapevo che sarebbe stato al sicuro con lui”.
Il male non esiste e l’Orso d’oro
Nonostante gli accordi presi con il governo, il film Lerd gli procura per la seconda volta l’ accusa di propaganda anti-regime. Mentre aspetta il verdetto del giudice (che sarà di un anno di detenzione), Mohammad Rasoulof gira clandestinamente Il male non esiste. Si tratta di un film in quattro episodi sul tema della pena di morte in Iran, che ha vinto l’Orso d’oro al 70º Festival di Berlino. Il primo episodio, che dà il nome alla pellicola, segue la giornata tipo di un padre di famiglia che alla fine si rivela essere un boia.
Il male non esiste è stato girato in pochi mesi perché, come hanno spiegato i produttori durante la conferenza stampa, non si sapeva quando sarebbero venuti a prendere Mohammad. Alla Berlinale la figlia Baran, attrice nel film, ritira il premio invece del padre, collegato in videochiamata.
La prigionia di Mohammad Rasoulof e il movimento Donna, vita e libertà
Nel 2022 Rasoulof sconta sette mesi di prigione per aver firmato un appello contro la brutalità della polizia sui manifestanti.
È proprio in questo periodo che il regista, insieme al collega Jafar Panahi, si avvicina in modo indissolubile a “Donna, vita e libertà”, attraverso le storie delle sue fondatrici. Questo movimento nasce in risposta all’omicidio da parte della polizia di Zhina Mahsa Amini, rea di non aver indossato correttamente l’hijab. Mentre ai giornalisti è vietato partecipare alle proteste, le giovani donne e e i giovani uomini che vi partecipano documentano tutto coi loro smartphone e sui loro social. Questi filmati troveranno spazio ne Il seme del fico sacro, la cui genesi avviene proprio in carcere.
Come raccontato dal regista a El Paìs: “Due cose interessanti mi sono successe in prigione. Una è che ho scoperto che i prigionieri guardavano copie pirata de Il male non esiste. L’altra è avvenuta quando uno degli inquisitori mi ha dato una penna e mi ha detto che ogni volta che entrava in prigione e sentiva le porte chiudersi, si ricordava le domande dei suoi figli su cosa lui facesse”.
L’esilio e Seven days di Ali Samadi Ahadi
Scritto da Mohammad Rasoulof e presentato in anteprima al TIFF 2024, Seven days non ha ancora una distribuzione italiana ma è reperibile in formato home video da rivenditori esteri.
Si tratta della storia di Maryam, attivista per i diritti umani detenuta a Teheran che ottiene un permesso medico di sette giorni. Una volta re-incontrata la sua famiglia, esule in Germania, dovrà decidere se rimanere insieme a lei, lontano dal suo Paese o restare in Iran per continuare la sua lotta. Lo stesso dissidio tra l’ esilio o la libertà del proprio paese che Rasoulof stesso ha dovuto affrontare in prima persona.
L’8 maggio dello scorso anno, infatti, Mohammad Rasoulof è stato condannato a otto anni di carcere e a essere sottoposto alla fustigazione, al pagamento di una multa e alla confisca dei suoi beni, con l’accusa di “compromettere la sicurezza del Paese” con i propri film.
Il regista ha raccontato di aver dovuto compiere in fretta la difficile scelta tra l’ennesima prigionia e l’esilio e di aver dovuto scegliere quest’ultimo, non a cuor leggero. Ma il suo non è un addio. Come scrive in una lettera aperta sul proprio instagram:”
Se l’Iran geografico soffre sotto la tua tirannia religiosa, l’Iran culturale è vivo nella mente comune di milioni di iraniani che sono stati costretti a lasciare l’Iran a causa della tua oppressione e barbarie e nessun potere può imporgli la sua volontà. Da oggi sono residente nell’Iran culturale. Una terra senza confini che milioni di iraniani hanno costruito con storia e cultura antica in ogni angolo del mondo. E aspettano impazientemente di seppellire te e la tua macchina dell’oppressione nelle tenebre della storia. Poi come la Fenice da quel terreno inizierà una nuova vita”.