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Approfondimento

‘Scarface’ – Da Paul Muni ad Al Pacino

Due film lontani più di cinquant'anni. Due autori diversi. Due Hollywood diverse. Ma soprattutto, due attori e due stili di recitazione differenti. Un'analisi per scavare all'interno degli opposti universi cinematografici in cui è inscritta la storia dello "sfregiato"

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The World is Yours

Scarface è uno dei più celebri gangster-movie della storia del cinema. Diretto da Howard Hawks e sceneggiato da Ben Hecht nel 1932, rappresenta un archetipo del cinema hollywoodiano classico, tanto da aver influenzato innumerevoli pellicole da lì in avanti. L’importanza dell’opera di Hawks si manifesta soprattutto nella decisione di realizzare un remake nel 1983 da parte della Universal Pictures per la regia di Brian De Palma.

L’umanesimo di Hawks

Scarface

L’ascesa e la caduta di Tony (Camonte nel primo e Montana in quello di De Palma) assume caratteristiche diverse nelle due opere a causa dei diversi interessi che muovono i due registi.

Howard Hawks ha sempre mostrato particolare interesse per l’umanità dei personaggi dei suoi film, facendo ruotare le sue storie proprio attorno a valori o disvalori con i quali tali personaggi si trovano ad avere a che fare. Basta pensare al gruppo protagonista di Un dollaro d’onore (1959) oppure a Cary Grant e Rosalind Russell ne La signora del venerdì (1940) e ad altre sue opere. Nei film di Hawks ci troviamo quasi sempre al fianco di un gruppo di bravi cittadini che cooperando fra loro e grazie ai loro valori riescono a mettere un po’ a posto delle storture della società che non di rado sono rappresentate dalle istituzioni (non a caso Hawks e John Wayne avevano odiato Mezzogiorno di fuoco).

Tuttavia, in Scarface questa prospettiva si ribalta completamente. Il protagonista è un criminale che non si fa scrupoli ad uccidere pur di raggiungere il potere e lo fa praticamente da solo, autocelebrando il suo rampante individualismo. Sono proprio queste caratteristiche, l’isolamento dagli altri, la sua volontà di potenza e la mancanza di lealtà che lo portano alla distruzione. Tutti disvalori che non trovano posto nel cinema di Hawks. Ma, nonostante ciò, Tony Camonte è comunque raccolto in un’aura di romanticismo tragico proprio a causa della sua incapacità di entrare nel sistema morale hawksiano. Ma, allo stesso tempo, è proprio a causa dell’amore che il regista americano nutre per i suoi personaggi che Tony assume tali connotati tragici. Dovrebbe capire che la scelta giusta è quella di abbandonare la vita del gangster, ma non lo fa e ne paga le conseguenze.

Il barocchismo di De Palma

Al contrario, lo Scarface di De Palma si concentra maggiormente sul lato oscuro del Sogno Americano e si presenta quasi come una estrema e violentissima satira alla società statunitense degli anni ’80. Oltre ad apportare delle modifiche alla narrazione dettate dalle esigenze del suo tempo (Tony da italiano diventa cubano, dall’alcool si spaccia cocaina, l’ambientazione si trasferisce a Miami e cambia ovviamente sia lo stile d’abbigliamento che il tono generale del film), a De Palma interessa soprattutto il concetto di “rappresentazione di sé stessi”.

Gli elementi centrali del suo cinema infatti, sono il doppio, la precarietà della visione attraverso un dispositivo tecnico (cosa che in parte lo accomuna a Dario Argento) e la sua conseguente e “falsa” rappresentazione della realtà. Nei suoi thriller hitchcockiani tali elementi vengono fuori con maggiore chiarezza, ma Scarface non è da meno. Lo fa solo in maniera più sotterranea e quasi “ironica” (d’altronde De Palma aveva anche padroneggiato perfettamente i crismi della commedia in alcune delle sue prime opere come Ciao America e Hi Mom!). Dunque, il film con Al Pacino risente della volontà di De Palma di portare all’estremo il linguaggio (esattamente come lavora la satira), miscelarlo con ulteriori linguaggi e tentando di filmare i protagonisti che mettono quasi in scena se stessi e il loro ruolo all’interno della macchina criminale.

Tony: Camonte vs Montana

Scarface

La differenza stilistica fra i due film si evince soprattutto nello stile di recitazione di Paul Muni nel film originale e di Al Pacino nel remake.

Il film di Hawks appartiene all’era dei gangster movie pre-cod (antecedente all’istituzione del Codice Hays, cosa che, nonostante la censura, gli concesse alcune libertà in seguito impossibili), fa uso di una rappresentazione estremamente naturalista e violenta della parabola criminale di un gangster dell’epoca del proibizionismo che alla fine soccombe, comunicando al pubblico che “il crimine non paga”. Tale rappresentazione naturalista si scontra, però, con l’interpretazione ieratica e solenne di Paul Muni che attesta ancor di più la volontà di Hawks di porre l’accento soprattutto sul personaggio piuttosto che sulla critica sociale al gangsterismo. Tant’è vero che ha rivelato a Peter Bogndanovich che la scena in cui si critica didascalicamente Tony Camonte come “vergogna della nazione” non è stata girata da lui, ma inserita dalla produzione per aggirare la censura attraverso una sorta di pubblicità progresso.

La statura tragica dello sfregiato

Muni, generando un cortocircuito fra il naturalismo del film e l’istrionismo della sua interpretazione, dona a Tony la statura tragica di cui si discuteva prima rendendo inevitabilmente il personaggio carico di fascino. Infatti, Martin Scorsese nel suo documentario Viaggio nel cinema americano ha rivelato che il suo affetto per Tony risiede nel fatto che è un “uomo feroce” e tuttavia «ti piace davvero quel ragazzo. È pericoloso, ma in realtà lo ami. È disinvolto, ben vestito, vanitoso, freddo, spiritoso, ambizioso e ha un’impudenza verso l’autorità che non può fare a meno di essere seducente». Tutte caratteristiche dei personaggi di Scorsese, ma meno di quelli di De Palma.

La meta-criminalità

Nel remake del 1983, tornando al concetto di “rappresentazione”, Al Pacino deve fare i conti con il barocchismo, l’eccesso e il mix di linguaggi di cui fa uso De Palma. Il film è decisamente meno naturalista e più spettacolare, ma l’attore italoamericano produce lo stesso cortocircuito di Muni, anche se in senso opposto. Pacino, attraverso la sua recitazione tendente al realismo in un contesto linguistico come quello descritto, fa risultare il suo Tony quasi grottesco, paradossale e “finto”.

Una messinscena, una “rappresentazione” appunto, del gangster, che è ciò che lui vuole diventare per realizzare il Sogno Americano, affrancandosi dalla vita da poveraccio che faceva a Cuba. Infatti, già nella prima scena del film dopo i titoli di testa Tony dice di conoscere l’inglese grazie a James Cagney e Humprhey Bogart, nomi non scelti a caso. Loro sono i volti simbolo del gangster movie e del noir classico e la citazione di questi nomi (con l’esclusione di quello di Muni) permette di comprendere anche la differenza fra il Tony di Pacino e quello dell’attore di origine ungherese.

Tony come Cagney

Mentre il Tony di Paul Muni ci fa entrare in contatto con lui, i personaggi di James Cagney dell’epoca post-cod sono esagerati e quasi psicopatici. L’esempio principe è quello di Cody Jarrett ne La furia umana (1949) di Raoul Walsh. Personaggio che ha molto più a che fare con il Tony di Al Pacino di quanto quest’ultimo ne abbia con il Tony del film di Hawks.

Il personaggio di Cagney come quello di Pacino sono dei violenti assassini fuori di testa disposti a tutto pur di dimostrare la loro volontà di potenza. Infatti, la scena finale del film di Walsh e di quello di De Palma sono molto simili. Con i due protagonisti che soccombono, ma nel loro titanismo esasperato e eccentrico. Ben diverso è invece, il modo in cui Muni muore nel film del ’32. Chiuso in una casa che è quasi una prigione e senza spettacolarità. Basta un colpo alle spalle mentre tenta di scappare.

Dunque, Al Pacino a differenza di Muni deve mettere in scena un personaggio che a sua volta mette in scena sé stesso (il metalinguaggio è un altro punto chiave del cinema di De Palma). Tony Montana vuole diventare James Cagney perché ha visto rappresentata l’America in film come quelli di Walsh e il suo obiettivo è “imitare” quei personaggi lì.

I personaggi secondari

Il discorso fatto per Tony si estende anche ai personaggi secondari come quelli di Poppy/Elvira e di Cesca/Gina. Elvira e Gina sono figlie della poetica dell’accumulo di De Palma e quindi sono estremamente più eccessive dei loro corrispettivi originali, ma lo sono in questo caso soprattutto da un punto di vista narrativo. A quest’ultime è dedicato più spazio in cui riuscire a esprimersi e a manifestare ancor di più il loro grado di eccesso. In particolare, per Elvira si sceglie di mostrarla come una cocainomane che in realtà, disprezza la vita da “moglie del boss” e soprattutto disprezza Tony. Elementi assenti nel film di Hawks. Mentre per quanto riguarda Gina, De Palma sceglie di insistere molto di più sul latente legame incestuoso con Tony che lo Scarface del ’32 suggerisce solo. Dunque, il loro rapporto è decisamente più tumultuoso, violento e corporeo.

Infatti, Michelle Pfeiffer (Elvira) e Mary Elizabeth Mastrantonio per mettere in scena queste caratteristiche quasi assenti nel film originale, devono lavorare molto di più sulla loro corporeità. Pfeiffer deve rappresentare un’Elvira sempre più dipendente dalla cocaina nel corso del film, mentre Mastrantonio deve insistere sulla sua sensualità nelle scene che condivide con Al Pacino, di cui quella nel prefinale in cui spara a Tony ne rappresenta la summa.

Angelo, il personaggio comico

Tuttavia, a proposito di corporeità, particolare interesse assume anche la figura del personaggio “comico” del film di Hawks: Angelo interpretato da Vince Barnett. Quest’ultimo è assente nel film di De Palma proprio perché la pellicola già di per sé ha un tono “satirico” e non ha bisogno di un elemento comico che manifesta tale scelta espressiva.

Invece, nel film di Hawks Angelo, protagonista di diverse gag fisiche, serve a sottolineare ironicamente (d’altronde Hawks era un maestro anche nelle commedie) come la violenza sia la risposta ad ogni cosa per i gangster e ha anche l’obiettivo in piccola parte di smussarla per rendere Tony Camonte sempre più umano e tragico agli occhi del pubblico, piuttosto che esclusivamente brutale e malvagio.