‘La contessa di Hong Kong’: Marlon Brando e Sophia Loren nell’ultimo film di Chaplin
Nel 1967 arriva nelle sale l'ultimo film del geniale Charlie Chaplin con protagonisti i due attori più grandi del momento. Accolto freddamente da critica e pubblico, oggi dopo più di sessant'anni proveremo a capire se sia il caso di rivalutarlo
Il ricco diplomatico Ogden Mears (Brando) sta viaggiando a bordo di un piroscafo di lusso verso gli Stati Uniti. Dopo uno scalo a Hong Kong conosce la contessa Natasha Alexandroff (Loren), costretta all’esilio per via di alcune vicende familiari nel suo paese russo. La contessa per fuggire si nasconde a bordo della cabina di Mears, chiedendogli di aiutarla a fuggire minacciandolo di far scoppiare uno scandalo. Ogden si troverà quindi a dover scegliere se proteggere la sua carriera o lasciare che l’amore sbocciato per Natasha meriti di essere vissuto appieno.
La contessa di Hong Kong: un film nato sotto una cattiva stella
La Contessa di Hong Kong, per quanto oggi in parte rivalutato, è indubbiamente noto per la travagliata lavorazione, più volte ricordata dalla stessa Sophia Loren in numerose interviste. Se tutto cominciò coi migliori auspici con Brando, Chaplin e la Loren entusiasti del progetto, l’inizio delle riprese fece emergere invariabilmente tutte le divergenze tra il regista inglese e l’interprete di Fronte del Porto.
Brando, mostro sacro in una fase calante della sua carriera, non gradiva l’approccio rude e prepotente di Chaplin regista, arrivando a definirlo nella sua autobiografia ‘’l’uomo più sadico che abbia mai incontrato’’. Dal canto suo Chaplin si risentiva della scarsa professionalità dell’attore, spesso ritardatario sul set, nonché fin troppo sensibile ai peccati di gola. Anche la Loren espresse chiaramente il suo disappunto verso il comportamento di Brando. Si creò così una serie di ostilità reciproche che senza dubbio inficiarono il risultato finale del film.
Alcune delle stroncature più pesanti che colpirono il film di Chaplin arrivarono dal ‘New York Times’ che concluse dicendo ‘’se un vecchio fan dei film di Chaplin potesse avere occasione di fare beneficenza, fingerebbe che questo film non fosse mai accaduto’’. Anche trent’anni dopo, il critico Leonard Martin lo definì un film ”girato male, con tempi sbagliati e una colonna sonora inappropriata”. Proviamo a capire, al di là dei problemi produttivi, cosa andò storto in questa pellicola.
Sidney Chaplin e Marlon Brando in una scena del film
Comicità sempreverde o fuori tempo?
Nel film i classici elementi satirici o politici del cinema chapliniano sono molto più ridimensionati rispetto ad altre dire opere. La nave su cui viaggiano i protagonisti è una specie di harem fuori dal mondo come nel più classico dei gialli a camera chiusa. C’è però una malinconia che permea i personaggi come nuovo innesto della filmografia di Chaplin. Natasha soffre ancora per il suo passato tormentato e brama una nuova vita; Ogden è frustrato dall’incombente divorzio e dalle pressioni politiche; sua moglie (Tippi Hedren) vorrebbe tenerlo per sé più per ragioni d’immagine che per sentimento.
Discorso a parte, quello sull’ intesa tra Loren e Brando: quest’ultimo, ovvero colui che pochi anni prima aveva rivoluzionato l’approccio alla recitazione, punta come sempre sulla gestualità, anche nei momenti comici come l’inseguimento con Natasha in camera da letto, mettendo il suo fisico da sex symbol al tramonto al servizio della scena. Di contro Sophia Loren insiste molto sulla dizione, marcando l’inglese impeccabile, forse proprio per distanziarsi dallo stile del collega. Fu una delle poche volte in cui l’amatissima Sophia avvertì la tensione del dover rivaleggiare con un vero fuoriclasse della recitazione, interprete a tutto tondo al di là dell’immagine del divo dipinta dalle cronache. L’atteggiamento distaccato di Natasha rispecchia a tratti la volontà della Loren di mettersi sulla difensiva in modo da schivare i colpi alla ”Actor’s Studio” del collega.
Visto oggi ‘’La contessa di Hong Kong’’ risulta molto più godibile di quasi sessant’anni fa, proprio per quella sua malinconia e ironia un po’ cattivella che Chaplin seppe infondere alla sceneggiatura. I due protagonisti in stato di grazia coi loro diversi approcci interpretativi forse disorientarono il pubblico all’uscita dalle sale. Proprio per questo motivo l’ultima fatica di Chaplin può essere meglio apprezzata se intesa come opera che mette a confronto due stili così diversi, due approcci recitativi agli antipodi, ma dai quali qualsiasi astro nascente farebbe bene a prendere spunto per comprendere al meglio le basi della recitazione.
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