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Alice nella città

‘La stanza indaco’: uno slancio vitale

Dal libro di Costanza Savini e Gianfranco Di Nino, il film di Miniucchi parte da una storia d'amore tra due giovani adulti per raccontare il delicato equilibrio tra cura e malattia in un reparto di terapia intensiva

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La stanza indaco

Presentato come evento specialie durante la ventiduesima edizione di Alice nella Città, La stanza indaco è l’ultimo lungometraggio della regista Marta Miniucchi ed è liberamente ispirato al libro omonimo di Costanza Savini e Gianfranco Di Nino, edito da Il Ciliegio Edizioni. Il film, scritto a quattro mani con Davide Cocchi, racconta la nascita di un rapporto amoroso tra Romeo ed India, due giovanissimi pazienti di un reparto di terapia intensiva di un ospedale bolognese. La storia narrata dal loro punto di vista consente allo spettatore di addentrarsi non solo nel delicatissimo lavoro di corsia, ma fornisce anche l’occasione per riflettere sui binomi normalità/anormalità, malattia/cura, vita/morte, empatia e rigore metodologico. Un’opportunità preziosa per scardinare pregiudizi e preconcetti che spesso offuscano lo sguardo dinanzi a prodotti di questo tipo e che La stanza indaco, con la delicatezza della sua scrittura, mira a far vacillare.

La stanza indaco è prodotto da Genoma Film S.r.l. Nel cast ricorrono Samuele Teneggi, Desideria Cucchiara, Elena Di Cioccio, Stefano Fregni e Fabio Fulco. Il film è patrocinato e finanziato dall’Emilia Romagna Film Commission.

Leggi i nostri articoli di Alice nella città.

Di cosa parla La stanza indaco

Un virtuoso reparto di terapia intensiva di Bologna viene messo in crisi dall’arrivo del nuovo direttore che ha una visione discordante dalla precedente gestione. Tutti coloro che vivono questo luogo dovranno confrontarsi con una situazione inaspettata e trovare soluzioni inedite per poter raggiungere nuovi equilibri. È qui che due giovani pazienti si incontrano e si capiscono perché condividono esperienze che universalmente uniscono nel profondo: la malattia e la giovinezza. Il personale medico e i pazienti vivranno le loro vicende personali condizionati da tali eventi. Ma la vita è ricca di risorse e di sorprese. A volte.

La giovinezza è foriera di incontri inaspettati e pieni di vita

Se Romeo (Samuele Teneggi) è un batterista, complicato, cupo, spesso taciturno e scontroso, India (Desideria Cucchiara) è l’esatto opposto: radiosa, empatica e estremamente appassionata di fisica. Nel loro posto nel mondo – che poi è un luogo apparentemente fuori dal mondo che tutti conosciamo –  i due protagonisti s’incontrano e si innamorano. Sembra difficile da capire, ma anche tra le quattro mura di una stanza di ospedale, in un reparto di terapia intensiva in cui la malattia pare arrestare il fluire dell’esistenza, la vita trova spazio per divampare. Non a caso, questo slancio vitale si canalizza in una relazione che è sì amorosa, ma avviene anche in un’età in cui si cresce insieme e in due si diventa più consapevoli della realtà circostante, oltre che di se stessi.

Questa dissomiglianza è l’angolazione particolare che la regista sceglie per trattare una lunga serie di polarizzazioni, che nel film sono ben evidenti. L’idea che esistano microcosmi che non comunicano tra di loro, il dentro e il fuori, la passione e la disciplina, la malattia e il suo contrario e così via è presto scombussolata da una visione nuova, una sorta di terzo cammino di cui questo reparto all’avanguardia si fa capostipite. Qui pazienti come Romeo e India non vengono ospedalizzati in modo convenziale, che li vedrebbe anticipare durante i ricoveri una condizione quasi interamente mortifera, ma sono coinvolti in un programma integrato che li aiuta a vivere – e auspicabilmente a guarire – circondati da affetto e da iniziative altre rispetto al trattamento farmacologico e che siano in grado di mettere al primo posto la persona e non la malattia.

In questa cornice audace, la purezza e la spontaneità della giovinezza è del tutto preservata da uno stile narrativo asciutto, una grazia nello sguardo e un orientamento attoriale totalmente decostruito e naturale. Il film centra l’obiettivo di raccontare, in un luogo di norma inteso come triste e derelitto, una storia di speranza e vitalità in grado di perdurare fino alla fine del racconto – o della vita.

La stanza indaco: la musica come porta d’accesso al “fuori”

Nel lungometraggio di Marta Miniucchi, Romeo ha sempre le bacchette in mano. Tiene il ritmo quando è solo, nel silenzio della sua stanza, ma anche nei momenti condivisi, specialmente con il suo psichiatra. La musica è un ponte con la realtà fuori dall’ospedale e, drammaturgicamente, contribuisce nel film a rappresentare meglio e per contrasto la malattia da cui è affetto.

In questo senso, le partiture musicali di Gianmarco Verdone e Simone Santi fanno riverberare i sensi del protagonista e garantiscono allo spettatore di uscire, almeno metaforicamente, dagli interni per volare altrove insieme a Romeo. La musica corrisponde, nei suoni, al leit motiv della pellicola che è sempre, afferma la cineasta, «l’umanizzazione delle cure e ci consente di raccontare tante storie, tutte in qualche modo condizionate da visioni che si scontrano, su come vivere e come far vivere la terapia intensiva, la malattia, la cura».

Il racconto, infatti, si fregia di una scrittura credibile e adesa al contesto di cui parla – il rischio di “romanticizzazione” era molto alto –  innanzitutto grazie al contributo di Gianfranco Di Nino, coautore del libro che per molti anni ha diretto il reparto di Terapia Intensiva al Policlinico Sant’Orsola di Bologna e che ha accompagnano Miniucchi nella realizzazione del film. La stanza indaco risulta un prodotto certamente drammatico, ma con una linea narrativa chiara e accessibile a tutti, capace di far riverberare messaggi attuali su temi universali e di far commuovere in risposta alle azioni e ai comportamenti di coloro che, in balia del destino, provano a vivere una vita degna di essere vissuta.

Il trailer di La stanza indaco

Sono Diletta e qui puoi trovare altri miei articoli

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La stanza indaco

  • Anno: 2024
  • Durata: 96'
  • Genere: drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Marta Miniucchi