Luce è il nuovo film intimista che segna il ritorno di Silvia Luzi e Luca Bellino, registi noti per il grande esordio nel cinema di finzione con Il Cratere (2017). I due film si somigliano e offrono uno sguardo sensibile e originale su un mondo interiore in conflitto, rapporti familiari complessi e una realtà difficile. Il film uscirà nelle sale giovedì 23 Gennaio 2025, distribuito da Barz and Hippo.
Luce si presenta come un’opera di grande intensità emotiva, che esplora le vicende di una ragazza alle prese con la ricerca e l’affermazione della propria identità in un contesto opprimente.
Marianna Fontana nei panni della protagonista, e Tommaso Ragno (che è la voce misteriosa del film), interpretano magistralmente i loro ruoli, contribuendo a dare alla pellicola un senso di sospensione, dolcezza e smarrimento.
Una protagonista senza nome
Marianna Fontana interpreta una ragazza smarrita, a stretto contatto con una realtà opprimente, fatta di routine e sacrificio. Si muove in un paesaggio assente, in cui la fabbrica con i suoi ritmi alienanti esprime un profondo senso di solitudine. In un ritratto fatto di sensibilità e contrasti, Fontana interpreta una figura immersa nel mistero, con cui lo spettatore riesce a dialogare parzialmente. I due registi decidono infatti di non rivelarne il passato, per mantenere un senso di irrisolto.Viene data solo la percezione della lontananza della figura paterna, senza rivelarne le ragioni. Anche se l’utilizzo di qualche suono extradiegetico, come il rumore delle catene, potrebbe ricondurci all’idea di un padre in prigione.
Una versione, non essendo confermata, che rende il dramma ancora più palpabile, mantenendo il clima sospeso.
La scelta di non proclamare alcun nome al personaggio sottolinea quanto sia importante la ricerca d’identità della ragazza, che cerca d’intravedere, facendosi strada nel buio, la propria luce.
Il contesto: fabbrica e alienazione
La protagonista non sembra avere un vero e proprio spazio da abitare, né fisicamente, né emotivamente; anche l’ambiente intorno diventa riflesso di questa sensazione.
In Irpinia, in una fabbrica sperduta tra le montagne dove lavora, il nastro trasportatore scivola lentamente, le pause al bagno sono quasi più vicine a momenti di riflessione, si parla e si ride poco, e le polveri che rimangono addosso a fine giornata sono difficili da togliere. Questo clima isterico, pervaso da fortissimi rumori, sottolinea la frustrazione di tutte le persone che si sentono ingabbiate in un sistema lavorativo che non lascia spazio all’individuo, e diventa mezzo di critica e denuncia sociale. Un aspetto che gli autori tengono a sottolineare, mostrandoci inoltre una realtà ben diversa dagli ambienti lavorativi che ci vengono solitamente raccontati. Vediamo infatti il sacrificio e la professionalità di donne costrette a ritmi lavorativi estenuanti, in un clima freddo e pesante. Un ritratto del sud Italia fatto soprattutto di sacrificio e volontà, e forse troppo poco riconoscimento.
Il desiderio come spazio personale
Questa monotonia è interrotta improvvisamente dall’arrivo inaspettato di una chiamata. Sentiamo una voce profonda, maschile, che sembra conoscerla benissimo, tanto da darle subito confidenza. Grazie all’utilizzo di questa svolta narrativa, i registi tendono una mano alla protagonista, dando vita a uno scambio telefonico, che diventa fulcro del racconto.
Viene costruito uno spazio di desiderio, che permette alla ragazza di avere la sua ora d’aria, lasciandole intravedere un primo vero contatto con la propria libertà. Anche la voce al telefono, non ha identità, consentendo così ad entrambi i personaggi, di plasmarsi l’uno sull’altro, di poter finalmente giocare, e di diventare ciò che preferiscono essere. Nasce un’atmosfera ipnotica e misteriosa, che dà vita a un luogo surreale e forse inesistente fatto di racconti. Una sorta di vita parallela, che evade dalla monotonia della routine. Il film inizia così ad oscillare tra realtà e finzione divenendo luogo d’incontro tra due anime sole.
Lo spettatore, insieme alla protagonista, ha pochi riferimenti, e si interroga per cercare di dare corpo, storia e contesto a quella voce, partecipando attivamente al racconto.
Un linguaggio innovativo
I registi si avventurano in una forma di cinema poco convenzionale. La protagonista ha infatti un rapporto quasi carnale con la telecamera, che la opprime a sua volta con lunghi piani sequenza. Così, siamo in grado di seguire ogni percezione, stato d’animo o cambio d’umore di un personaggio in continua ricerca ed evoluzione.
Se inizialmente ci trovavamo di fronte a una ragazza confusa, piano piano la voce permette di dare sfogo al suo mondo interiore, aiutandola a passare a un registro e a movenze che si fanno sempre più dolci e femminili, ma soprattutto più consapevoli.
In sintesi, parliamo di un cinema di ricerca e sperimentazione che non si limita a raccontare una storia, ma utilizza mezzi innovativi, per parlare di tutto ciò che non si vede, ma si sente.
Luce
Anno: 2024
Durata: 93 minuti
Distribuzione: Barz and Hippo
Genere: Drammatico
Nazionalita: Italiana
Regia: Silvia Luzi, Luca Bellino
Data di uscita: 23-January-2025
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