Low budget che più low non si può. Eppure non è affatto low il risultato complessivo di The Complex Forms (2023), pellicola di 74 minuti – presentata al Trieste Science+Fiction Festival 2024 – che segna l’ottimo esordio cinematografico nel “lungo” di Fabio D’Orta, talentuoso autore proveniente dal mondo dei corti, degli spot pubblicitari e dei videoclip (suoi alcuni lavori per Dente e i Verdena), che di questa sua opera prima ha curato non soltanto la regia, ma anche il soggetto, la sceneggiatura, la scenografia, il montaggio e la fotografia.
La trama di The Complex Forms
Il racconto vede come protagonista Christian, un cuoco con alcuni problemi economici, che per racimolare un po’ di denaro decide di vendere il proprio corpo per dodici giorni a dei personaggi misteriosi. Rinchiuso in una lussuosa villa signorile, l’uomo stringe amicizia con Luh (Michele Venni) e Giant (Cesare Bonomelli), anche loro in attesa della “possessione”. Quando, però, dalle campagne circostanti fanno la loro comparsa delle strane creature giganti, i tre decidono di tentare una fuga destinata al fallimento. Non gli resterà altro che tornare e attendere che la storia faccia il suo corso, progredendo verso un finale enigmatico e intrigante in cui lo spettatore stesso è chiamato ad un lavoro di attenta decifrazione.
L’inquietudine visiva
Le lente ed eleganti carrellate – unite ad un bianco e nero che in alcune luminosità pone in risalto le venature metafisiche già suggerite dai vasti spazi della location (un’antica villa signorile in campagna) – contribuiscono a fare dell’aspetto visivo il punto di forza di questo affascinante, originale horror fantascientifico dalle sfumature espressioniste. Un horror che attraverso lo sguardo intenso, a tratti perduto e dolente, del suo personaggio principale, Christian Del Ben (interpretato da un ottimo David Richard White), è in grado di rendere plasticamente il senso d’inquietudine e oppressione che lo attraversa. Ed in cui le atmosfere sospese dalle nuances oniriche – o forse sarebbe meglio dire allucinate – sono messe al servizio di una trama che, tra attese angosciose e perturbanti irruzioni, rimanda a metafore politico-esistenziali (la solitudine e la perdita di sé, la speculazione sul bisogno altrui), a loro volta segno ulteriore della decisa – e felice – attitudine autoriale dello stesso D’Orta.
Risalta il tutto, la preziosa colonna sonora realizzata da Riccardo Amorese, impeccabile nei passaggi sinfonici nel conferire tensione e drammaticità all’ampio incedere della narrazione.
Il successo di The Complex Forms
Si diceva dell’ottima riuscita del lungometraggio. Un risultato, questo, che non è sfuggito agli addetti ai lavori. Il film, infatti, è stato presentato al Torino Film Festival 2023, dove ha ottenuto la Menzione Speciale.
Da qui, una lunga, meritata sequela di importanti riconoscimenti, tra cui lo Special Jury Award al Fantasporto Film Festival 2024, l’Honorable Mention allo Slamdance Film Festival 2024 e il premio Best Director al Sidney Science Fiction Film Festival 2024.
Insomma, The Complex Forms può senza dubbio considerarsi un’autentica sfida vinta del nostro cinema indipendente di genere. Un universo in piccolo, quest’ultimo, in cui non mancano di certo idee e talenti.
Taxi Drivers è Media Partner del Trieste Science+Fiction Festival