Un bacio come l’ignota frontiera di un contatto ravvicinato di corpi indecifrabili e, per questo, assolutamente da rifuggire. Persino da sbefeggiare. Badando bene a non restarne troppo esposti, a non rendersi vittima di quell’onta. Una precauzione destinata a cedere di fronte all’attrazione irresistibile dello stare insieme. Loïc Espuche compie il suo viaggio nelle dolci asperità dell’infanzia e, con un interessante cortometraggio d’animazione, le mette al confronto con uno dei primi approcci verso l’altro. Non più solo compagno di giochi, ma qualcosa d’oltre, sigillato da quell’apparente stravagante contatto delle labbra. Beurk, espressione idiomatica francese, dal carattere quasi onomatopeico e dal significato radente il nostro schifarsi di qualcosa, diventa l’ultima frontiera dietro la quale un gruppetto di bambini si rifugia per evitare il ridicolo contagio di quel mistero che attrae i grandi. Un originale punto di vista, tenero e sentimentale, nello scandaglio infinito delle profondità dell’amore. Presente tra le opere del Sentiero Film Factory, Beurk è prodotto da Ikki Films.
Beurk, luci d’infanzia
La colonia di vacanzieri pensata da Espuche vive la sua tranquilla e avvolgente quotidianità nella semplicità di un campeggio immerso in un domani sospeso. Adagiata nel divenire dei suoi giovanissimi e vivaci ospiti, trasmette il senso di una placida rincorsa verso il piacere della convivialità. L’occhio di bue immaginario che illumina il palco di questo piccolo teatro d’umanità è tale a quello attento di Leo. Un bambino curioso e sensibile, attratto dalle cose di un ambiente ancora tutto da esplorare e da comprendere. È una specie di segnale convenuto quello che mette in allarme la combriccola di piccoli esploratori della vita. Le labbra di coloro che stanno per baciarsi prendono improvvisamente le sembianze di un rosa acceso, quasi ad animarsi della propria essenza. Qualcosa che Leo cerca di arginare quando scopre che gli accade lo stesso stando vicino a Lucie. Un fenomeno dapprima oggetto di derisione, come a cercare di vanificarne la potente capacità attrattiva, e poi di curiosità tale da accerchiare ogni ritrosia indotta o diretta, fino a ottenerne la resa. È l’infanzia che contiene tutto, quel che sarà le appartiene, ma ha bisogno di tempo per averne contezza, sensazione chiara, giusta disposizione d’animo.
L’espressione del dire
La struttura narrativa di Beurk, ideata e redatta dallo stesso Espuche, esula da quella classica della favola, o della fiaba, e, pur essendo un racconto per ragazzi, assume i contorni della realtà disegnata con l’occhio prospettico di chi ancora non ne conosce appieno il fare e il dire. È al di là della misura dell’uomo, dell’innocenza del tempo a lui riservata. È un mondo dominato dal gioco e sovrastato dall’amore. Una declamazione dell’esistenza che si specchia in una forza gentile e prorompente, fino a tradursi, costantemente e irremediabilmente, nell’ardore inconsulto di un bacio. Candido, seppur con tonalità d’accento differenti a seconda dell’età dei soggetti, ma in grado di accendere quelle linee di pensiero direttamente collegate alle emozioni più intense, quelle che a volte ti fanno persino paura. Il montaggio di Hélloïse Pelloquet e le musiche di Aliénor Doublet sono gli elementi sostanziali imprescindibili che descrivono le inquadrature sempre efficaci e congeniali al progetto. Il dire stesso diventa immagine e il suo suono l’antefatto rivelatore di un’espressione unica e irrinunciabile.
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