In una goccia approda a Sentiero Film Factory. Il cortometraggio d’animazione porta in scena una donna alla ricerca della sua identità, sempre in bilico tra due culture: quella alla quale appartiene e quella che vuole crearsi, e nella quale vivere, che lei stessa sta faticosamente costruendo.
Le immagini sono costruite in maniera estremamente coerente con la struttura del corto; pare che a tratti vivano indipendentemente da questa, arrivando dritte all’interiorità dello spettatore, per la profondità del messaggio che esprimono. Esse delineano un racconto intriso di sentimenti forti: tristezza, paura, disagio e, infine, anche speranza.
In una goccia: sguardi sulla vita di donna
In una goccia ha un protagonista di cui qualunque persona ha fatto esperienza, e che detiene: lo sguardo. Esso assume diverse forme negli otto minuti del corto: penetrante, quando sembra spiare il corpo della giovane che si trasforma nel tempo, di fatto negando il suo percorso di crescita; giudicante, quando irrompe nelle decisioni personali della protagonista, alle prese con i primi grandi quesiti dell’adolescenza, con un tono di delusione reso particolarmente evidente dalle reazioni di quest’ultima, anche solo facciali.
Ed infine invadente, quando si moltiplica: più sguardi s’intrufolano nella testa della giovane, offuscandola, ed incarnando l’influenza oppressiva di una società che divide tutto in categorie chiuse e prive di sfumature: chi è questa giovane ragazza? Non c’è ancora, e forse non arriverà presto, una risposta definitiva. Il senso di claustrofobia è, oltre che evidente, reso perfettamente percepibile (nel quale dunque immedesimarsi risulta operazione più semplice) dai movimenti del corpo della ragazza, dalle sue espressioni fisiche e dalla paura espressa dai suoi stessi occhi.
Fuga per trovare le origini e se stessa
In una goccia, se nei primi minuti, porta in scena forti sensazioni di disagio, claustrofobia, e dolore, tramite le immagini, offre poi invece uno spunto di riflessione ed insieme speranza attraverso un elemento fondamentale: la fuga nel fantastico.
Grazie alla guida di una goccia, la protagonista, avvolta dalle radici di un albero, viene “trasportata” in una giungla, che potrebbe rappresentare – anche – il groviglio fitto di pensieri sparsi nella testa di una persona confusa, che non sa chi è, e che vorrebbe scoprirlo con serenità attraverso le esperienze della vita.
La giovane deve fare un passo importante prima di tentare di scoprire chi è: accettare se stessa. In questo ideale cammino di vita affronterà difficoltà, quesiti scomodi, pregiudizi, senza mai però smettere di lottare, alla ricerca di uno spazio separato dal resto del mondo, un luogo personale, una “stanza tutta per sé”, da arredare con propri pensieri e proprie emozioni. Un posto di cui – forse – ogni essere umano dovrebbe disporre, e non solo una donna. Un luogo mentale – che potrebbe essere una giungla figurata – nel quale fermarsi e pensare a se stessa, lontana dagli sguardi altrui, ora infatti scomparsi.
Il messaggio del cortometraggio è estremamente attuale
In una goccia in poco meno di otto minuti riesce a parlare allo spettatore con estrema sincerità e autenticità, mettendolo a diretto contatto e confronto con la propria interiorità.
La giovane all’inizio è intimorita perché manca di unità interiore, è disunita; quando entra nella giungla trova se stessa, e la sua anima si scopre fatta di tante gocce, espressioni di più forme di essere. Tutte racchiuse in un’unica goccia armonica, emanazione di vita che si scopre semplicemente facendo il suo corso.
Perché identità non è sinonimo di provenienza: occorre ampliare questo concetto apparentemente rigido e chiuso su se stesso, a ciò che nella vita ci forma davvero come esseri umani pensanti e liberi, che siano emozioni, esperienze, affetti. É questo il segreto per sbarazzarsi – una volta per tutte – di quei pesanti sguardi altrui che soffocano l’interiorità del singolo e non gli permettono di accogliere la propria vera essenza, in verità in costante trasformazione.