Dopo essere stata mandata in onda su RAI tre, La linea verticale, mini serie composta da otto episodi, scritta e diretta da Mattia Torre, è disponibile su RAI Play.
Un racconto ironico ed estremizzato, ma sempre realistico e soprattutto umano.
La linea verticale: la trama
Luigi deve sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico, dopo aver scoperto di avere un tumore. Attraverso un racconto surreale e satirico della sua esperienza di degenza, entriamo così nel quotidiano del reparto di urologia di un ospedale pubblico.

Un’esperienza autobiografica
Il regista, sceneggiatore e drammaturgo Mattia Torre (David di Donatello per la miglior sceneggiatura con Figli), scomparso nel luglio del 2019 dopo una lunga malattia, parte da un’esperienza autobiografica per raccontare l’avventura ospedaliera di un uomo che scopre di avere un tumore.
Mattia Torre si circonda di un cast formato da veri cavalli di razza, incominciando da Valerio Mastandrea che interpreta il ruolo di Luigi, il protagonista della storia. Accanto a lui, la giovane e bella moglie Elena, interpretata da una sensibile Greta Scarano. Poi ci sono gli altri pazienti, compagni di avventura di Luigi.
Pazienti e medici ne La linea verticale
Marcello (Giorgio Tirabassi), un uomo sulla cinquantina giunto ormai al suo terzo intervento, per cui esperto di medicina forse più del personale medico; Amed (Babak Karimi), iraniano che tutti credono un povero emigrato, nonostante sia un ricco antiquario e infine Peppe (Gianfelice Imparato), che dopo due anni torna in ospedale per un nuovo intervento.
Con i pazienti, nel condividere la quotidianità ospedaliera, c’è il personale medico. Innanzitutto, Il Professore Zamaglia (Elia Schilton) il guru della chirurgia, carismatico e rassicurante, stimato da pazienti e colleghi; il Dottor Policari (Antonio Catania), medico fantasioso, amante della musica, e poi Anna (Raffaella Lebboroni), l’infermiera scostante, ma fondamentalmente buona.
Medici e pazienti creano un piccolo microcosmo, una comunità che condivide il quotidiano di un reparto di urologia, all’avanguardia, di un ospedale pubblico. Una piccola isola felice, nella disastrata sanità italiana, tante volte descritta da opere documentaristiche o di finzione, come Il medico della mutua, diretto nel 1968 da Luigi Zampa e Alberto Sordi nei panni del dottor medico chirurgo Guido Tersilli.
L’ambiente ospedaliere, poi, è stato scelto tantissime volte per quanto riguarda le serie televisive. Da quel 19 settembre 1994, quando fu messo in onda il primo episodio di E.R. Medici in prima linea, trampolino di lancio per George Clooney; sono seguite Grey’s Anatomy e tante altre fortunatissime serie, come Doc – Nelle tue mani, solo per citare uno degli ultimi successi di RAI Fiction.

Il punto di vista del paziente
La linea verticale rientra, senza dubbio, in questo macro genere, ma con una fondamentale novità: il punto di vista è sempre quello del paziente. Tra lo smarrimento iniziale, per la scoperta della malattia, alla speranza di un intervento salva vita, la macchina da presa vive insieme a Luigi. È lui il fulcro della narrazione, l’asse su cui egli stesso deve porsi per sconfiggere la malattia.
“Devi vivere in verticale, orizzontale sei morto… verticale sei vivo”.
Il regista affida all’attore romano un ruolo molto empatico, capace di far emozionare e sorridere. Tra i due, che si conoscono molto bene( infatti Torre è l’autore di Migliore, portato in scena nel 2005 da Valerio Mastandrea), c’era un’ideale sintonia.
Mastrandrea riesce, in maniera spontanea, mai macchinosa, a trasmettere i timori e le speranze di un quarantenne che non vuole abbandonare la vita. Una terribile malattia, talmente brutta che spesso non si ha il coraggio di nominarla, minaccia la sua esistenza. La moglie Elena è accanto a lui per fargli forza, ma Luigi è solo, con quel maledetto tumore nato, chissà come, nel suo rene sinistro.

… basta fare un passo alla volta…
La situazione di Luigi è purtroppo molto frequente nella realtà e dunque La vita verticale diventa utile, per aiutare le tante persone che vivono questa drammatica esperienza. Mattia Torre decide di trattare questo toccante argomento, con un registro particolarmente ironico. Non mancano momenti drammatici e spesso commoventi, ma tutti gli otto episodi sono leggeri, caratterizzati da una comicità originale a volte surreale.
Con il sorriso sulle labbra, si restituisce al pubblico un viaggio personale e drammatico. La commedia riesce a far sorridere, dove di solito si è abituati a piangere. Una comicità che esorcizza la malattia e la morte, che è sempre utile ricordare, appartiene alla vita stessa.
L’ironia e la satira non abbandonano mai i personaggi de La linea verticale; ogni brutta notizia viene filtrata dal sorriso. E dunque ogni cosa che avviene, anche la più banale, diventa occasione per ridere, come quando il simpaticissimo Gianfelice Imparato prova, con successo, a corrompere un improbabile nutrizionista, interpretato da Nello Iorio.
L’utilizzo del registro comico conferisce all’intera serie vigore, gioia e umanità. La gioia di mangiare, di bere, di vivere sereni in comunità, lasciando il proprio contributo. Il desiderio di continuare l’esistenza è troppo forte, l’intenzione di godere i più minuscoli piacere della vita persiste, così come nella poesia di Jorge Luis Borges.
La sofferenza della malattia, infine, non risulta mai gratuita. È attraverso di essa che Luigi riesce ad apprezzare, ancora di più, l’amore di Elena e viversi al meglio ogni momento, perché non sappiamo quanto, ma siamo destinati a vivere, basta fare un passo alla volta.