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Interviews

‘The Cage – Nella gabbia’ intervista con il regista Massimiliano Zanin

Il film, distribuito da Rodeo Drive, è uno sport-action movie al femminile con Aurora Giovinazzo, Valeria Solarino, Brando Pacitto, Désirée Popper, Alessio Sakara e Patrizio Oliva, con la partecipazione di Fabrizio Ferracane

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massimiliano zanin

Al cinema, distribuito da Rodeo DriveThe Cage – Nella gabbia di Massimiliano Zanin è uno sport-action movie al femminile con protagonista Aurora Giovinazzo. Giulia (Aurora Giovinazzo) è una ragazza cresciuta in una comunità di accoglienza dopo la perdita dei genitori, lavora in un piccolo zoo privato che si prende cura di animali, di proprietà del fidanzato, Alessandro (Brando Pacitto), assiduo frequentatore di una congregazione religiosa guidata dal carismatico Padre Agostino (Fabrizio Ferracane). Lei, giovane promessa dell’MMA femminile, si è dovuta ritirare dopo un tragico incidente, ma il desiderio di tornare sul ring è molto forte.

Per approfondire meglio il film e le tematiche abbiamo fatto alcune domande al regista Massimiliano Zanin.

Massimiliano Zanin e la genesi di The Cage – Nella gabbia

Vorrei partire con il chiederti il tuo legame con la MMA (arti marziali miste), dal momento che non è una disciplina così conosciuta, penso non sia stata scardinata a livello cinematografico (mi vengono in mente altri sport) anche simili, ma non questo. E perché declinarlo al femminile?

Ti rispondo prima alla seconda domanda. E ti dico che la risposta è perché ho sempre sognato di fare un film sportivo al femminile. Questo è dovuto al fatto che ho sempre vissuto un’emozione fortissima nel vedere le donne vincere nello sport. Mi emoziono a guardare lo sport al femminile, qualunque sia lo sport. Non so spiegarmelo, ma è come se vivessi quella sensazione di epica dello sport, ma solo al femminile. Insomma ho sempre avuto il sogno di fare un film così.

massimiliano zanin

Per quanto riguarda l’altra domanda ho scelto le MMA perché volevo fare un film sportivo, preferibilmente sulla lotta (inizialmente avevo scelto la lotta libera), però volevo realizzare qualcosa che parlasse del concetto di gabbia e delle gabbie che noi ci costruiamo. Volevo che il film fosse un percorso verso la libertà, per cui andare a mostrare e scardinare anche quelle gabbie interiori o esteriori che ci si costruisce, ma anche quelle che ci costruiscono gli altri (le convenzioni sociali, in questo caso la religione e l’amore). E poi volevo mostrare una storia d’amore che in qualche modo inizia a ingabbiarti e soffocarti. Questo era il concetto che volevo raccontare nel film e, volendo fare un film sportivo, la gabbia dell’MMA era perfetta: è una metafora evidente e paradossale perché la protagonista trova la sua libertà dentro una gabbia. Si libera dalle altre gabbie all’interno di una gabbia. Mi piaceva questo gioco di paradosso.

La prima scena

Entro nel vivo del film e ti chiedo una riflessione sulla prima scena. Le immagini a me sono sembrate prima fiamme e poi veli. Invece sono corpi intrecciati, ma contemporaneamente indefiniti. Non riusciamo a metterli a fuoco e, a poco a poco che viene rivelata, sembra essere una scena d’amore. Poi però si vedono i guantoni, i lividi e, quando uno dei due corpi si alza per colpire l’altro e la ripresa si sposta e inquadra dall’alto, si comprende che si tratta di una lotta. Credo sia un po’ la chiave di lettura del film: la lotta per la protagonista Giulia è comunque una forma d’amore (ma non come la intende Alessandro, il fidanzato).

Sono molto felice di quello che mi dici. Era proprio l’effetto che volevo dare. La scena è fatta con degli obiettivi particolari (macro) che deformano il fuoco solo su un punto e tutto il resto risulta fuori fuoco. Ho usato un filtro sporcato con della paraffina per dare questo effetto reale senza ricorrere a effetti speciali, ma allo stesso tempo anche un po’ onirico e indefinito perché non si doveva capire inizialmente. Infatti nella sceneggiatura c’è proprio scritto “scontro di corpi fatto di carne tremolante a rallentatore che assomiglia in qualche modo anche a un primitivo erotismo”.

Anche qui c’è una sorta di paradosso e fa capire fin dall’inizio qual è il tema del film e il fatto che sarà raccontato lo sport, ma da un punto di vista particolare. The Cage va sia in una direzione che in un’altra: è un film sportivo, ma usa lo sport per raccontare anche altro.

massimiliano zanin

In più guantoni e lividi sono elementi che è vero che caratterizzano la lotta, e quindi ci aiutano a capire il contesto. Ma secondo me possono dare una valenza ulteriore che è quella di preannunciare quello che accadrà: il prendere botte fisiche e non solo, ma soprattutto non solo nella gabbia, e lividi lasciati non soltanto dagli scontri, ma anche dalla vita.

Sì, assolutamente. Il corpo della protagonista infatti è usato molto in questo senso: lei è molto ammaccata. Sono anche le botte che ha preso dalla vita. E questo ha un significato anche allegorico.

La gabbia nel film di Massimiliano Zanin

Poi c’è naturalmente il grande tema della gabbia, della prigione che già denunci nel titolo. Penso sia abbastanza scontato definire questa gabbia come una gabbia fisica e metaforica. Vorrei, quindi, riflettere con te sul modo in cui mostri la gabbia e la prigionia. A colpire è il modo in cui rendi visivamente questo concetto, dalle sbarre della tigre, a quelle che separano Giulia dalla sua avversaria e a tutte quelle utilizzate nel film.

Ti ringrazio per aver individuato e notato questa cosa. A qualcuno ha dato fastidio ed è stata giudicata come troppo evidente. Ma io, in realtà, voglio proprio che sia così.

Il film è raccontato quasi tutto come visto dentro una gabbia. La casa, per esempio, è tutta rivestita di inferriate ed è una scelta voluta, le abbiamo montate apposta. Le gabbie dello zoo non sono solo degli animali, anche loro sono visti attraverso le sbarre, soprattutto in un dialogo sul finire. Stessa cosa per le scene della comunità (nella scena finale di Alessandro dentro la stanza della comunità lui ha il crocifisso dietro al muro e la sua testa è incastonata in una finestra con una inferriata, quindi lui è ancora in gabbia).

Si tratta proprio di un linguaggio voluto: è chiaro che è scontato, ma allo stesso tempo va letto proprio come una forma di linguaggio, una metrica del film. Questo è importante da comprendere, da capire.

Secondo me una scena importante del film è quella in cui Alessandro vede Giulia combattere con un uomo per allenarsi. Il ralenti è usato in maniera strategica e l’attenzione ai dettagli diventa importantissima. Lui, completamente accecato da quello che gli viene detto, non riesce ad andare oltre e vede tutto questo come una gabbia per entrambi. Lei cerca, invece, di farlo ragionare ma inutilmente e, al di là della triste attualità che richiama la scena in casa tra i due, ho apprezzato tantissimo la ribellione di Giulia che dimostra continuamente, anche attraverso piccoli gesti più quotidiani, la volontà di essere libera, in tutto e per tutto.

La seconda parte del film è incentrata su di lei che trova la sua strada e trova la forza di reagire e uscire da quella situazione. Per me questo è il messaggio del film, che non è femminista, o meglio lo è applicato al film, ma credo sia un messaggio universale. È difficile uscire dalle gabbie che uno si è costruito attorno.

Non solo sport e MMA

Collegandomi a questo vorrei passare all’altro tema del film. Perché in questo film, oltre allo sport, la religione ha un ruolo molto importante. La sensazione che ho avuto è che le MMA, nonostante siano centrali nella storia, non sono davvero al centro nel senso che sembrano quasi un pretesto per parlare anche di altro. Sembra tu le abbia usate come escamotage per parlare di religione e per farlo in modo anticonvenzionale (aiutato anche da un Fabrizio Ferracane davvero bravo nei panni di Padre Agostino).

Nel film quel tema era molto più pregnante inizialmente, ma ho dovuto fare delle scelte perché altrimenti il film sarebbe stato troppo lungo per cui alcune cose sono state tagliate.

Questa storia rimane, quindi, un po’ in superficie, ma, come quasi tutto il film, è qualcosa che viene mostrato per essere poi lasciato all’interpretazione.

Anche se non è presente in maniera forte, c’è, si avverte e permette di fare delle domande. Anche quella è una gabbia: io giudico la religione e la morale, che sono tutte gabbie, anche necessarie per tanti motivi, ma comunque delle gabbie. Soprattutto gabbie costruite da altri uomini. Quindi c’è in me una sorta di volontà di ribellione che inevitabilmente passa attraverso la narrazione.

Mi è piaciuto che sia stato inserito in un modo insolito che, condivisibile o meno, calza a pennello. Il modo in cui lo hai declinato lo rende una gabbia a tutti gli effetti e si presta perfettamente. Leggendo la scheda del film ci si aspetta solo sport e invece…

Sarebbe stato facile fare di Alessandro un musulmano; sarebbe stato più scontato. Così facendo mi sono creato una difficoltà da solo, però, al tempo stesso, è stato più interessante giocare su questo registro. Anche perché la religione preponderante in Italia, quella cattolica, è comunque secolarizzata e si può imporre in maniera più blanda. Nel caso del film richiama l’idea di setta, ma non completamente. Allo stesso tempo in maniera così infima, sotterranea cerca di manipolare.

Quello di Massimiliano Zanin è un film di opposti

Legandomi a queste due tematiche mi sento di definire il tuo film come un film di opposti. Da una parte c’è la contrapposizione tra la fisicità della lotta e l’astrattismo della fede, dall’altra, appunto, lo sport e la religione. Tutto è in netta contrapposizione, niente è lasciato al caso, anche gli allenatori, il modo di allenare, le atlete. E questa contrapposizione è incarnata alla perfezione dai due protagonisti, agli antipodi nonostante tutto e nonostante il legame che hanno.

Sono d’accordo. Lo è sicuramente e questo deriva anche un po’ dalla densità della storia e dai tanti argomenti e sub plot. Serviva inserire cose chiare e facilmente comprensibili. Usando gli opposti questa cosa è più immediata, anche se a livello inconscio. Ma non è stata una scelta solo volontaria, anche inconsciamente in fase di scrittura questa cosa è arrivata.

I protagonisti e gli altri interpreti

A proposito di questo, quindi, come hai scelto i protagonisti e in che direzione sei andato con loro? Aurora Giovinazzo è sicuramente uno dei talenti (nemmeno più così tanto emergente) che risulta credibile nei ruoli della ragazzina, ma è più che convincente in questo film dove, a dare un’importanza maggiore, è anche la fisicità che lei mette a disposizione e che viene plasmata alla perfezione. Dall’altra parte c’è Brando Pacitto che qui, anche fisicamente, ha lo scopo di distaccarsi da Aurora ed è, sia fisicamente che “moralmente”, imbruttito, incupito, appesantito rispetto a lei.

Certo perché lei ha un sogno e una strada e sa che riuscirà a percorrerla, lui invece no e avverte che tutto ciò che vorrebbe non riesce ad averlo ed è più cupo. E devo dirti che non è stato facile trovare qualcuno adatto a questo ruolo. Alla fine, dopo tantissimi provini, ho scelto Brando Pacitto perché ha una fisicità (con la quale ha giocato) che rispecchiava molto questo personaggio e comunque lui ha fatto veramente un grande lavoro su Alessandro.

La scelta di Aurora Giovinazzo è stata immediata. Ho visto subito che lei era adatta al ruolo, fisicamente ha una risposta pazzesca. Poi lei è una campionessa del mondo di balli caraibici: le mostri una coreografia di un match ed è in grado di rifarla subito uguale. E poi è molto brava.

In generale posso dire che ho avuto una risposta dagli attori incredibile, una grande soddisfazione. Tutti hanno creduto tantissimo nel progetto: Aurora ha fatto un corso intensivo, mesi di preparazione fisica e lezioni di MMA. E sono contento anche perché ho avuto un riscontro positivo sulle scene sportive. Questo perché c’è stato un grosso lavoro da parte di tutti.

E, infatti, volevo chiederti anche degli altri interpreti e degli addetti ai lavori che conoscono molto bene la disciplina. Com’è stato averli accanto? Quanto è stato importante il loro contributo?

Come dicevo c’è stato un grande lavoro da parte di tutti. Da Desirée Popper, che nasce come modella, e che ha lavorato tanto, ad Alessio Sakara, grande atleta di MMA che è stato il primo italiano a combattere a New York. E poi Patrizio Oliva, grandissimo atleta e campione. Il loro apporto è stato importantissimo.

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Ma è stato importante anche il lavoro fatto dagli altri attori. Fabrizio Ferracane è un attore stupendo, sconvolgente, di una bravura incredibile anche se purtroppo il suo ruolo è stato molto ridotto. E lo stesso devo dire di Valeria Solarino, arrivata una settimana prima delle riprese, si è preparata come una pazza, anche se non convinta di poter fare questo ruolo. Era dubbiosa e preoccupata, anche perché non ha un fisico da lottatrice, ma piuttosto elegante. Alla fine, però, abbiamo visto quanto è brava.

La lotta

A proposito delle scene di lotta che hai citato volevo sottolineare il fatto che la sensazione che si ha vedendole è che siano vere e realistiche, a differenza di quello che succede in film del genere dove si punta molto su quei momenti spesso enfatizzandoli, anche al limite del reale. E poi mi è piaciuto molto il fatto che le MMA siano forse la disciplina perfetta per raccontare quello che volevi raccontare con questi corpi che si avvinghiano e intrappolano a vicenda come a creare un’ulteriore gabbia.

Era proprio quello che volevo fare dandogli un aspetto sia realistico che onirico. Anche se ci sono poi delle parti visionarie con un ritorno al passato, allo scontro che Giulia ha perso e poi c’è il parallelismo con le tigri.

Riferimenti e citazioni di Massimiliano Zanin

Hai avuto dei riferimenti per questo film?

Tutti mi dicono Million Dollar Baby, ma io non la penso così. È vero che parla di una ragazza che fa boxe, di un riscatto, ma non mi sembrano così simili i due film. E poi: magari fosse quello! (ride, ndr).

Io il film di Clint Eastwood lo avevo visto quando era uscito in sala e non me lo sono riguardato per realizzare The Cage proprio per non essere influenzato. E, secondo me, ci sono delle differenze. Hilary Swank, per esempio, non fa un percorso verso la libertà, ma semplicemente insegue un suo sogno. Poi è chiaro che gli stilemi del genere ci sono.

Ma se dovessi dire un titolo, per me ricorda più Rocky. Lui, come Giulia, vive ingabbiato in una società e in un lavoro che lo rifiuta e alla fine è un personaggio molto drammatico.

Più che riferimenti ho, invece, inserito una citazione-omaggio a una scena di Toro Scatenato di Martin Scorsese.

Sul legame con Million Dollar Baby, secondo me, il tuo The Cage si discosta perché, oltre a far cercare a lei la libertà, è un po’ una rivalsa per tutti. Senza fare spoiler c’è una scena che dà un segnale positivo anche a lui, o almeno, secondo me, è da leggere in chiave positiva.

Certo, quella è la sua catarsi. Quello che fa lui lo puoi capire e comprendere.

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli

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The Cage - Nella gabbia

  • Anno: 2024
  • Distribuzione: Rodeo Drive
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Massimiliano Zanin
  • Data di uscita: 22-February-2024