Una vasta prateria circondata da montagne che si estendono a perdita d’occhio fino a coprire l’orizzonte. Qua e là, senza un ordine apparente, uno stuolo di obelischi di pietra piantati nel terreno testimoniano un passato ormai dimenticato. E proprio lì, tra il grigio di quei resti e il verde-giallo dell’erba bruciata dal sole, le sagome di due ragazzini si muovono a passo svelto trascinando secchi pieni di attrezzi. Uno di loro ripete ad alta voce come una cantilena tre parole: salute, ricchezza e felicità.
The Strait si apre così, mormorando fin da subito i temi che caratterizzeranno i trenta minuti necessari a raccontare la storia di Ahmad e Reza, due ragazzini che vogliono comportarsi da adulti senza dover per forza crescere, perché come dirà proprio uno di loro
“prima cresci, prima muori”
L’opera è il secondo cortometraggio fiction, dopo Mandali, del regista iraniano Meghdad Jalali, che ne ha curato anche la scrittura e la produzione. Dopo un giro nei festival di Mosca, Dhaka e Rhode Island, in questi giorni approda anche in concorso al Riff – Rome Indipendent Film Festival.
Trama
Ahmad e Reza sono due ragazzini iraniani molto diversi tra loro. Forte e deciso il primo; docile e insicuro il secondo.
Nonostante queste differenze, però, i due sembrano legati l’uno all’altro da una profonda e sincera amicizia, rafforzata tra l’altro dalla condivisione di un desiderio: diventare ricchi ed emergere così dal contesto sociale in cui vivono, chi per poter aiutare i propri genitori in difficoltà, chi semplicemente per fuggire il più lontano possibile dal suo passato.
Quando i due ragazzini fanno la conoscenza di Kamal, un logoro cercatore d’oro consumato dal tempo e dai fallimenti, si convincono che l’occasione della loro vita sia rappresentata dal tesoro che quest’ultimo è convinto di poter trovare grazie a una vecchia mappa. Contro il parere e i consigli degli altri adulti che li circondano, i due ragazzini decidono quindi di imbarcarsi in una lunga ed estenuante ricerca nel deserto.
Salute, ricchezza e felicità
The strait è un’opera che rientra negli schemi più classici del film coming-of-age, una storia di formazione che mette in scena tutte le caratteristiche del genere, sia per quanto riguarda i temi trattati, sia per le dinamiche narrative con cui viene portata avanti la vicenda.
La storia di Ahmad e Reza parla di fame, di quella voglia di riscatto tipica degli ultimi che vogliono emergere dall’insopportabile contesto sociale che li circonda, e che per farlo sono disposti a tutto, perfino a spingersi nei meandri più profondi e sporchi della terra.
Parte proprio da questa volontà di emancipazione dei due protagonisti per raccontare una storia che va poi a toccare gli altri temi tipici del genere di riferimento, quelli dell’amicizia e dello scontro generazionale, finendo però per risultare troppo spesso didascalico e semplicistico nei modi.
Chiariamoci, la sceneggiatura non risulta mai scritta male o spiacevole, anzi i trenta minuti scorrono piuttosto bene, ma lo fanno senza mai mostrare, almeno sul fronte narrativo, quel guizzo creativo in più che avrebbe reso la vicenda di The strait più incisiva, appoggiandosi su elementi fin troppo classici senza reinventarli, arricchirli o aggiungere qualcosa.
Parlando invece della componente visiva, il discorso cambia completamente. Fin dal primo secondo del cortometraggio la bellezza della natura iraniana riempie lo schermo con maestosità, creando nello spettatore una serie di suggestioni a cui è difficile rimanere impassibili. Tutte le location, dai pochi scorci cittadini, passando per le montagne e i deserti iraniani, fino all’insenatura desertica da cui prende origine il titolo, hanno un fascino ammaliante, e alla fine dei conti rappresentano probabilmente l’elemento più rappresentativo dell’opera.
Conclusioni
The strait è un cortometraggio piacevole e interessante, sostenuto da una prova attoriale particolarmente convincente e da un comparto visivo capace di regalare numerose suggestioni. Purtroppo qualche semplicità di troppo nella sceneggiatura ne depotenzia la personalità complessiva, impedendogli di spiccare quanto avrebbe potuto.