La voluntaria (2022) di Nely Reguera è un altro interessante tassello che compone Iberiana, focus che quest’anno il MedFilm Festival ha dedicato alla Spagna. E il film della Reguera è anche un altro vivido ritratto femminile in lotta con quanto le sta intorno.
Certamente tra quelli presentati nel suddetto focus, è quello più legato al Mediterraneo di oggi. Una storia di profughi e ONG, che fanno da sfondo a questa storia umana tra un’anziana donna europea e un bambino del medio oriente.
La volontaria, la trama
Marisa (Carmen Machi), una dottoressa da poco pensionata, per sfuggire alla sua routine insignificante, si offre come volontaria in Grecia per lavorare con i bambini rifugiati.
Ma quando è lì, Marisa si rende conto che per la gestione del campo profughi è più importante rispettare le regole del sistema piuttosto che aiutare davvero.
María, donna tenace e umana
Secondo lungometraggio per la regista catalana Reguera. Scorrendo la sua filmografia, si scorge la sua attenzione verso le figure femminili che si ritrovano improvvisamente di fronte una realtà nuova, complessa.
In María (y los demás) (2016) la protagonista era una ragazza trentenne che doveva affrontare una vicenda familiare. Qui, invece, María è una donna in pensione, volenterosa, che sbatte contro le ferree regole delle associazioni del volontariato.
La voluntaria non vuole però essere espressamente un film denuncia contro gli intrichi burocratici, le difficoltà comprensive tra ONG e profughi. Tutto questo resta alla base, sebbene ben visibile. Quello che interessa alla regista, coadiuvata in fase di sceneggiatura da Eduard Sola e Valentina Viso, è la protagonista María.
È una donna di un’altra epoca, che ha vissuto, essendo stata dottoressa in un ospedale spagnolo, appieno le difficoltà burocratiche e sanitarie di una nazione. Ha conosciuto da vicino le problematiche delle persone, che avevano bisogno d’aiuto.
Piuttosto che fuggire da quel passato, e vivere una tranquilla pensione come fanno molte sue amiche, si è rimessa in gioco accettando di collaborare per una giusta causa. María è un’idealista, probabilmente non una vera e propria guerrigliera, però lotta per portare avanti le sue azioni.
Il rapporto con Ahmed, un bambino orfano i cui genitori sono morti in guerra, va oltre il classico aiuto umanitario. María, prima ancora di essere una volontaria e una dottoressa, è una madre che vorrebbe ancora donare amore materno. I suoi tre figli sono sparsi per il mondo, e se due di loro rispondono alle sue videochiamate, benché sempre in maniera sbrigativa, il terzo non compare mai.
L’itinerario burocratico che compie per tentare l’adozione di Ahmed, mostra soprattutto le complicazioni relazionali tra lei e lui. In quei giorni di attesa burocratica e di fuga dal campo profughi (María è scappata con Ahmed di nascosto), deve constatare che non è in grado di poter gestire il bambino. Ci sono difficoltà comunicative tra loro, e non basta fare doni ad Ahmed per mostrare affetto e vicinanza.
Ed è questa parte del film che fa comprendere come, sebbene il modus operandi di una ONG possa essere criticabile (la distanza emotiva tra operatori e profughi vista come un superficiale aiuto), l’operato di queste associazioni sia funzionale.
L’efficacia de La voluntaria, che ci mette allo stesso livello emotivo della protagonista, una brava Carmen Machi, è quello di aver scelto una regia che privilegia la macchina a spalla. Un espediente registico che rimanda anche all’operosità e allo spirito combattivo di María.