Al Figari International Short Film Festival, di cui siamo media partner, verranno proiettati cortometraggi, dal 26 giugno al 1° luglio, provenienti da tutto il mondo, nel primo mercato audiovisivo internazionale.
Il cortometraggio di Manuele Trullu in programma il 27 giugno è un tragico e toccante omaggio alla potenza delle emozioni umane, quelle pulsioni dell’inconscio, che portano gli uomini a commettere azioni sconsiderate, atroci, a loro modo eroiche, pur di soddisfare questa urgenza.
TRA STORIA E CINEMA
La vicenda del conte Ugolino della Gherardesca è il filtro perfetto per esemplificare questa forza primordiale. Pur trattandosi di un evento storico, ripreso dal classico per eccellenza della letteratura italiana, Trullu non indugia in facili pedagogismi o citazionismi; anzi, è riuscito a dare un toccante realismo alle personalità dei protagonisti, e allo stesso tempo, a cogliere l’introspezione psicologica dantesca.
Lodevole è la scelta di focalizzarsi su inquadrature ristrette, in particolare i primi piani, che ricordano la Passione di Giovanna D’arco (Francia, 1928) di Dreyer. I volti degli attori diventano il motore della storia, un terreno di battaglia tra i personaggi e loro stessi.
Gli eventi che hanno portato all’arresto dello sciagurato conte sono già avvenuti prima che iniziasse il racconto, che va a ritroso nel tempo, iniziando coi due rivali all’inferno e concludendosi con l’avvenimento che ha causato la loro dannazione.
I PROTAGONISTI
Tutto si svolge nel conflitto esistenziale di Ugolino, consapevole dei peccati commessi (tradimento della fazione ghibellina a Pisa e omicidio del figlio dell’arcivescovo), ma anche di non essere stato ignavo, di aver deciso della propria vita, di non essere stato schiavo fisico o morale d’altri: “Sono stanco delle leggi dello spirito, perché io sono nella carne, nel mio corpo, venduto al peccato”.
Ma anche l’antagonista non è esente da complessità psicologica: Ruggeri desidera con tutto sé stesso far soffrire il Gherardesca, condannando assieme a lui anche i suoi quattro figli, pur essendo innocenti. Ma comprende appieno la negatività di questa pulsione peccaminosa e si chiede se sia ciò che desidera veramente: “Forse è il peccato che mi governa. Non compio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio”.
ESTETICA SCENOGRAFICA
A un occhio poco attento, potrebbe sembrare che il regista sardo non abbia voluto descrivere l’ambiente storico, astraendolo, semplificandolo nei puri elementi drammatici. Ma in realtà, si tratta di una oculata strategia per nascondere le ristrettezze di un budget, che non avrebbe potuto rappresentare fedelmente la grandezza della Pisa marinara nella sua interezza, o grandi scene delle battaglie che Ugolino combatté, le quali avrebbero richiesto troppe comparse e costumi.
Comunque, il trucco, i costumi, gli oggetti di scena e gli interni, evocano comunque l’anima dell’Italia medievale, lacerata dai conflitti tra guelfi e ghibellini. L’unica nota dolente è la scelta musicale del pianoforte, che nella sua posteriorità, rovina in parte l’atmosfera, quando ci sono molti brani medievali liberi dal diritto d’autore, da cui si sarebbe potuto attingere.
Niente sa di posticcio, anzi, nel loro minimalismo, l’aridità delle celle con muri a secco, il paesaggio vuoto e desolato dell’unica scena in esterno giorno, evocano la crisi umana ed esistenziale intorno a cui ruota la trama. Il regista ha puntato alla qualità sulla quantità, all’espressione artistica sulla maniera.
REGIA
Ma Trullu dimostra anche di essere capace di composizioni visive più elaborate: l’inquadratura del conte nella sua cella, circondato dai figli quasi morti, illuminato dall’alto dalla luce del giorno, mentre sente i rumori degli uccelli sul tetto, materializza in un’unica immagine la distanza dal paradiso perduto e il baratro in cui sta sprofondando l’anima di Ugolino. L’unica differenza con l’inferno che lo attende è proprio quel flebile filo di speranza, rappresentato da questi dettagli.
Non c’è nulla di teatrale in Ugolino, tutto sa di cinema: la luce rossa che evoca l’inferno dantesco nel prologo, gli intensi primi piani, i segni delle frustate, i corpi scheletrici dei condannati.
L’inferno non è un semplice luogo fisico, ma un’idea, una maledizione che brucia gli esseri umani da dentro, li corrompe partendo non da tentazioni esterne e materiali, ma dalle pulsioni dell’inconscio. Ugolino e Ruggieri sono stati destinati a divorarsi a vicenda dal momento in cui si sono abbandonati ad esse.