La più grande minaccia che i nostri due eroi (tra molte fila di virgolette) hanno mai affrontato fa da antipasto al finale di serie della prossima settimana, entrambi disponibili su HBO e Sky (disponibile on demand e sul canale Sky Atlantic). Nell’episodio 8 della serie di The Last of Us, la sceneggiatura è scritta da Neil Druckmann e Craig Mazin e accompagnata dalla regia d’eccezione di Ali Abbasi, talentuoso regista del recente Holy Spider e del pluripremiato Border – Creature di Confine.
The Last of Us: la trama dell’episodio 8
Dopo aver chiuso la ferita di Joel (Pedro Pascal), Ellie (Bella Ramsey) esce nella tundra invernale alla ricerca di cibo e medicine. Mentre è sulle tracce di un cervo ferito, fa la conoscenza di James (Troy Baker, l’originale Joel nel videogioco omonimo) e David (Scott Shepherd), l’enigmatico capo di un gruppo di sopravvissuti che vive non molto lontano da lì. L’incontro tra i tre porterà fuoco e fiamme non solo sulle loro vite, ma anche sull’intera esistenza della comunità.
Il seme del male dentro di noi
Arrivati a meno di un episodio dalla fine, risulta quasi superfluo ribadire il valore enorme che porta con sé la serie di The Last of Us. E, di conseguenza, anche ribadirne l’ottima validità in tutte le sue componenti narrative e non.
Probabilmente, in attesa dell’ultima puntata che potrebbe ribaltare quest’affermazione, siamo di fronte all’episodio di maggior qualità che la serie ha sfornato finora. Lo si riconosce dalle prime battute di puntata, dove, in una decina di minuti, l’ottimale scrittura di Druckmann e Mazin si lega perfettamente alla morbosa regia di Ali Abbasi.
Abbiamo, da una parte, la comunità di sopravvissuti di Silver Lake, costretti alla fame dal gelo invernale, e dall’altra i soli Joel ed Ellie, col primo bisognoso di cure immediate. Sarà quindi Ellie a caricarsi il peso della via di Joel sulle spalle, continuando lo scambio di ruoli già visto nella precedente puntata.
Due gruppi differenti, legati tra loro senza però saperlo, e con un unico obiettivo: sopravvivere, costi quel che costi. Non ha importanza se è necessario agire contro un’etica propria o tramandata dai tempi ormai assenti, o sacrificare ciò che ci è più caro, la nostra umanità.
The Last of Us non fa distinzioni tra azioni buoni o cattive, persone buone o cattive, verità buone o cattive. Nella sopravvivenza ciò che si può vedere è un’enorme chiazza rossa, miscuglio di vite andate perse e persone che cercano di stare a galla per non affogare nelle acque torbide.
Episodio 8 di The Last of Us: David ed Ellie
Con Joel pervenuto solo in un secondo momento, il palcoscenico della puntata viene dato in mano a David, il capo dei sopravvissuti, e una Ellie in versione cacciatrice. Personaggio carismatico, quello di David; leader dei sopravvissuti che ha trovato la propria salvezza nelle parole della Bibbia proprio dopo la sua caduta iconoclastica, e trova il suo senso vitale nel mantra “tutto accade per un motivo”.
A completare questa dicotomia abbiamo la versione più aggressiva e spietata di Ellie, figlia della personalità e degli insegnamenti di Joel, ma anche frutto di momenti del suo passato. Un personaggio che ormai non vive più di quell’innocenza e bontà che la definivano nei primi momenti della serie, e che, ormai, per lei, rappresentano più un ostacolo che altro.
I due si scontrano, si avvicinano, si parlano, si scontrano di nuovo, sempre immersi in quella grande pozzanghera rossa dove si mischiano le buone e le cattive intenzioni. Entrambi si ucciderebbero per sé stessi o per le persone a cui tengono, entrambi hanno oscurità nel proprio passato e nei propri segreti, e il finale di puntata ne è l’emblema.
In una sorta di ultimo combattimento <<all’Inferno>>, il lato peggiore di entrambi affiora nella sua apoteosi e ne mostra inconsapevolmente il lato più innocente, più debole che ormai sembra sparire nel fumo del legno che brucia.
La mano ossessiva di Abbasi
Fino a ora, nessun regista delle precedenti puntate aveva lasciato un’impronta così delineata nella propria messa in scena come Ali Abbasi. Non è facile notare un cambiamento del registro quando si parla di regia nelle serie, che, nella maggioranza dei casi, mantengono sempre delle linee guida nella loro realizzazione.
Ma è nelle piccole cose e nei momenti di maggiore tensione che l’abile mano del regista iraniano si vede e non poco. Partendo proprio dai già accennati momenti di incontro/scontro tra David ed Ellie, recitati strepitosamente da Scott Shepherd e dalla migliore Bella Ramsey vista finora.
Non solo la guida nella messa in scena attoriale sente l’influenza dell’autore di Holy Spider, ma anche nella temporalità delle scene, che risulta più allungata e in grado di guidare l’azione verso una tensione ancora più maggiore. La lentezza che si potrebbe sentire non ne diventa un difetto, ma un veicolo aggiuntivo nel viaggio verso l’escalation narrativa finale.
Ma non finisce lì. Il freddo ambiente dell’inverno canadese permette a Abbasi di realizzare scene di grande ispirazione ai fratelli Coen, regalandoci squarci di finzione cinematografica alla Fargo, dove il sangue sparso sulla neve sembra quasi scintillare. Solo una sequenza finale, forse troppo affrettata, ridimensiona l’efficacia di una puntata di grande regia, recitazione, fotografia e chi più ne ha più ne metta.
Ora si attende con impazienza l’ultimo episodio di The Last of Us, diretto ancora una volta da Abbasi, e che promette scintille per la serie che ha tutte le carte in regola per cambiare il modo di fare intrattenimento seriale.
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