Arriva in sala Black Bag, il 34esimo film di Steven Soderbergh scritto da David Koepp (alla terza collaborazione con il regista dopo Presence e Kimi), una spy story dal profumo bondiano prodotta da Casey Silver Productions e Focus Features e distribuita da Universal Pictures .
Black Bag – Doppio Gioco – la trama
La spia dell’MI6 George Woodhouse (Michael Fassbender) viene incaricata dal suo capo Meacham (Gustaf Skarsgård) di scoprire quale tra cinque membri dei servizi possa essersi impadronito di un virus informatico capace di far fondere le centrali nucleari. Tra i sospettati ci sono ci sono due coppie formate da Marisa Abela + Tom Burke e da Naomie Harris + Regé-Jean Page, oltre alla moglie di Woodhouse, Kathryn (Cate Blanchett). George è in confidenza con tutti loro e, per capire di chi potersi fidare, occorreranno capacità interazionali che sembrano non appartenere al suo gelidissimo carattere.
Black Bag – Doppio Gioco – il trailer
Una workplace romcom vestita da intrigo di spie.
Sotto il pesante glamour che riveste i bellissimi protagonisti di Black Bag si cela una rom-com da ufficio truccata da spy story. La trama è essenziale: un oggetto pericolosissimo è stato rubato da una spia doppiogiochista, le altre dovranno capire in tempo chi è. Queste dovrebbero essere soggetti selezionati per essere infallibili, ma sono rallentate dalla vanità. Come se volessero ostentare lo status di agenti più che esserlo. Tutti si vestono con capi di alta moda e vivono in abitazioni lussuosissime, come borghesi ultra-benestanti più che agenti in prima linea. La vita in sottrazione diventa un fastidio. A sottolineare che siamo di fronte a simulacri di spie, sottilmente il cast è anche composto da due attori che sono stati dei rumoured James Bond (Fassbender e Page) e uno che lo è stato (Pierce Brosnan). Inoltre, sono centrali i rapporti tra ben tre coppie formate da colleghi, pur non essendo un mestiere adatto all’intimità. A tal proposito arriva in soccorso il titolo al film: black bag è una espressione-ombrello per censurare tutto quello di cui non si può parlare.
Le spie a cui non andava.
La sensazione principale che lascia Black Bagè quella di veder rappresentato un contesto di individui dalle altissime capacità, ma al contempo insofferenti nelle maglie dell’etichetta. Anche nell’apparato di sicurezza nazionale si annidano de-responsabilizzazione ed egocentrismo propri dei comuni mortali. L’unico che agisce in modo lucido (ma atarassico in modo patologico) è George, tant’è che è l’unico di cui Meacham si fidi. Tutto il film è costituito dalla dissezione chirurgica delle relazioni personali della sua cerchia, con il risultato che isolando tutte le personalità dei protagonisti emergono tutte le caratteristiche della spia da romanzo di Ian Fleming (passionale ma razionale, generoso ma calcolatore).
Soderbergh con Black Bag puntella ancora una volta una carriera solidissima.
Nella carriera di Soderbergh, uno che ha sempre fatto lo slalom tra un cinema tradizionale e sperimentale, Black Bag si pone come un’ottima sintesi. All’interno di una spy story convenzionalissima riflette sulla dissezione delle nostre vite sotto gli occhi meccanici, i soli in grado di giudicare il mondo oggettivamente, quando non manipolati dall’uomo. Una tale oggettività potrebbe appartenere un cyborg come George, un uomo modellato dal rispetto del protocollo. Cate Blanchett è il perfetto contraltare, femme fatale che piega le regole per i suoi scopi, muovendosi con indecifrabilità negli angoli morti. Tutta questa eccellenza si rende sprecata in un contesto il cui potere è in mano ai mediocri, quasi come Soderbergh ironizzasse sulla nostra disponibilità di occhi e saperi. Black Bag in apparenza può sembrare il pigro esercizio di stile di un grande autore, ma è un riuscito pamphlet su come solo un’adeguata sinergia tra mezzi e persone può salvaguardare la società.