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Lucio Dalla 4-3-1943, il suo personale contributo al cinema

L'artista bolognese quest'anno avrebbe compiuto 80 anni. Tante canzoni, tra cui diversi capolavori, e anche interessanti, e a volte proficue, collaborazioni con il cinema.

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Lucio Dalla

Con questo approfondimento non si vuole tracciare un esaustivo profilo artistico di Lucio Dalla, poiché ampio, variegato e già trattato in monografie, documentari e finanche Greatest Hits, ma mettere in evidenza il suo rapporto con il cinema, anch’esso di peso e, a volte, fruttuoso.

Nato il 4 marzo 1943, data che darà il titolo a uno dei suoi capolavori musicali, Lucio Dalla ha una impostazione prettamente jazz, che inserirà sovente anche nelle canzoni di musica leggera. Una sua peculiarità era quella di aver creato un personale scat, ossia l’imitazione con la voce fraseggi degli strumenti musicali.

Lucio Dalla morì improvvisamente per infarto, il 1º marzo 2012 a Montreaux. La sera prima si era esibito al Montreaux Jazz Festival, una delle più rinomate kermesse dedicate al jazz. Per beffarda ironia della sorte, l’ultima esibizione lo vide protagonista sulla scena jazz.

In oltre cinquant’anni di carriera, suddivisibile in differenti periodi, Lucio Dalla ha scritto tantissime canzoni, alcune  pietre miliari della musica. Le più note, oltre alla già citata 4/3/1943: Il cielo, Piazza grande, Nuvolari, Come è profondo il mare, Disperato erotico stomp, L’ultima luna, L’anno che verrà, Balla balla ballerino, Futura, Telefonami tra vent’anni, Caruso.

Piacere sono Dio!

Mi piaccio solo io!

Nascosto nello spazio,

triangolo con l’occhio.

[Psichedelia, Elio e le storie tese feat. Lucio Dalla]

Lucio Dalla

Pupi Avati regista per “colpa” di Lucio Dalla

Un aneddoto su Pupi Avati, è quello che riguarda il passaggio dietro la macchina da presa dopo aver fatto l’assistente al film Satanik (1968) di Piero Vivarelli. Rimasto sconcertato da quanta approssimazione regnava durante la realizzazione del film, si convinse che lui non avrebbe potuto fare di peggio.

Ma il passaggio al cinema avrebbe anche un antefatto, ugualmente gustoso. La prima passione di Pupi Avati è la musica, in particolare il jazz, che poi omaggerà amorevolmente con la miniserie Jazz Band (1978), la miniserie Dancing Paradise (1982), il documentario televisivo Accade a Bologna (1983), la Sit-com È proibito ballare (1989) e l’ambizioso biopic Bix (1991), sul clarinettista bianco Bix Beiderbecke.

Avati, tra il 1959 e il 1962, era un provetto clarinettista per la Doctor Dixie Band, ma ripose lo strumento nella custodia quando entrò nella band Lucio Dalla:

Il mio sogno era diventare un grande clarinettista jazz, ma un giorno nella nostra band arrivò Lucio Dalla. All’inizio non fu una preoccupazione per me, perché mi sembrava un musicista molto modesto. Invece poi ha mostrato una duttilità, una predisposizione, una genialità del tutto impreviste. Mi ha zittito e messo nell’angolo.

Benché Pupi Avati ammiri l’arte musicale di Lucio Dalla, e che casualmente, quanto proficuamente, lo sposti dall’arte musicale all’espressione cinematografica, la collaborazione tra i due si è manifestata soltanto in due pellicole di Avati.

Lucio Dalla ha composto per il concittadino e amico soltanto due colonne sonore: Gli amici del bar Margherita (2009) e Il cuore grande delle ragazze (2011).

Molto più interessante, curiosa e divertente, invece, la partecipazione come attore al film grottesco La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone (1974). In questa pellicola, dal titolo già balzano, Lucio Dalla interpreta un piccolo ruolo, quello di un irsuto contadino bolognese, dal nome Fava, super arrapato, che vorrebbe approfittare quanto prima della prorompente prostituta nera portata nel paesello dal magnaccia Checco “Biancone” Coniglio (Paolo Villaggio).

Lucio Dalla

Le colonne sonore

Oltre alle già citate colonne sonore curate per Pupi Avati, Lucio Dalla ha musicato altri film, per un totale di tredici soundtrack. La più nota, certamente, è quella di Borotalco (1982) di Carlo Verdone. Benché non presente nel film (escludendo un ritaglio di scene riprese da un concerto), Lucio Dalla è il terzo protagonista, dopo Verdone e Eleonora Giorgi.

Dalla è un mito per la protagonista Nadia, che, dopo essersi intrufolata rocambolescamente nella sua roulotte, gli lascia persino una canzone scritta da lei. Lo score del film è firmato dagli Stadio, neogruppo che fu supporter nei tour di Dalla, e dallo stesso artista bolognese. Brano hit è Grande figlio di puttana

La gente tutto ti perdona (Perché dicono)

“Guarda come suona la chitarra

Quel grande figlio di puttana”

La canzone, del repertorio degli Stadio, è stata scritta da Dalla, e dedicata al virtuoso chitarrista Ricky Portera, che poi lo seguirà negli anni a seguire nei vari tour. Nel film ci sono anche brani classici di Dalla: L’ultima luna (durante i titoli di testa) e Meri Luis (presente solo attraverso gli accordi di basso iniziali, nella scena in cui Sergio attende Nadia sotto lo stabile di Manuel Fantoni).

Presenti anche Cara e Futura, ambedue nell’album Dalla (1990). Invece il famigerato spartito musicale che Nadia lascia a Dalla, lo sentiremo nel pre-finale del film: è la canzone Un fiore per Hal, con testo di Lucio Dalla, musiche di Fabio Liberatori (Stadio) ed è cantato da Ricky Portera.

Altra colonna sonora interessante è quella per I picari (1987) di Mario Monicelli. Film, appunto, picaresco che tentava di recuperare, non riuscendoci, le atmosfere straccione de L’armata Brancaleone (1966). La sigla conferma la bravura di Dalla nel saper unire il folklore europeo con un sound pop.

Più interessanti ma sfortunate le soundtrack per Il frullo del passero (1988) di Gianfranco Mingozzi e per Pummarò (1990), esordio alla regia di Michele Placido. E molto più raffinata la musica composta per Al di là delle nuvole (1995) di Michelangelo Antonioni e Wim Wenders. Musica minimalista, soltanto strumentale.

Innovativa e scattante la canzone composta per l’episodio Il santo soglio, nel film Signore e signori, buonanotte (1976) di Age, Benvenuti, Commencini, De Bernardi, Loy, Maccari, Magni, Monicelli, Pirro, Scarpelli, Scola. Questa pellicola a episodi è incentrata su una giornata di programmazione televisiva.

Il santo soglio è un fantasioso sceneggiato che Luigi Magni realizza come fosse una parodia dei suoi film papalini. L’episodio è commentato dalla canzone Alleluja, che recupera il canto liturgico mischiandolo con un sound sincopato, e dove Dalla fa gran sfoggio ironico del suo scat.

A queste colonne sonore va aggiunta una postilla. Non è uno score filmico, ma per almeno una generazione di spettatori la canzone è stato il leitmotiv di apertura di molti film. Su Rai Uno, dalla seconda metà degli anni Ottanta, il lunedì in prima serata c’era l’immancabile Lunedifilm. Venivano programmati i grandi film, usualmente Prime tv.

Per aprire il programma Lunedìfilm, come sigla venne scelta la canzone strumentale Lunedì cinema degli Stadio, presente nell’album Canzoni alla radio (1986), in cui Lucio Dalla, oltre a suonare il clarinetto, si esibisce in un spumeggiante scat.

Lucio Dalla

Lucio Dalla attore

Quello che realmente affascina del rapporto tra Dalla e il cinema, però, è la sua carriera – breve – di attore. Se si dovesse usare un aggettivo, il più adatto sarebbe “stravagante”, perché ha impersonato prevalentemente ruoli strampalati.

A differenza di molti altri cantanti della sua generazione, Lucio Dalla non è mai stato protagonista di un musicarello. Sia perché nel momento massimo di produzioni di suddetto genere Dalla non era ancora in cima alle classifiche, e sia perché… non aveva il phisique du role, come ad esempio i belli Gianni Morandi, Little Tony, Bobby Solo, Mal oppure Rocky Roberts.

Partecipò soltanto a due musicarelli, ma nelle vesti di se stesso. I ragazzi di bandiera gialla (1967) di Mariano Laurenti, in cui idolo da lanciare era Gianni Pettenati (con la canzone che da il titolo al film). Quando dico che ti amo (1967) di Giorgio Bianchi, con protagonista il belloccio Tony Renis, e nel quale Dalla canta Passerà passerà e Bisogna saper perdere.

Differenti i film Juke Box che interpretò agli esordi, prodotti collage composti da differenti episodi aventi protagonisti cantanti o gruppi da lanciare. Spesso i singoli episodi erano proto-videoclip. In Questo pazzo, pazzo mondo della canzone (1965) di Bruno Corbucci e Giovanni Grimaldi, l’artista bolognese canta Ma questa sera.

Prodotti similari furono: Altissima pressione (1965) di Enzo Trapani e Per un pugno di canzoni (1966) di José Luis Merino. Menzione a parte per lo stravagante musicarello Little Rita nel West (1967) di Ferdinando Baldi, con protagonista Rita Pavone, che tra i cantanti italiani è stata quella a cui hanno imbastito trame bizzarre.

Il film di Baldi sarebbe uno spaghetti western con tutti i crismi, con ambientazione e attori (Terence Hill, Fernando Sancho e Gordon Mitchell) del genere, ma condito con stacchi musicali coreografati (alla bell’e meglio) e scenette comiche. Nel film, Lucio Dalla interpreta il bislacco Francis Fitzgerald Grawz, amico d’avventure di Little Rita.

L’unica altra volta in cui Dalla interpreterà un film musicale, sarà il film concerto Banana Republic (1979) di Ottavio Fabbri, che sintetizza, con aggiunta di interviste e spezzoni di documentario, il tour che fece il sold out durante tutte le date. Banana Republic fu un tour con Francesco De Gregori.

Ma Lucio Dalla si distinse particolarmente per gli stravaganti personaggi che ha interpretato, usualmente sempre in ruoli di contorno. Di matrice autoriale fu la partecipazione al pre-sessantottino I sovversivi (1963) di Paolo e Vittorio Taviani, nel ruolo del neo-laureato Ermanno “ventitreenne che dimostra quarant’anni”. Altrettanto impegnato fu in Amarsi male (1969) di Fernando Di Leo, pellicola sessantottina in cui interpreta il contestatore Lucio.

Ha una piccolissima parte nella commedia Questi fantasmi (1968) di Renato Castellani, nel ruolo di musicista, ed è se stesso, come narratore che lega i differenti episodi, in Franco e Ciccio e le vedove allegre (1968) di Marino Girolami.

Ma le interpretazioni rimaste nella memoria di molti cultori del cinemabis , sono quelle strambe. Oltre al già citato La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone, ci sono Il prato macchiato di rosso (1973) di Riccardo Ghione, horror-thriller pseudo intellettuale in cui Dalla è un ubriacone (con pessima recitazione).

E poi nell’unico film che lo vide protagonista: Il Santo patrono (1972) di Bitto Albertini. Lucio Dalla è Don Arcadio, curato giunto nel borgo di Ponteparadiso per sostituire il precedente prete, che è morto. Don Arcadio, inizialmente visto con sospetto, diverrà un idolo perché si schiererà dalla parte dei cittadini per proteggere il Santo patrono del paese.

Infine, da citare l’ultima – tardiva – partecipazione di Dalla al cinema, nella rivisitazione Quijote (2006) di Mimmo Paladino, in cui è Sancho Panza.

Però le doti istrioniche di Dalla si sono palesate molto meglio nel varietà televisivo targato Rai La bella e la besthia (2002). Cinque puntate condotte assieme a Sabrina Ferilli, dove Dalla, oltre a cantare e suonare, era un abile e spigliato presentatore e finanche spalla con gli attori comici che partecipavano alla trasmissione.

Lucio Dalla

Il cinema in una canzone: Meri Luis

I testi delle canzoni a volte sono piccole sceneggiature, che sanno raccontare una storia. Brevi pezzi di vita che appassionano, tra rime baciate, metafore memorabili e un sapiente uso di termini usuali.

Nel vasto canzonieri di Lucio Dalla, Meri Luis è un affresco corale dedicato ad alcuni personaggi, diversi tra loro, “scaraventati in mezzo al traffico”, metafora anche del congestionato caos della vita.

Come scritto in precedenza, Meri Luis è stata usata cinematograficamente in Borotalco, non per l’intrigante testo, ma semplicemente per la suspense che emanano gli accordi iniziali del basso. Il testo contiene alcune immagini nitide e ironiche riferite al mondo del cinema:

Il regista aspettava la star al ristorante,

sembrava un morto con in mano un bicchiere.

[…]

Il regista, stanco di aspettare,

appena vista la star l’ha mandata a cagare.

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