Negli Stati Uniti, dove spesso Maria Grazia Cucinotta soggiorna e lavora, le attrici possiedono una casa di produzione personale, per tutelare la loro immagine. Ma per l’attrice siciliana, titolare della Italian Dreams Factory e della Seven Dreams, produrre film è diventata un’attività vera e propria. Ultimi due suoi amati progetti sono L’imbroglio nel lenzuolo, per la regia di Alfonso Arau e la fotografia di Vittorio Storaro, che vede nel cast Geraldine Chaplin, accanto alla stessa Cucinotta, e racconta l’arrivo del cinema in Sicilia nel 1905, quando le pellicole venivano proiettate su lenzuola bianche. E il film in costume Viola di mare, tratto da un romanzo di Giacomo Pilati e girato nell’isola di Favignana, che è una storia di amore assoluto ed estremo tra due donne. In attesa di vederli nelle sale, l’abbiamo intervistata.
Anche se hai vissuto in tante metropoli (Parigi, Madrid, Los Angeles, Roma), nelle tue scelte da produttrice, ci sono soprattutto i set di sole e di mare: è la passione per la tua terra che riaffiora?
A 18 anni sono dovuta andar via dalla Sicilia perchè non offriva nulla a chi voleva lavorare nel cinema. Ora, invece, è stato creato un fondo per agevolare l’attività cinematografica, c’è una scuola di cinema, dunque sono ben contenta di poter tornare per lavorare lì.
E’ vero che non ami la vita mondana?
All’inizio ti può anche divertire un mondo di lustrini, un mondo glamour fatto di registi e di attori, ma a lungo andare cerchi le persone vere. Mi piace andare alle feste dove trovo gli amici, non persone da cui devo proteggermi o guardarmi le spalle.
In passato, nel film Maria Maddalena, fu molto apprezzata la tua interpretazione della conversione. In qualche modo, anche l’attività di produttrice è per te una conversione?
Maria Maddalena ha vissuto vicende di abbandono, che a me non sono capitate. Però ti trasformi sempre, devi crescere. Io, al contrario di molte colleghe attrici, non so stare ferma ad aspettare, a leggere copioni. Invece di passare il tempo a fare massaggi e manicure, mi piace lavorare, fare progetti.
Con donne registe e produttrici, il cinema ha una chance in più per far evolvere la mentalità maschilista della società italiana?
La società la cambi se c’è l’unione: l’Italia paga la competizione distruttiva, invece che costruttiva. Al di là di maschilismo o femminismo, all’estero, se sei simpatico si fa un progetto insieme, c’è il lavoro di gruppo. In Italia, invece, le invidie e le gelosie possono mettere a rischio un progetto.
Cosa manca oggi al cinema italiano?
Non dovremmo mai dimenticare che un film nasce per allietare, si chiama “entertainment”. Come insegnano i film di Totò e il cinema americano, bisogna divertire e dare una speranza allo spettatore. A noi questo manca, siamo tutti depressi. E ci credo! E’ anche un pò colpa nostra.
Lucilla Colonna