Il postino è un film del 1994 diretto da Michael Radford e Massimo Troisi. Ultima interpretazione dell’attore, scomparso solo 12 ore dopo la fine delle riprese; il film è ispirato a Il postino di Neruda (Ardiente paciencia), romanzo scritto dal cileno Antonio Skármeta.
In un’isola del sud d’Italia, nel 1948, il poeta cileno in esilio Pablo Neruda, si rifugia con la giovane e appassionata consorte Matilde. Al disoccupato Mario, figlio di un pescatore con scarsa vocazione per il mare, non par vero di accettare l’incarico di postino ausiliario dal locale capoufficio, Giorgio, comunista militante. Deve solo consegnare la nutrita corrispondenza del poeta, di cui inizia a leggere il “Canto general”, e col quale a poco a poco, chiedendogli delucidazioni sulla sua “ars poetica”, instaura un rapporto di amicizia. Il poeta riceve per il suo compleanno un messaggio registrato dal Cile e fa incidere sul dittafono un saluto per i suoi amici a Mario che come cosa più bella dell’isola cita Beatrice Russo, la giovane barista di cui si è invaghito e che riesce a conquistare con le “metafore” apprese dal poeta, che ha addirittura accompagnato il giovane all’osteria, dedicandogli pubblicamente una poesia. Beatrice, affascinata, nonostante il divieto della zia di rivederlo, si concede a Mario e alle nozze riparatrici Neruda fa da testimone, nonostante le perplessità del curato. Frattanto l’esilio viene revocato ed il poeta può ritornare in patria. Passano cinque anni e Mario segue le vicende dell’illustre amico sui cinegiornali, e alla radio, ma l’unico segno è la lettera del segretario del poeta che gli chiede i libri e gli oggetti lasciati sull’isola, dove, grazie al deputato della Democrazia Cristiana Di Cosimo, sono finalmente iniziati i lavori dell’acquedotto. Mario, che aspetta un figlio, registra per l’amico lontano i rumori dell’isola, la voce del mare e del vento, ed il battito cardiaco del nascituro. Ma dopo la vittoria della Democrazia Cristiana, i lavori vengono interrotti, e Mario è sempre più impegnato nel partito comunista. Cinque anni dopo, Neruda e la moglie entrano di nuovo nell’osteria di Beatrice, e vi trovano Pablito, il figlio di Mario. Ma quest’ultimo non lo ha nemmeno visto nascere: è morto a Roma durante un comizio in cui doveva leggere di una poesia in onore di Neruda.
Il film ha ottenuto 5 candidature agli Oscar 1996, quella come miglior film, miglior attore protagonista (Massimo Troisi), miglior regia (Michael Radford), miglior sceneggiatura non originale e miglior colonna sonora drammatica. Tuttavia solo quest’ultima candidatura si è tradotta nella conquista di una statuetta. Ottiene, invece, un BAFTA al miglior regista e un BAFTA alla migliore colonna sonora e altri ambiti premi, tra cui un Critics’ Choice Movie Award al miglior film straniero, il David di Donatello per il miglior montatore e un Nastro d’Argento per la miglior musica.
Gli incassi dell’ultimo film dell’attore napoletano hanno toccato in poche settimane una somma di circa $ 22.000.000, superando di 10 in più quelli guadagnati a suo tempo da Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore. Comprendendo gli incassi raccolti in tutto il mondo hanno raggiunto la cifra di $ 80.000.000, fissando il nuovo record del maggiore incasso di sempre, in tutto il mondo, per un film italiano.
«Massimo aveva l’anima sul volto. Il film Capitan Fracassa mi fece conoscere Massimo, lo vidi e subito mi piacque. Poi arrivò Il Postino, dandomi la possibilità di lavorare insieme a lui, in un’esperienza unica. Penso che in tutta la storia del cinema, non ci sia nessun film simile. I ricordi che ho di Massimo sul set sono ricordi felici, l’aria che si respirava, considerando la difficoltà che Massimo aveva nel girare, data la sua malattia, era comunque un’atmosfera rilassata e mai triste. Una cosa che mi faceva sorridere era la sua maniera di parlare, io recitavo in francese, lui né in italiano né in napoletano; recitava come solo lui sapeva fare. La nostra giornata sul set era organizzata in maniera tale da rendere meno faticoso il lavoro a Massimo, la mattina giravamo per poche ore per non farlo stancare »
(Philippe Noiret al Premio Massimo Troisi)