Giunto alla 42º edizione, il Fantafestival propone anche quest’anno una variegata carrellata di opere filmiche, raccolte da differenti cinematografie mondiali ma anche ripescando ghiotti classici del passato.
La sezione dedicata ai cortometraggi, visionabili gratuitamente on-line tramite tv.festhome, è anch’essa molto ricca, e presenta alcune opere notevoli.
Checkpoint (Usa, 2021)
Regia: Jason Sheedy
Un uomo (verosimilmente del XIX secolo) si ritrova su un pianeta alieno, e deve superare una serie di trappole per la propria libertà. Ogni volta che muore riparte dal punto di partenza.
Ottavo cortometraggio di Jason Sheedy, che ha nel suo curriculum anche il lungometraggio Patient (2016). Sceneggiato assieme a Matthew Patrick Noonan, Checkpoint è un gustoso cortometraggio divertente (con molta auto-ironia) e ben confezionato. La progressione narrativa, che segue quella dei videogame d’azione, funziona a dovere, e la durata è perfetta per non annoiare e creare ripetizioni. Si potrebbe definire un corto molto alla Sam Raimi, e il fatto che il protagonista è Brett Brooks, alla sua ottava collaborazione con il regista, crea un perfetto parallelismo con l’attore feticcio Bruce Campbell.
Hospice (Sud Corea, 2021)
Regia: Soo-young Kim
Un uomo si risveglia legato a un letto d’ospedale. L’infermiera gli comunica che è lì per assisterlo nel momento della morte, essendo lui un clone creato per rifornire gli organi al suo “originale” in caso di intervento chirurgico.
Fantascienza da camera (d’ospedale), in cui prevale l’ambiguo confronto tra i due individui, con dialoghi ridotti all’osso e le tematiche esistenziali che possono aleggiare in un presente/futuro distopico. A livello di messa in scena, benché la storia sia un fantascientifico mixato con il thriller, la fotografia ammanta di solarità lo spazio angusto in cui si svolge la vicenda. Tutto sommato poco intrigante, e si può soltanto apprezzare la regia.
L’esorcismo dell’acqua (Italia, 2022)
Regia: Giuseppe Rossi
In un centro termale, una ragazza è perseguitata dagli spiriti dell’acqua.
Niente scene truculente come L’Esorcista (The Exorcist, 1973) di William Friedkin o come i seguiti o i surrogati, ma un approccio all’esorcismo in cui primeggia il sovrannaturale. La possessione che sente la protagonista potrebbe essere suggestione psicologica, o anche da un errato approccio alla religione. Cortometraggio che non aggiunge nulla al genere.
La inquilina (Spagna, 2021)
Regia: Lucas Paulino e Ángel Torres
Un giorno Mia si sveglia con uno strano dolore alla gamba, che non fa che peggiorare…
La Spagna è terra propizia di produzioni horror, ed ecco che alla già corposa lista si aggiunge questo piccolo cortometraggio. Sceneggiato in solitaria da Lucas Paulino, si inserisce bene nelle storie di spettri infestanti. Realizzato con poco, quasi memore dell’idea vincente della RKO (mostrare poco e lasciare tutto nell’ambiguità), il cortometraggio funziona, particolarmente con la scena finale.
Cafard (Canada, 2021)
Regia: Alfio Foti
Jack è un partner infedele, ma un giorno vedrà la profezia della sua compagna Nancy avverarsi.
Il termine Cafard significa sia ipocrita che blatta. Il regista, che ha scritto la sceneggiatura assieme a Celina Fazio, gioca su questa doppia accezione della parola, e cerca di mantenersi in bilico tra i due fautori della mutazione psichica e fisica: Frank Kafka e David Cronenberg. Non vuole essere un horror tout court, poiché c’è soltanto una scena “forte”, ma piuttosto una riflessione sui comportamenti umani nella società odierna. Pellicola notturna, con voce fuori campo meditabonda. Peccato che resti tutto in superficie.
Death Valley (Usa, 2021)
Regia: Grace Sloan
In un mondo post-nucleare, una ragazza con la sua navicella scende sulla terra per fare dei rilevamenti, ma un terremoto la fa cadere in un crepaccio causando la rottura della tuta protettiva.
Di questo cortometraggio non dovrebbe interessare quanto racconta ma come lo racconta. Ecco, la messa in scena è il vero punto di forza di Death Valley. Grace Sloane, al secondo corto in dieci anni, svolge principalmente il lavoro di trovarobe (ad esempio per il Saturday Night Live), e questa sua professione si riflette nel corto. Death Valley pare un residuo filmico di un tempo passato (diciamo prima metà anni Ottanta), girato – volutamente – alla bell’e meglio.
The Man Who Works Overtime (Cina, 2021)
Regia: Youxue Chen
Un ultimo uomo è rimasto a sorvegliare la Terra, dopo il suo spopolamento.
Di brevissima durata, il cortometraggio, che rappresenta un futuro distopico, riflette la società cinese odierna e anche le ansie e le carenze che opprimono le persone. Magnificamente realizzato, con un’ottima capacità di sintesi narrativa, un accorto uso di metafore e un non eccessivo utilizzo di scene ad effetto, The Man Who Works Overtime colpisce l’occhio dello spettatore. Si potrebbe dire un seguito funzionale di quel cinema tracciato da Tetsuo (1989) di Shin’ya Tsukamoto e da Marco Ferreri.
Castigo (Italia, 2021)
Regia: Cristiana Di Lorito
La vita di un allevatore cambia radicalmente quando uno spirito si manifesta nella sua fattoria.
Foderato in un raffinato bianco e nero, il cortometraggio raccoglie quelle credenze sovrannaturali che ancora aleggiano, come spiriti, nei paesi di campagna. Il brivido è demandato alle ombre e ai rumori. C’è qualche reminiscenza degli horror padani di Pupi Avati, ma sotto la bella fotografia, non c’è reale sostanza narrativa.
The Last Christmas (Usa, 2021)
Regia: Ryan Port
La piccola Alice ha teso una trappola per catturare Babbo Natale e ora si ritrova con il suo cadavere in salotto.
Ryan Port, al suo esordio alla regia, ha alle spalle una lunghissima carriera di regista della seconda unità o assistente alla regia. Ciò dovrebbe essere una facilitazione, invece… il cortometraggio è deludente. Poteva essere stuzzicante l’idea di un horror a livello “occhi di bambino” e Babbo Natale “vittima”, però l’intuizione si ferma all’intuizione. La sceneggiatura, firmata dallo stesso Port, non apporta divertenti e/o macabri sviluppi all’idea, e la messa in scena, benché pulita, non coinvolge.
Moja (Giappone, 2022)
Regia: Kenichi Ugana
Le avventure di Moja, un buffo essere che consola le persone sole e tristi con parole gentili.
Questo Moja ricorda molto il tenerone pupazzo Furby, che fece breccia nel cuore dei piccini. E non ci si stupirebbe se questo buffo essere fosse una parodia di quel famoso giocattolo. Moja rientra perfettamente nella fantascienza buona, in cui l’alieno viene in segno di pace, e conquista gli esseri umani che incontra. Moja, però, va preso soprattutto come stoccata alla fragilità del popolo giapponese, che ha bisogno di conforto verbale. Tranne l’animazione – meccanica – del pupazzo, il cortometraggio è girato con poco, attraverso lunghi piani sequenza e strutturato in quattro “episodi”. Divertente e intelligente.
Apotheosis (Usa, 2021)
Regia: Max Pearce
Selene vuole essere la prima umana non geneticamente modificata a essere ammessa sulla colonia spaziale. Si troverà a dover competere con il figlio dell’ingegnere che ha ideato il progetto.
Dietro l’aspetto fantascientifico (ambientazione e svolgimento), si cela il tema della disparità tra le donne e l’uomo. Anche in futuro, gli uomini mantengono il potere, mentre le donne continueranno a restare in casa (come attesta la figura della madre). Conta molto l’aspetto di Selene, poiché ha una fisionomia androgina, che cerca di nascondere i tratti femminili. Apotheosis, al netto degli apprezzamenti per la scelta della tematica, rimane un cortometraggio poco avvincente.
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