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‘Generazione low cost’, fregarsene di non decollare

Tra adrenalina e svuotamento, Adèle Exarchopoulos, nel ritratto di una hostess col bagaglio di un trauma familiare, va in giro per il mondo per una compagnia aerea trita-precari. Ma le servirebbe un giro dentro sé stessa

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Alla Settimana della Critica di Cannes 2021, in ambiente francofono, Generazione low cost di Emmanuel Marre e Julie Lecoustre sarà stato abbordato con più consapevolezza nella brutalità del titolo originale: Rien à foutre, grosso modo traducibile come fottersene. Analogamente all’internazionale Zero Fucks Given. Sembra la didascalia perfetta dell’egregia interpretazione di Adèle Exarchopoulos (La vita di Adèle), hostess di venti-qualcosa anni, vuota e sofferta tra decolli di adrenalina e atterraggi nel disagio. Con tanto, è vero, anche di generazionale – di gioventù confusa e traumatizzata, di compagnie aeree un po’ trita-umanità. Tra ritmi in saliscendi e trovate autoriali, Generazione low cost, distribuito da I Wonder Pictures, è un riuscito ritratto di malessere da cinema alto e slow. Dal 12 maggio al cinema.

Il trailer

La trama

Assistente di volo per una compagnia aerea low cost, Cassandre vive alla giornata, viaggia e si diverte, fedele al suo soprannome di Tinder “Carpe Diem”. Un’esistenza senza legami e senza radici all’insegna del presente e della ricerca della libertà, tra vendita di profumi a bordo, feste e sesso occasionale durante gli scali, nell’ambizione un giorno di lavorare per una compagnia di alto livello. La sua routine viene però interrotta da un imprevisto che mette in crisi la sua visione della vita. (Sinossi ufficiale – Fonte: I Wonder Pictures)

La chiave low 

Come immagine, anche tenera, di una gioventù che si svaluta, Generazione low cost di Emmanuel Marre e Julie Lecoustre pare scegliere deliberatamente una chiave low, sottotono, per il proprio racconto individual-generazionale. Quasi compressa in un presente senza futuro, Cassandre è a più riprese inquadrata a spalla in formato realistico e basso, qui e ora, con tagli casuali da footage privato. Succede tanto a bordo aereo, quanto negli alberghi di passaggio, dove si consumano sbornie, amplessi e botte di solitudine. Low è persino un dialogo a distanza con la sorella, scandito dai vocals di Whatsapp nel viavai dell’aeroporto, in cui appare evidente che la ragazza, dietro apparente distacco, vive con dolore la scomparsa della madre: distaccandosi, cioè, dall’ambiente familiare che inevitabilmente lo rievoca.

Generazione low cost: Cassandre a letto fuma e chiacchiera col collega

Generazione low cost: Cassandre (Adèle Exarchopoulos) tra sballo e confessioni dopo una serata in discoteca

Trauma, peraltro, buttato lì al collega, sul punto di vomitare, tra canne e alcol, in mezzo al cazzeggio diffuso (“preferiresti avere braccia di gomma, così da non poter abbracciare nessuno, e tutto è morbido, o 19 capezzoli?“). In questo presente straniante, tra il turbinare delle eliche, lo spettatore intuisce, dietro i sorrisi di plastica dell’hostess o nei disinvolti sballi da discoteca, un turbamento più profondo.

Turbolenze di umore

Specie nella prima parte, Generazione low cost sa comunicare certi saliscendi emotivi con contrappunti studiati di quote dell’umore. Le cabine asettiche a luce fredda lasciano il passo al sudore della discoteca. Il divagare alcolico e la luce anfetaminica della pista si rovesciano a loro volta nella penombra del letto a una piazza e mezza, dove Cassandre e il collega parlano a mezza voce. Alle foto con filtro di Instagram, segue l’ordine di lavoro: bisogna pulire la cabina.

Generazione low cost: Cassandre fa una foto dall'ingresso dell'aereo

Generazione low cost: Cassandre scatta una foto dall’ingresso dell’aereo. Che subito dopo è chiamata a pulire

Le gif con frasi ammiccanti che la giovane manda su Tinder hanno da contraltare gli slogan sui cartelloni dei lavoratori in sciopero. Che l’hostess, peraltro, liquida cinicamente:

Non ho tempo per fare la rivoluzione.

E intanto, la sua vita è una rivoluzione, ma in senso astronomico: un moto perpetuo, e forse insensato, che ritorna allo stesso punto. Morto?

La spersonalizzazione

Dove il film diventa davvero di precariato, e non solo di emotività precarie, è nel profilare la compagnia aerea Wing nella propria natura spietatamente  capitalistica. Il film inizia con un addestramento delle hostess a diventare venditrici “di alto bordo”, con tanto di applicazione conta-clienti su quante transazioni siano effettuate a migliaia di metri di altezza. Ai tratti realistici del film, centrati sulla vita privata di Cassandre, si abbinano quelli surreali della formazione.

Generazione low cost: Cassandre durante la formazione

Generazione low cost: Cassandre durante la formazione (da venditrice)

L’azienda sembra un mostro senza testa, al punto che la regia gioca a spersonalizzare, a farne un meccanismo invisibile. Una cliente in difficoltà al gate dialoga a lungo con l’operatrice, ma questa non è mai ripresa in controcampo, sorta di voce senza corpo. Quando un superiore telefona a Cassandre per chiederle straordinari, la macchina da presa resta tutto il tempo in carrellata sui lotti dell’aeroporto con operai e materiale tecnico, senza mostrare gli interlocutori. Trionfale, per straniamento, è poi la sequenza con Cassandre che conversa con una collega sul tapirulan che la porta da una sezione all’altra dell’aeroporto: dialogo silenziato e musica elettronica in soundtrack che rimbomba anonimamente. Quasi il tunnel per un’altra dimensione: fatta di uniformi, carrelli, monitoraggi di instancabili supervisori, liturgie aziendali. Tempi moderni, o aeroporto Metropolis.

A kind of blue

Da scene del genere, a volte ci si riprende con jump cut fulminei. Adèle Exarchopoulos recita di presenza fisica con tutta la gamma degli ormoni, dall’adrenalina alla depressione. Quasi divorata dal sistema, vive sospesa: nel tempo e nelle emozioni. Non bastasse il suo “non so nemmeno se sarò viva domani“, da cassandra-profetessa di sventura di sé stessa, vede imporsi dalla Wing il finto sorriso professionale. La sequela di provini delle cabin manager, rigorosamente in piano frontale, è un altro piccolo gioiello di alienazione. Quando a Cassandre scappa il lineamento malinconico, la formatrice – fuori campo, ovviamente – non esita a dettarle il mantra aziendale:

Tutte le emozioni che hai, devi lasciarle dietro (…) non c’è passato né futuro.

La reazione cinematografica dei due registi è quasi una atto d’amore: consegnare all’attrice francese una sceneggiatura che restituisca le emozioni. La seconda parte si fa lenta, introspettiva. Finalmente in famiglia, liberatoria. Adèle Exarchopoulos si fa carico di quest’ala ferita. Che non sa decollare; non sa elaborare il lutto; non sa amare (“preferisco un andiamo a casa insieme a un sto cercando l’amore”). L’aspetta una contro-auto-formazione ben più importante, esistenziale ed emozionale.

Generazione low cost: Cassandre durante cerca tenerezza dopo un rapporto occasionale

Generazione low cost: Cassandre durante cerca tenerezza dopo un rapporto occasionale

Se in Blue is the Warmest Colour (La vita di Adèle) aveva recitato di passione, qui deve recitare con un altro kind of blue: da bonjour tristesse. E lo fa bene. Così, Generazione low cost, nonostante il ricercato abbassamento di tono, genera nello spettatore la cosa più bella: una vita cinematografica di cui prendersi cura. Una protagonista, quasi da abbracciare. Altro che rien à foutre.

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Generazione low cost

  • Anno: 2021
  • Durata: 110'
  • Distribuzione: I Wonder Pictures
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Francia, Belgio
  • Regia: Emmanuel Marre e Julie Lecoustre
  • Data di uscita: 12-May-2022