Film potente, sregolato, estremo, come i suoi protagonisti, giovani inquieti ed irridenti, che vivono ai margini della società tedesca ma che rivendicano un proprio spazio vitale: immigrati indigenti, piccoli delinquenti, ladruncoli di periferia, spacciatori fai da te. Toubab (la parola che dà il titolo al film, nei Paesi dell’Africa centro-occidentale, significa ‘bianco’, ‘europeo’ o ‘colonizzatore’), il lungometraggio presentato in apertura della II edizione del Festival del Cinema Tedesco di Roma, opera seconda del regista Florian Dietrich, è anche una metafora della diversità e della marginalizzazione a tutto tondo, e del tentativo disperato di qualcuno di cambiare un destino in apparenza segnato senza via di scampo.
Toubab
Non era una scelta scontata, da parte del Festival del Cinema Tedesco di Roma, ospitato dal Cinema Quattro Fontane, quella di aprire la manifestazione con un film come Toubab, coraggioso e picaresco, che racconta una dura e complessa realtà sociale, quella di molti giovani che vivono di espedienti e piccoli reati senza reali opportunità di cambiamento, pur mantenendo il sorriso e l’ironia, e che coinvolge lo spettatore nelle variopinte avventure dei due protagonisti principali, Babtou (nel ruolo il simpatico e scoppiettante attore francese Farba Dieng), un giovane ventisettenne di origine senegalese immigrato da piccolo in Germania con la famiglia e Dennis (un biondissimo Julius Nitschkoff), il suo più caro amico, tedesco, compagno di scorribande e malefatte varie.
Tutto inizia quando Babtou esce di prigione e Dennis lo va a prendere: per festeggiare l’evento i due compari, insieme ad un gruppo di spumeggianti amici, inanellano una nuova serie di violazioni che valgono un nuovo arresto al povero Babtou a poche ore dal suo rilascio. Ma la cosa più grave è che, constatata dalla polizia l’avvenuta scadenza del permesso di soggiorno, Babtou rischia di essere rispedito entro un mese in Senegal, paese dove non ha mai messo piede e che conosce solo tramite i racconti familiari, ma dove non vuole assolutamente tornare.
Matrimoni combinati
Si dipana, a questo punto, una fitta serie di situazioni che vedono i nostri protagonisti impegnati nella ricerca di soluzioni possibili (la maggior parte improbabili) al problema posto dalle leggi sull’immigrazione, per scongiurare la partenza di Babtou dalla Germania, fra le quali: trovare un lavoro rispettabile con un contratto vero, sposare un’altrettanto rispettabile ragazza fra le tante sedotte e abbandonate da Babtou, sposare infine il suo migliore amico Dennis disposto a sottoporsi anche agli interrogatori dell’ufficio immigrazione per capire se quello della coppia mista è vero amore o semplicemente un matrimonio combinato per uscire dall’impasse del permesso di soggiorno scaduto.
In ogni caso, che differenza c’è fra amicizia vera e vero amore, sembra chiedersi il regista? Così come nulla contano il colore della pelle, o le preferenze sessuali, quando ci si sente fratelli, anche se non si ha nulla da offrire, o forse proprio per questo, ma se si è disposti a correre ogni rischio per le persone che danno senso alla nostra vita?
Riflessioni sociali in salsa ‘light’
Il film, con la sua energia multiculturale e multirazziale, contiene all’interno dell’involucro della commedia – ben riuscita, ben confezionata e piena di ritmo – molti elementi di riflessione sulla società tedesca – e non solo – e sulle sue reali capacità d’inclusione, sul destino apparentemente segnato di chi esce dal carcere e non sembra avere altre opportunità se non quelle di rientrarci, sulle disparità e i pregiudizi legati all’appartenenza ai diversi strati sociali o alle differenti identità di ‘genere’.
Il Festival è stato realizzato grazie a German Films e al Filmförderungsanstalt (FFA), l’Ente Federale per la promozione cinematografica tedesca. promosso da German Films Service + Marketing GmbH, in collaborazione con il Goethe-Institut e l’Ambasciata della Repubblica di Germania a Roma con il supporto del Cinema Quattro Fontane.
Come giurati dell’edizione 2022 del Festival del Cinema Tedesco sono stati selezionati: Claudia Bedogni, Mauro Donzelli, Miriam Mauti e Cristina Zanetti.
Florian Dietrich
Florian Dietrich, classe 1986, ha lavorato come assistente alla regia in teatro e ha studiato drammaturgia all’Università di Magonza. Ha prodotto diversi progetti teatrali e cortometraggi con i detenuti del carcere minorile di Wiesbaden, sua città natale. Dal 2007 ha studiato regia alla German Film and Television Academy di Berlino e al dipartimento di cinema dell’Università di Tel Aviv. I suoi cortometraggi Ghetto Love Grief (2011) e Breaking Through (2012) sono stati proiettati in vari festival internazionali. Toubab è il suo primo lungometraggio.
Farba Dieng
Nato nel 1993 a Lille, Farba Dieng è un attore francese, che lavora principalmente in Germania. Dopo vari ruoli televisivi nella serie di Netflix Skylines (2019), Pastewka e nella miniserie Breaking Even (2020), ottiene il ruolo di protagonista in Toubab di Florian Dietrich. Nell’opera prima del regista interpreta Babtou, un senegalese, che cerca, con uno stratagemma, di evitare il rimpatrio forzato in Senegal, paese originario del padre. Insieme al suo collega Julius Nitschkoff, Dieng è stato nominato al Götz George Young Talent Award 2020 per questo ruolo. Tra gli altri film in cui si è distinto ricordiamo: Cortex, il debutto alla regia di Moritz Bleibtreu e Fly di Katja von Garnier. Dieng vive a Berlino e parla correntemente tedesco e francese.
Festival del Cinema Tedesco 2022: a Roma dal 24 al 27 marzo