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‘Il legionario’: intervista ai produttori della Clemart Gabriella Buontempo e Massimo Martino

Il film diretto da Hleb Papou dopo Locarno e Roma

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Arriva finalmente al cinema Il legionariodiretto da Hleb Papou e, per l’occasione, abbiamo parlato con i produttori. Il film è prodotto da Clemart e, più precisamente, da Gabriella Buontempo e Massimo Martino. Dal 24 febbraio è in sala, dopo aver partecipato al Festival di Locarno e alla Festa del cinema di Roma, per Alice nella città.

I produttori de Il legionario

Com’è nata l’idea di produrre questo film? Come siete entrati in contatto col regista?

Siamo entrati in contatto con lui perché, come abitudine della nostra società, andiamo saltuariamente a vedere i saggi di fine anno delle varie scuole di cinema che ci sono, tra quelle di regia e scrittura. Lì Emanuele Mochi, Giuseppe Brigante e Hleb Papou (i tre sceneggiatori del film) ci hanno mostrato questo loro lavoro. Un lavoro che era stato presentato alla fine del loro percorso al Centro Sperimentale. Noi abbiamo intravisto la potenzialità della regia di Papou e la potenza della storia e li abbiamo contattati subito. Una volta instaurato il contatto abbiamo cercato di trovare un’altra storia da sviluppare con loro. A quel punto loro ci hanno proposto «perché non facciamo una versione lungometraggio del corto?» e noi abbiamo sposato immediatamente l’idea e da lì siamo partiti.

La tematica del film e l’approdo al lungometraggio

Infatti la cosa che mi ha colpito, anche quando ho parlato col regista, è che il film nasce come cortometraggio e poi viene sviluppato come lungometraggio. Quindi questa è stata una decisione presa insieme? 

Sì, è nato dal cortometraggio e poi abbiamo deciso insieme di svilupparlo come lungometraggio.

Tra le vostre produzioni uno dei temi che ritorna è quello del sociale, come, appunto, in questo film. Quindi la vostra scelta è stata anche, in parte, dettata dal tema?

Sì, noi siamo molto attenti a quella che è l’evoluzione della vita sociale come chiave di racconto. Ci interessa molto rappresentare la realtà e questo rientra nei temi che ci piace affrontare.

il legionario produttori

La visione de Il legionario secondo i produttori

È stata, quindi, una sorta di colpo di fulmine la scelta di questo film. Un film che ha partecipato a vari festival, da Locarno a Roma. Vi aspettavate tutto questo? Lo avevate già inquadrato e collocato all’interno di alcuni festival?

Abbiamo lavorato insieme al regista al meglio, nonostante le difficoltà produttive che ci siamo trovati ad affrontare considerando che abbiamo dovuto girare in piena pandemia. La parte del palazzo occupato, per esempio, è stata girata nel dicembre 2020, in piena pandemia. Speravamo in un percorso festivaliero perché ritenevamo che Il legionario fosse una fotografia fatta attraverso gli occhi di una persona che è diventata italiana, ma che inizialmente non era italiana. Con nostra grande gioia questo percorso c’è stato e anche con dei riconoscimenti che hanno fatto naturalmente piacere sia al regista che a noi. Ci teniamo a dire che c’è stata una grande collaborazione da parte di tutti e quindi un sacrificio che è stato premiato dagli eventi. E questo dà un senso a tutto quello che facciamo tutti i giorni.

Il film all’interno delle produzioni

Lo avete seguito attivamente?

Naturalmente. Questa è un’abitudine che abbiamo con tutti i nostri prodotti. Poi crediamo moltissimo in Papou e stiamo già lavorando al suo secondo film: è un ragazzo che speriamo cresca e continui a crescere insieme a noi.

Come inquadrereste Il legionario all’interno delle vostre produzioni?

Questa è una domanda difficile alla quale rispondere perché per noi ogni progetto è unico. Non ce n’è uno che brilla di luce diversa. Certo è che, per alcune complicazioni nella realizzazione di questo progetto, dovute all’arco temporale in cui si sono svolte le riprese, è ovvio che c’è una piccola affezione. Sia per la difficoltà, appunto, che per l’esordio alla regia di Papou. Per il resto sono tutti figli amatissimi. In questo caso, a maggior ragione, facciamo i complimenti al regista. Perché in un momento di enorme difficoltà di riprese lui è riuscito a non farsi prendere dal panico. Noi lo abbiamo rassicurato e gli siamo stati vicini e abbiamo fatto sforzi che avremmo fatto a prescindere. Ma lui non è mai stato preso dal panico e questa non è una cosa facile.

I produttori de Il legionario oltre il film di Papou

In generale, oltre a questa, come scegliete le vostre produzioni? C’è un filo conduttore dal quale partite o sul quale vi basate?

Noi scegliamo le nostre produzioni basandoci su quello che ci emoziona. Poi casualmente, alla fine, c’è sempre dietro un discorso molto sociale. Ma di base non c’è mai un filo conduttore. L’importante è che sia una storia che arriva al cuore. Poi che sia ambientata nella Napoli degli anni ‘20 o che sia contemporanea è l’emozione che genera una storia a farci scattare la molla.

Progetti futuri per i produttori de Il legionario

Potete anticipare qualcosa sul secondo film di Papou al quale state già lavorando?

Sarà come sempre un lavoro di Papou, Mochi e Brigante. Loro attingono molto dalla vita reale, c’è sempre una dinamica sociale che punta all’action. In generale si può dire che Papou ha una sua linea più delineata: unire il sociale con l’action.

Oltre a questa avete anche altri progetti in ponte?

Stiamo partendo con le riprese di una serie tv ambientata a Bari negli anni ’90. Sarà una serie tratta da dei libri di Gianrico Carofiglio, ispirata al personaggio del maresciallo Fenoglio, dell’arma dei carabinieri. Fa sorridere il fatto che il protagonista ha a che fare con sociale e action, quindi in qualche modo a quello di cui parlavamo prima.

E poi riprendiamo Il commissario Ricciardi con la prossima serie.

Tra serialità e cinema

A proposito di serie tv, un’ultima curiosità. Quali sono le differenze a livello produttivo e di scelte tra serie e film?

Delle differenze ci sono, come tempi e scrittura. Nel cinema, per esempio, i tempi sono serrati e non ci sono margini di errore. Quindi è importante lavorare fin da subito in un certo modo. Ci sono una concentrazione e un approccio diverso. A livello produttivo è sicuramente molto più impegnativo perché si gira in diversi ambienti in tempi molto ristretti. Nel caso specifico de Il legionario, sia noi come produttori, sia il regista e tutte le altre persone coinvolte, abbiamo avuto a che fare con un’esperienza che speriamo resti unica: il covid. Quello è stato un impatto forte che ha messo tutti a dura prova.

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