A quasi un decennio di distanza da Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet, il regista francese Jean-Pierre Jeunet torna direttamente su Netflix con Big Bug. Una commedia fantascientifica colorata e bizzarra che ripropone lo stile sopra le righe del regista ma che non riesce ad aggiornarsi ai tempi.
Big Bug: Trama
In un futuro dove l’umanità ha delegato gran parte delle proprie incombenze a una nuova tipologia di robot umanoidi chiamata Yonyx, un gruppo di persone male assortite si ritrova chiusa in una casa all’avanguardia mentre fuori, a causa di un bug, imperversa la rivolta delle nuove intelligenze artificiali. Tra battibecchi amorosi e insofferenze reciproche riusciranno i protagonisti a dimostrare di non essere obsoleti, facendo gruppo e sconfiggendo le macchine ribelli?
La solita storia
È quasi impossibile non essere colti da un senso di dejavu guardando un film come Big Bug. Perché nell’ultima fatica di Jeunet sembra quasi che tutto quello che il regista francese dica (o voglia dire) sia già stato detto, e meglio, da altri prima di lui. D’altronde, nella Netflix di Black Mirror e Love, Death + Robots, non può che sembrare un oggetto d’antiquariato questo ennesimo aggiornamento fantascientifico alla voce “macchine ribelli”. Un salto indietro di almeno mezzo secolo tra temi abusati e spauracchi del passato.
Restare umani
Nella casa ipertecnologica in cui si ritrovano prigionieri i protagonisti non sembra infatti esserci un solo spunto originale, una sola scintilla capace di illuminare l’ennesimo racconto morale sull’intelligenza artificiale e sulla bellezza, nonostante tutto, dell’imperfezione umana.
Nessuna grande sorpresa, certo, se si ha già dimestichezza con un regista come Jeunet. Un autore ipertrofico abituato, attraverso le sue fiabe moderne, a gestire le trame più fantasiose senza mai abbandonare il consueto registro grottesco. Formula questa che se già in passato aveva dato più di un segnale di cedimento qui pare da subito non funzionare, annacquando ben presto il tutto nella farsa e nella parodia fine a se stessa.
Tra sci-fi e sitcom
Una struttura debole e derivativa quella di Big Bug cui si affianca una messa in scena elementare, quasi un dramma da camera dove, mano a mano, entrano in scena i soliti personaggi bizzarri e al limite della macchietta. Il risultato è una commedia domestica catapultata in un’ambientazione sci-fi (quasi una versione live-action de I Pronipoti) che gioca sui luoghi comuni del genere fino ad approdare a uno scontatissimo monito sulla dipendenza tecnologica.
Una mancata ibridazione
È proprio in questo orizzonte tematico, che guarda (e cita) 2001: Odissea nello spazio, Robocop e A.I., che il regista di Delicatessen si impantana definitivamente, riproponendo figure e situazioni già viste e dibattute. E se le trovate sulla carta non mancherebbero (il reality televisivo in cui gli inquietanti Yonyx trattano gli uomini come animali) tutto si stempera in un’ibridazione dove entrambi i generi faticano ad amalgamarsi tra loro.
Sono lontani oramai i tempi di Alien – La clonazione così come quelli de Il favoloso mondo di Amelie. Punti forse più alti di un cinema che fatica ad aggiornarsi ai tempi, accontentandosi di riproporre la fiacca parodia di se stesso.