Perché la paura non si trasmette per via aerea o bevendo nello stesso bicchiere! “La paura si trasmette con le idee” racconta il padre Rufus a suo figlio Tito, ed è per questo che decide di costruire una macchina per capire il linguaggio degli uccelli e così comprendere come curare la pandemia che sta colpendo il mondo intero, perché sin dall’alba dei tempi gli uccelli hanno salvato gli uomini dalle catastrofi.
I gufi ci hanno avvisato dell’arrivo dei terremoti, i corvi della presenza degli incendi e le oche dello scoppio delle guerre.
Tito and the bird la libertà simbolica degli uccelli
Questo è l’incipit narrativo su cui si basa l’animazione brasiliana presentata in concorso al Future Film Festival, giunto alla sua undicesima edizione.
La paura è infatti la grande antagonista del film e di questa pandemia. Ed è grazie ai piccoli protagonisti, al canto degli amici pennuti e in senso più ampio alle nuove generazioni, che i registi Gabriel Bitar, André Catoto, Gustavo Steinberg lasciano la narrazione della storia.
Tito e i suoi amici, Sarah e Buiú cercano di scoprire come l’amicizia e la fratellanza siano spesso messi da parte per lasciar posto alla paura, l’ansia, il panico, l’egoismo che oggi rappresentano un tratto distintivo della società e delle famiglie.
Interessante e simbolico il fatto che, fra tutti gli animali, l’utilizzo degli uccelli sia la chiave di ogni soluzione. Essi rappresentano la libertà per eccellenza, l’unione in stormi e la capacità di osservare qualsiasi dettaglio dall’alto verso il basso.
Tito and the bird la tecnica
Grande tratto distintivo del film è anche la sua tecnica. Un dipinto animato dalle ampie e imprecise pennellate che ne accentuano la drammaticità narrativa e il contesto pandemico, che nella realtà in Brasile è stato particolarmente complicato, anche a livello sociale. E i sintomi del virus visivamente rappresentati come una mutazione fisica, che rende adulti e bambini tutti uguali, ovali come dei sassi, inermi di fronte al contagio e alla paura senza una speranza di guarigione.
Se i ragazzi sono i veri eroi di questa storia, gli adulti ne escono perdenti.
Un cattivo esempio di famiglia è fornito dai genitori di Tito che si separano con le loro nevrosi invece di stringersi nel momento della difficoltà. La scuola diventa cinica con insegnanti cupi, spaventosi sul tema dell’epidemia. I media sono rappresentati da un ricco Alour Souza sempre più distante dalle persone, dall’alto di un elicottero privato, sempre più preso dalla propaganda di isolamento della popolazione che rivolgere attenzione a un’assertivo Teo (il figlio). Per non dimenticare un esercito di adulti che con maschere e lance disinfettanti accerchiano i bambini in una nube tossica più simile a lacrimogeni che a un antidoto.
Siamo di fronte ad un piccolo gioiello di animazione che racconta perfettamente questa epoca di emergenza. Tito, Sarah, Buiù, Teo e persino i fratelli Fastidio sono la vera speranza di questa storia che non deve mediare, ma raccontare un punto di vista e far comprendere agli adulti qualche verità in più sulle nostre paure rispetto all’emergenza sanitaria, per uno spirito critico che abbiamo messo troppo da parte.