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FESTIVAL DI CINEMA

Venezia .68. “Out of Tehran – Four stories”: fuggire senza perdere la speranza (Controcampo Italiano)

Abbas, Ebrahim, Hossein e Narges sono quattro vittime del controllo di pensiero esercitato dalla Repubblica Islamica dell’Iran: colpevoli di avere espresso un’opinione contrastante il regime, hanno pagato il loro pensare con la perdita della libertà e la tortura. E per questo, sono fuggiti.

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Le immagini di questo documentario vi affascineranno quanto le storie raccontate dai protagonisti.

Le immagini vi cattureranno perché la fotografia di Dario Curatolo sfrutta al meglio i valori del digitale e lavora con consapevolezza sulla profondità di campo e sui colori: ogni singola inquadratura ha l’essenza di una istantanea incorniciata.

Out of Tehran si lascia condurre appositamente dalla parte pittorica con un esordio ammaliante: approfitta infatti dei ritmi posati e dell’intimità raggiunta con i personaggi per costruire una narrazione su misura.

Abbas, Ebrahim, Hossein e Narges sono quattro vittime del controllo di pensiero esercitato dalla Repubblica Islamica dell’Iran: colpevoli di avere espresso un’opinione contrastante il regime, hanno pagato il loro pensare con la perdita della libertà e la tortura. E per questo, sono fuggiti.

Niente ci è risparmiato: le sofferenze, le ferite, le violenze fisiche e mentali, poiché ci si possa rendere conto quanto a fondo questa brutalità ha scavato nella vita dei protagonisti. Uniti tra loro da una incredibile necessità di non abbandonare le proprie radici, riescono a recuperare ugualmente un legame profondo con quel Paese che li ha seviziati e che lo potrebbe rifare. Malgrado tutto, quell’amore scavalca e rimane, nel tempo e nello spazio; e così, sperano: sperano di ritornare, sperano di riabbracciare i loro cari lontani, sperano che nessuno dei ricordi riprenda vigore come quei momenti. Sperano ci sia una scelta anche per il loro futuro.

Il film di Monica Maggioni, che abbiamo già visto confrontarsi con temi delicati dell’emotività umana e la sua capacità di superare i limiti in Ward 54 (2010), entra nel vivo di queste quattro storie comuni quanto eccezionali. Ma a questi toccanti esempi di coraggio aggiunge anche la testimonianza di un aguzzino, uno tra tanti, uno che ha superato i confini dell’umanità indottrinato da un regime che “chiede alla gente di non pensare”.

Il più grande insegnamento sta nel coraggio, smisurato e incomparabile coraggio, di questi giovani che messi al confronto con le ingiustizie non hanno mai smesso di manifestare il loro disappunto, il loro pensiero, il loro diritto di rendere migliore quella terra crudele che li ha allontanati.

Nell’osservarli, avvolti nel verde, sulle poltrone della Sala Grande mentre alzavano le due dita in aria per allontanare a chilometri la resa, sentivo la stima e l’ammirazione di tutta la platea che permeava gli applausi e li sosteneva. In tacito, forse colpevole, rispetto.

Rita Andreetti