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Biennale del Cinema di Venezia

‘Qui Rido Io’ la recensione del nuovo film di Mario Martone a Venezia 78

La vita, gli amori e il teatro di Edoardo Scarpetta, uno dei più grandi commediografi di teatro, riletti dal filtro autoriale di uno dei registi più grandi del nostro cinema

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Qui Rido Io è il film di Mario Martone presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2021, in sala dal 9 settembre 2021.

La trama di Qui rido io

Agli inizi del Novecento, nella Napoli della Belle Époque, splendono i teatri e il cinematografo. Il grande attore comico Eduardo Scarpetta è il re del botteghino. Di umili origini, si è affermato grazie alle sue commedie e alla maschera di Felice Sciosciammocca.

Il teatro è la sua vita e, attorno a questo, gravita anche tutta la sua singolare famiglia, composta da mogli, compagne, amanti, figli legittimi e illegittimi, tra cui Titina, Eduardo e Peppino De Filippo. Nel 1904, al culmine del successo, Scarpetta si concede un pericoloso azzardo: realizza la parodia de La figlia di Iorio, tragedia del più grande poeta italiano del tempo, Gabriele D’Annunzio.

La sera del debutto in teatro si scatena un putiferio: la commedia viene interrotta tra urla e fischi e Scarpetta finisce con l’essere denunciato per plagio dallo stesso D’Annunzio. Inizia così la prima storica causa sul diritto d’autore in Italia.

Gli anni del processo saranno logoranti per lui e per tutta la sua famiglia. Tutto nella vita di Scarpetta sembra andare in frantumi, ma lui, con un numero da grande attore, saprà sfidare il destino e vincere la sua ultima partita.

La recensione

Il cinema di Mario Martone è sempre stato rivolto al passato. A un passato quanto mai vivo e vivido: che non fa ombre sul presente, ma lo illumina in maniera sempre nuova, sempre sincera, anche se dolorosamente.

Dopo aver portato al Lido nel 2019 Il Sindaco Del Rione Sanità, torna in concorso con la sua decima opera di lungometraggio firmando quello che probabilmente è uno dei suoi capolavori, sicuramente un film che tutta la sua filmografia contiene e arricchisce.

Dall’inizio della sua esperienza come regista cinematografico (in un passaggio dal teatro al grande schermo per provare nuove forme espressive), Martone ha messo in scena una ricerca personale, tra storie intime di amore molesto illuminando meraviglie e contraddizioni di Napoli, e non fa eccezione a tutto questo Qui Rido Io, straordinaria rievocazione della vita di Edoardo Scarpetta.

Una pagina di storia che, però, come sempre in passato, serve per restituire un’opera portentosa con un’incredibile potenza evocatrice e affabulatoria che scaturisce dal protagonista principale. Scarpetta è energia, è vitalità, entra ed esce dalla scena senza soluzione di continuità: scappa dalla camera da letto per salire sul palcoscenico, va via dal palcoscenico per entrare in salotto.

qui rido io

Ma quello che interessa lo sguardo di Martone, aiutato da Toni Servillo letteralmente gigantesco, è la frattura, l’incrinatura che si crea nell’uomo in quel momento, centrale drammaturgicamente, che è il processo per plagio intentatogli da Gabriele D’Annunzio.

È da quella crepa che erutta incandescente la materia viva del film: il passato, il presente e il futuro incarnati nella catena incessante di ricambio generazionale che mette la maschera dell’attore in declino, che ha soppiantato chi è venuto prima di lui -la maschera di Pulcinella era stata soppiantata dal suo Felice Sciociammocca- ma a sua volta soppiantato da chi verrà dopo; il peccato di iubris di un uomo che aveva tutto -ricchezza, donne, fama- ma che decide di sfidare la sorte e mettersi a confronto con chi gli era superiore, il Sommo Vate; e su tutto, il mistero doloroso della paternità.

Ad un primo livello, paternità intesa come paternità artistica: perché, infatti, il processo intentato da D’Annunzio a Scarpetta fu la prima causa, in Italia, a trattare il problema del plagio. Chi è veramente che crea un’opera? Chi la può usare? E cosa vuol dire creare?

Ma c’è un livello, sempre ben in vista nella trama, ma ancora più intrecciato.

Ecco, è un film sul dolore dei padri, Qui Rido Io. A confronto con i figli, e con l’imperscrutabilità di quello che realmente nasce nel loro animo: Scarpetta di figli ne aveva nove, da tre donne diverse, ma il grande enigma che mette in scena Qui Rido Io è la verità di Edoardo, Peppino e Filippo, il vero senso dell’eredità paterna, la lacerazione che c’è ma non si vede.

Ed è per questo che il film è strabordante e sempre inquieto, pur se sotto i colori sgargianti della Belle Époque. Stretto tra due scene madri, ovvero la ripetizione della battuta/mantra “Vincenzo m’è padre, a me!”, in Miseria E Nobiltà, che Scarpetta faceva ripetere come un sadico rito di iniziazione a tutti i suoi figli, legittimi o meno; e la sequenza che apre l’ultima parte, il sogno o meglio l’incubo di Edoardo Scarpetta che nel suo teatro trova steso sulle assi del palcoscenico il cadavere di Pulcinella, che sotto la maschera ha le stesse sembianze dell’attore.

Forte di una simbologia astratta e misterica, Martone dirige allora un film immenso che non si perde nei vicoli delle sue sottotrame gestite dai numerosi personaggi in scena, ma anzi li padroneggia come un capocomico e ne guida le sorti, innescando riflessioni sul senso di commistione fra arte e vita (i tendaggi della casa del personaggio principale non si distinguono da un sipario), inseguendo il fantasma di Pulcinella, quello che ognuno di noi cerca tutta la vita, e che invece è sempre un passo dietro di noi.

Qui Rido io è distribuito da 01 Distribution, ed è in sala dal 9 settembre 2021.

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Qui rido io

  • Anno: 2021
  • Durata: 133
  • Distribuzione: 01 Distribution
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Mario Martone
  • Data di uscita: 09-September-2021