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Mubi Film

I cinque film di Kiarostami offerti da MUBI

I primi tre film di questa rassegna di MUBI sono quelli che hanno fondato la poetica di Abbas Kiarostami e che lo hanno consacrato maestro del cinema iraniano.

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Stamattina quando ti sei svegliato hai dato un’occhiata in giro? Hai guardato il cielo? Non vuoi vedere il sole all’alba? Il rosso e il giallo del sole al tramonto? Hai visto la luna? Quel cerchio tondo tondo della luna? Non vuoi guardare le stelle al chiaro di luna? L’acqua fresca del torrente? Lavati il viso con quell’acqua. E le stagioni: ogni stagione dà un  frutto diverso. Vuoi rinunciare al sapore della ciliegia?

Così un personaggio chiave del film Il sapore della ciliegia, esprime la poetica di Abbas Kiarostami, riassumendola nella sua pienezza. L’attenzione estrema riservata alle piccole cose, agli sguardi, ai silenzi, ai gesti quasi impercettibili, alle parole dette e a quelle taciute.

Su MUBI è possibile rivedere cinque film del maestro iraniano; vederli la prima volta per i giovani che non lo conoscono ancora.

Dov’è la casa del mio amico? (1987)

Sotto gli ulivi (1994)

Il sapore della ciliegia (1997)

Il vento ci porterà via (1999)

Dieci (2002)

Ve li proponiamo in ordine cronologico, con qualche riflessione riservata a ciascuno di loro.

Dov’è la casa del mio amico? (1987)

Kiarostami

Un unico aggettivo per definire questo film di Kiarostami del 1987: delizioso! E ancora godibile, nonostante gli anni, perché le dinamiche al centro della narrazione rimangano universali, tanto da farci sentire vicinissimo un bambino in un villaggio lontano da Teheran, in cui il tempo sembra essersi fermato.

Dov’è la casa del mio amico? – Trama

Ahmed, otto anni, ha preso per sbaglio il quaderno di Mohammad e vuole restituirglielo, altrimenti l’amico verrà espulso da scuola. Il coscienzioso e determinato bambino decide quindi di trovare Mohammad nel villaggio vicino. (Dal sito di MUBI)

Dov’è la casa del mio amico? – Ambientazione

Il film inizia e termina con due scene scolastiche, che giustificano l’odissea di Ahmed, durata un pomeriggio soltanto, ma che sembra un’eternità. La scuoletta potrebbe essere quella di un secolo prima, per l’ambientazione rurale, l’essenzialità degli arredi (aula spoglia, lunghi banchi di legno consunto), ma soprattutto per la rigidità del maestro (non parlare se non sei interrogato!), a ricordare storie di discredito nei confronti della fanciullezza, come Zero in condotta o I quattrocento colpi.

La mancanza di ascolto verso il bambino è assoluta, da parte di tutti gli adulti. La madre risponde solo con ingiunzioni, il nonno rimpiange la sua di fanciullezza, quando il padre, giustamente, lo picchiava una volta ogni due settimane, sistematicamente e preventivamente.

L’odissea di Ahmed

Inascoltato, quindi, Ahmed fugge dal suo villaggio per raggiungere quello dell’amico e portare a termine la sua impresa. Da lì, l’atmosfera magica del film è difficile da rendere a parole, perché le immagini e la ripetitività delle situazioni (che verrà confermata negli altri lavori a venire) parlano molto di più. Così come gli ambienti.

Ahmed si muove non tra strade e neanche tra sentieri, bensì tra scale e passaggi, in mezzo a costruzioni che sono poverissime, ma non conoscono spigoli, quasi ad accogliere il nostro bambino, proprio mentre continua a perdersi. Tutti e nessuno conoscono l’amico; la casa è indicata come quella vicino all’albero, non un albero comune, ma un albero secco, come fosse l’unico albero secco del villaggio. L’ansia delle corse di Ahmed però viene tenuta a bada grazie a un ritmo pacato che la contiene.

I temi del film ieri e oggi

Temi del film sono sicuramente l’amicizia e la lealtà. Oltre alla denuncia dei metodi educativi autoritari. Scriveva Irene Bignardi allora:

“ Quello che qualcuno ha definito ‘l’apprendistato dell’indifferenza’ un mondo miserando legato a valori patriarcali ed autoritari, incapace di prestare orecchio alle richieste di aiuto e di comprensione dei piccoli – e dei deboli -, organizzato sulla disciplina della paura, pensato per la conservazione a ogni costo e a tutti i livelli”.

Ora che di tempo ne è passato e che si è raggiunta la giusta distanza, emergono gli aspetti poetici del film. Lo spettatore può ora distinguere tra il tema di denuncia, molto sentito allora, e quello affettivo, valido per sempre.

Dov’è la casa del mio amico? è distribuito da Mikado (1991)

Sotto gli ulivi  (1994)

La bellissima inquadratura del film “Sotto gli ulivi”

Sotto gli ulivi – trama

Il film si svolge sul set di E la vita continua di Kiarostami e segue la vicenda romantica di uno degli attori, innamorato della donna che interpreta sua moglie, anche se nella vita reale non ha niente a che fare con lui. E il regista si ritrova nel mezzo…(dal sito ufficiale di MUBI).

La cornice del film

È il terzo film della trilogia di Koker, dopo Dov’è la casa del mio amico? (1987) e La vita continua (1990), che purtroppo non è presente su MUBI. Una parola per definirlo: originale, originalissimo, per come viene raccontato il film nel film che gli fa da cornice, ma che è anche, fin dall’inizio, molto di più. La piccola storia che contiene (quella dei due improvvisati attori che proiettano il loro vissuto nella recitazione) è solo una parte, significativa certo, un pretesto narrativo che si fa racconto vero e proprio.

Quando si dice poi che la prima scena vale tutto il film! Il regista (Mohamad Ali Keshavarz) e la sua assistente, Mrs. Shiva (Zarifeh Shiva), si trovano sotto gli ulivi circondati da un gruppo di giovani donne in chador. Sono lì per scegliere, tra tanti volti intensi, quelli più adatti al cast; le ragazze mettono da parte la loro ritrosia e si propongono senza false modestie. C’è un clima sereno,  tra tutti loro, quasi di festosa complicità per l’avventura che il cinema rappresenta, anche in posti dove sembrerebbe così lontano!

Il film nel film

Solo dopo mezz’ora di preparazione dei set, compare Hossein (Hossein Rezai). Insieme a Tahereh (Tahereh Ladanian) recita la parte di una coppia di sposi, ma lui è innamoratissimo di lei nella realtà e lei gli si nega, esasperandolo.

Rischierebbero di esasperare anche noi per la scena ripetuta infinite volte, ma noi siamo pazienti, rassicurati da un mantra fatto di azioni, oltre che di parole, e soprattutto dal sano attaccamento alla  vita delle storie di Kiarostami.

Armonia delle inquadrature e sapienza registica

Infatti, il ricordo del terremoto devastante del 1990 è ancora molto vicino (era già stato quattro anni prima lo spunto narrativo per La vita continua), ma la frase più frequente è “Dio riposi la sua anima”, in una sorta di saggezza orientale; oppure: “Quelli che sono morti sapevano cosa sarebbe successo?”: un invito a vivere, con coraggio, nonostante tutto.

Ma l’aspetto più sereno di questa narrazione sotto gli ulivi sono le inquadrature: attraverso il finestrino o lo specchietto della macchina, per esempio. Ogni frammento racchiuso in confini di una splendida armonia! Il cuore del film: quel terrazzino celeste con i vasi di fiori portati dai ragazzini che dovrebbero studiare per gli esami, ma che sono eccitatissimi come tutti dall’avventura del cinema.

La sapienza di questa regia poi è tutta nel far apparire spontaneo ciò che è sicuramente è studiato nei dettagli, come fosse un documentario, in cui racconto e descrizione si armonizzano.

Sotto gli ulivi è distribuito da Columbia Tristar Films Italia Mondadori Video

Il sapore della ciliegia (1997)

Homayoun Ershadi ne “Il sapore della ciliegia”

Il sapore della ciliegia – Trama

Il signor Badii vuole morire, in una società in cui il suicidio è considerato un abominio. Guidando per le colline sopra Teheran, cerca un complice disposto a seppellirlo dopo la sua scomparsa. Incontra una serie di personaggi diversi, ma ognuno ha un motivo per rifiutare il lavoro (sito ufficiale MUBI).

L’ambientazione

Un uomo sui cinquant’anni (Homayoun Ershadi) percorre in macchina strade polverose e curve mozzafiato, cercando contatti con gli uomini che incontra per proporre loro questo insolito lavoro. Di lavoro intorno ce n’è parecchio, nonostante siano due giorni di festa: tutta una frenesia nell’immobilità del paesaggio.

Le persone non si fidano di lui. Chi è quest’uomo che pretende l’assurdo, dopo aver cercato un approccio dal finestrino della macchina e aver tanto insistito (troppo) per dare un passaggio? Ha il viso tirato, le occhiaie, un’espressione disperata che non muta, neanche per un secondo.

Anche i volti dei manovali sono provati. Tutta una fatica, quella del vivere, che si esprime attraverso un ambiente fatto di vegetazione stantia; cave dirupi e burroni; terra sassi e cemento. Tinte dall’ocra al marrone: i colori della terra in tutte le sue sfumature, tranne qualche frammento azzurro, in cui appaiono i bambini: presenze vitali, sempre, del cinema di Kiarostami. Brevi scene che sembrerebbero gratuite nell’economia della storia, ma che sono simbolo evidente di un forte attaccamento alla vita. I gialli delle colline si fanno più intensi e più netti i contrasti tra le luci e le ombre, quando si arriva in città, e anche questo non è un caso.

La conclusione aperta

Forse Badii sta arrivando alla sua decisione che a noi non è dato conoscere, né alla fine né, riflettendoci, dopo la conclusione del film. Una chiusura volutamente aperta e che sorprende, un po’ come i due film precedenti: Dov’è la casa del mio amico? e Sotto gli ulivi. Resta senza risposta la nostra domanda sulla scelta del protagonista, tra mettere in atto il suicidio o far suoi i consigli del signor Bagheri, l’ultimo personaggio a cui chiede quel gesto stravagante di pietà. Che Bagheri accetta, solo dopo aver pronunciato il discorso che abbiamo posto in apertura di queste riflessioni su Kirostami. È un gelso che riporta alla vita il personaggio di Bagheri, nel racconto del suo tentato omicidio: cogliere un gelso, e scuoterlo  per farne arrivare tanti ai bambini sotto l’albero (ancora i bambini!). Molto scoperta la citazione alla fragola di Centouno storie zen: “Com’era dolce”!

Il sapore della ciliegia e il Pardo d’Oro

Ecco, non a caso, la bella motivazione del premio al cinquantesimo festival di Cannes: “Il maestro iraniano Kiarostami, in grado di catturare i miracoli e i misteri della vita quotidiana, rimarrà per sempre uno dei più grandi poeti del cinema. Questo vincitore della Palma d’oro è un road movie spirituale di enorme umiltà, una meditazione sulla mortalità dalla fine indimenticabile”.

Il sapore della ciliegia è distribuito da BIM Distribuzione

Il vento ci porterà via (1999), Dieci (2002)

Behzad Dourani ne “Il vento ci porterà via”

Il vento ci porterà via e Dieci, gli ultimi due film offerti in ordine cronologico da MUBI, hanno qualcosa di diverso dai primi tre. O meglio, chi scrive ha cercato le stesse suggestioni e non le ha trovate. Come se il regista abbia voluto a tutti i costi confermare la sua cifra stilistica, che è l’aspetto più interessante dei due film, senza la stessa ispirazione che ha reso così unici Dov’è la casa del mio amico?, Sotto gli ulivi, Il sapore della ciliegia.

Situazioni che si ripetono alla stessa maniera

Un esempio: il ripetersi delle situazioni. Quel continuo vagare di Ahmed in un villaggio non suo (Dov’è la casa del mio amico?) alla ricerca del compagno di scuola che risulta commovente, così come la sua motivazione, tanto da sentirci insieme a lui nel ripercorrere gli stessi cammini.

Sotto gli ulivi ripropone, come dicevamo, la stessa sequenza più e più volte, ma la magia del cinema ha catturato anche noi: è come se fossimo lì, tra la troupe, e finché la scena non prende la giusta forma non ci stanchiamo di vederla replicare.

Il sapore della ciliegia è un film più cupo che giustifica qualche attimo di cedimento dello spettatore. Eppure, l’andare per le stesse identiche strade, in una monotonia di colori e ambienti, ci tiene incollati al video, non solo per la curiosità (poi insoddisfatta) di sapere se il protagonista si suiciderà o no, ma per la sospensione tra vita e morte presente dai primi frammenti e una sorta di empatia nei pochi incontri e nei pochi dialoghi che si caricano di intensità.

Anche ne Il vento ci porterà via c’è qualche scena ripetuta, quasi ricalcata una sull’altra. Ma non emozionano più, non stupiscono, e non si capisce come collocarle in una narrazione che quasi non c’è. In difesa del suo film, Kiarostami disse: “È vero che un film senza storia non ha molto successo presso il pubblico, ma bisogna anche sapere che una storia deve fornire indizi e alcune caselle vuote. Queste ultime, come nelle parole crociate, devono essere completate dallo spettatore. Chi guarda, come un detective privato in un intrigo poliziesco, dovrà trovare l’intreccio”.

Su L’Unità, Alberto Crespi, allora, affermò che il regista lasciava tutto «sospeso, misterioso e aleatorio»; e, come se non bastasse, che  Kiarostami «avrebbe ben poco da dire, pur sapendolo dire ancora molto bene» .

Le trame degli ultimi due film

Trama del film  Il vento ci porterà via

L’irriverente ingegnere Behzad arriva in un villaggio curdo iraniano, millantando chissà quali lavori per il villaggio stesso. In realtà, attende spasmodicamente la morte di un’anziana, per registrare i riti funebri tradizionali del luogo e farne un documentario. Lo aiuta un bimbetto molto collaborativo e maturo.

Trama del film Dieci

Mania Akbari è la protagonista di “Dieci”

Una donna guida per le strade di Teheran in giorni diversi. Il suo viaggio si compone di dieci conversazioni con vari passeggeri, tra cui sua sorella, una prostituta e una sposa piantata all’altare. Dalle “dash cam” del regista emerge gradualmente un ritratto dell’Iran (sito ufficiale MUBI).

Riflessioni conclusive

Anche in Dieci si ripetono le stesse situazioni, ma il passare del tempo le rende diverse nella sostanza. Il film si apre e termina con un dialogo serrato, e urlato, tra la donna e il figlio, Amin, che nella realtà è figlio dell’attrice, Mania Akbari. Lui è arrabbiatissimo perché la madre ha lasciato il padre e si è risposata e sembra ammorbidirsi un po’ nella scena finale, che per il resto è identica a quella dell’inizio. Non ci sono elementi che ci facciano capire quanto tempo sia passato.

Originale l’idea di riprendere una persona nei suoi percorsi in macchina, anche se il set così ristretto è soffocante, come quello de Il sapore della ciliegia, nonostante qui siamo in città e nessuno parla di morte. Se mai, si esprime la stessa fatica del vivere che accomuna tutti i film di Kiarostami. Ma è un po’ come se negli anni avesse perso quella magia del racconto, quel vizio assurdo,  che ce la faceva accettare.

Persino la fanciullezza,  rappresentata sempre in maniera gioiosa, qui non lo è. Dov’è la casa del mio amico? dovrebbe essere visto nelle scuole, e la scuola è sempre presente in questi film che MUBI ci propone. Sotto gli ulivi contiene una scena in cui il regista, quello della finzione, si trova al centro di un gruppo di bambini; una scena vincente per la spontaneità con cui l’adulto sta in mezzo a loro. E parlano di scuola, anche qui, di scuola e di esami. Ne Il vento ci porterà via, il bambino viene ripreso nel suo andare e tornare da scuola in giornate di esami. E Il sapore delle ciliegie vede, l’abbiamo detto, piccoli intermezzi con bambini che giocano su sfondi improvvisamente azzurri.

L’Amin di Dieci, invece, in macchina con la madre, strapazza la cartella, la muove insieme al suo gesticolare convulso, viene preso da scuola ma non ne parla. D’altra parte, sono passati ben quindici anni da Dov’è la casa del mio amico?. Il regista non è più lo stesso e noi ci ostiniamo a volere che lo sia.

Copia conforme (2002)

Juliette Binochet e William Shimell. in “Copia conforme”

Dopo l’eccentrico Shirin, Kiarostami dirige Copia conforme, con Juliette Binoche William Shimell. 

Sulle pagine di Taxidrivers di allora: «Non scopriremo mai se i due protagonisti recitino o facciano sul serio, ma è grazie a questo inestricabile equivoco che cogliamo ‘la verità della verità’, cioè che la vita è assolutamente ingiustificabile, proprio perché non dev’essere giustificata».

Un testamento non da poco in uno dei suoi ultimi film.

E il vento ci porterà via, Dieci e Copia conforme sono stati distribuiti da BIM Distribuzione

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I cinque film di Kiarostami scelti da MUBI