Il 14 luglio del 1918 nasceva Ingmar Bergman, vincitore di quattro Premi Oscar e trionfatore, con i suoi film, nei principali festival europei.
Per il regista svedese il cinema è stata una vera ossessione, ma anche un rifugio sicuro e tranquillo dove riusciva a placare le sue nevrosi. Erano appunto queste, secondo alcuni, la benzina del suo genio. Il cinema di Ingmar Bergman è un viaggio nella psiche umana, indagata attraverso il filtro della sua esistenza.
L’infanzia
“Mi sento come un graffio su una pellicola”
La vita di Ingmar Bergman non fu affatto semplice; si sentiva sempre inadatto a qualsiasi esperienza e mai all’altezza di raggiungere i suoi obiettivi.
Secondo di tre figli, l’infanzia è segnata dall’educazione di stampo luterana, all’insegna della punizione, del perdono e della grazia, temi ricorrenti nella sua filmografia.
Non era infrequente, come punizione per le sue intemperanze da bambino irrequieto e soprattutto bugiardo, che venisse rinchiuso nell’armadio di casa.
Queste e tante altre punizioni corporali alimentarono la sua avversione per la figura paterna e l’educazione religiosa.
A dieci anni, però, riceve in regalo il suo primo rumoroso proiettore.
“Quella zoppicante macchinetta fu il mio primo apparecchio di stregonerie”.
Quel proiettore conteneva un piccolo film, lungo 3 metri di pellicola, con il quale il futuro regista si divertiva a farlo andare avanti, modificandone la velocità.
“Il fascino che subisco dal cinema è lo stesso di quando ero bambino”.
Il teatro, il cinema e la tv
Il futuro regista si laurea in storia della letteratura e inizia a frequentare il teatro studentesco di Stoccolma.
Nel 1942, viene assunto dallo Svensk Filmindustri come sceneggiatore e aiuto regista, grazie al successo di una sua pièce teatrale, La morte di Kasper.
Il suo primo film da regista è Kris (1945), opera in parte rinnegata dal regista e stroncata dalla critica che la definì infantile.
Progressivamente, però, Ingmar Bergman inizia a conquistarsi il suo spazio non solo nella cinematografia del suo paese, ma anche nel mondo del teatro.
Le sue prime pellicole di successo sono: Un’estate d’amore (1950), Monica e il desiderio (1952) e Donne in attesa (1952).
Il “fenomeno Bergman” scoppia nel 1956, quando viene premiato al Festival di Cannes con Sorrisi di una notte d’estate e l’anno successivo realizza i suoi capolavori: Il settimo sigillo e Il posto delle fragole.
Nonostante i problemi di salute, il regista, per circa un ventennio, lavora con successo, alternando il lavoro cinematografico con quello teatrale. Ma non sol. Ingmar Bergman si dedica anche a progetti televisivi, come Scene da un matrimonio, nato come una serie tv, e Misantropen, ispirato all’opera di Molière.
I problemi con la giustizia e la depressione
Il 30 gennaio del 1975, il regista è al Dramatiska Teatem di Stoccolma.
Sono iniziate da poco le prove di Danza di morte di Strindberg e all’improvviso arrivano due poliziotti che lo portano in commissariato, dove Ingmar Bergman apprende di essere indagato per evasione fiscale.
Il regista cade in una profonda crisi depressiva e i suoi problemi con la severa giustizia svedese vanno avanti per circa 5 anni.
La sua intensa carriera cinematografica si conclude nel 1982 con Fanny e Alexander, ma per alcuni anni continua la sua attività in televisione e soprattutto a teatro.
Il cinema e l’immaginazione
È inevitabile individuare nella filmografia di Ingmar Bergman alcuni tratti sostanziali del suo vissuto. Non si tratta, però, di una semplice operazione di trasposizione sul grande schermo della sua vita.
“La mia realtà è del tutto assurda”.
I fatti autobiografici trattati nei suoi film subiscono un trattamento illusionistico che li rendono, in buona parte, irriconoscibili. Paragonando diverse fonti pare che il regista mentisse su alcuni avvenimenti salienti della sua vita e spesso si rendeva protagonista di fatti che in realtà non coinvolgevano lui, piuttosto persone vicine, come suo fratello maggiore.
Ma il cinema per Ingmar Bergman è soprattutto illusione, non c’è spazio per l’intelletto e la volontà; solo l’immaginazione conta.
“La successione delle immagini opera direttamente sui nostri sentimenti, senza toccare l’intelletto”.
Le immagini in movimento per il regista svedese avevano una forte connotazione sacrale, caratteristica che ritrovava nel teatro e in parte nelle musica.
Ma nei suoi film si ritrovava anche una forte componente erotica. La vicinanza con gli attori non conosce riserve, l’intimità, la dipendenza, la tenerezza, la fiducia e la disinvoltura davanti all’occhio della macchina da presa danno, secondo lui, un caldo, ma illusorio senso di sicurezza.
L’attore per il regista era molto importante, fondamentale per la realizzazione dei suoi film.
“Cerca di tirare fuori ciò che loro hanno da dare e non è quello che lui vorrebbe fare in una situazione simile. È un formidabile ascoltatore e ha una straordinaria capacità di osservazione”.
In questo modo lo descrive Liv Ullman, l’attrice norvegese che ha interpretato molti film di Ingmar Bergman, come Persona e L’ora del lupo.
Dicevano su di lui
Il regista svedese è stato apprezzato e stimato da molti cineasti, come Francois Truffaut, che come Liv Ullman, ricorda il suo rapporto con gli attori.
“Il punto di forza del cinema di Bergman è la direzione degli attori. Egli conferisce i ruoli principali a cinque o sei attori prediletti, che riesce a rende irriconoscibili. Chiede raramente ai suoi attori di rifare una scena e non cambia mai una riga dei suoi dialoghi, scritti di getto e senza alcun piano prestabilito”.
Federico Fellini, invece, ricorda con rammarico la non realizzazione di un film a episodi che doveva realizzare con Kurosawa e appunto Ingmar Bergman.
“Mi sembrava un fratello maggiore, più serio, più infelice o forse meno, perché l’infelicità in lui mi sembra come raccolta in un implacabile dibattito con i suoi fantasmi. Chissà chi vincerà alla fine. Ma intanto c’è il suo cinema che regola il gioco, nitidamente”.
Sulla piattaforma di Rai Play sono disponibili alcuni dei migliori film del regista svedese.
Il settimo sigillo
Il settimo sigillo (1957) è tratto dalla pièce teatrale Pittura su legno, scritta dallo stesso regista. Il film venne presentato al Festival di Cannes, vincendo il premio speciale della giuria.
Il cavaliere Antonius Block (Max von Sydow) rientra in patria dopo le crociate, ma lo scenario che trova è desolante. Miseria, disperazione e l’incessante morsa della peste che sta decimando la popolazione. Senza più alcuna speranza per il futuro, il cavaliere s’imbatte nella morte (Bengt Ekerot), che reclama la sua anima.
Il cast: Max von Sydow, Bengt Ekerot, Nils Poppe, Bibi Andersson, Gunnar Bjornstrand.
Leggi anche Addio Max von Sydow, attore feticcio di Bergman e interprete di film memorabili.
Il film è disponibile al seguente Link.
Il posto delle fragole
Il posto delle fragole (1957) ricevette molti riconoscimenti tra cui L’Orso d’Oro al Festival di Berlino, il premio della critica a Venezia e la candidatura all’Oscar per la migliore sceneggiatura originale.
Isak Borg (Viktor Sjostrom) è un medico in pensione che viaggia da Stoccolma a Lund, in compagnia di sua nuora Marianne (Ingrid Thulin). Lungo il tragitto i due incontrano una serie di autostoppisti, che, in modo diverso, riescono a far riflettere l’uomo sul senso della vita.
Il cast: Viktor Sjostrom, Ingrid Thulin, Bibi Andersson, Max von Sydow
Il film è disponibile al seguente Link
Luci d’inverno
Luci d’inverno (1963) è parte di una trilogia composta anche da Come in uno specchio e Il silenzio, che Ingmar Bergman dedica al rapporto tra l’Uomo e Dio.
Un pastore protestante sta affrontando un momento di profonda crisi spirituale dovuta alla morte della moglie. Quando un suo parrocchiano si uccide, lascia un grande senso di colpa nel pastore.
Il cast: Ingrid Thulin, Gunnar Bjornstrand, Gunnel Lindblom, Max von Sydow
Il film è disponibile al seguente Link
Monica e il desiderio
Monica e il desiderio è un film realizzato da Ingmar Bergman nel 1953. Durante le riprese il regista s’innamora dell’attrice Harriet Andersson.
Monica ha sedici anni e fa la commessa, Harry è di poco più grande e lavora come garzone. I due giovani s’incontrano e scoppia l’amore. Decidono di lasciare la città e trascorrere l’estate su un’isola. Ma l’estate finisce e Monica resta incinta. I due ragazzi decidono di tornare in città e di sposarsi. Ben presto, però, si rendono conto che la vita non è solo passione e felicità.
Il cast: Harriet Andersson, Lars Ekborg, Dagmar Ebbesen, Ake Fridell.
Il film è disponibile al seguente Link.
Persona
Persona (1966) è il film più sperimentale di Ingmar Bergman. L’assoluta essenzialità espressiva è resa dallo straordinario bianco e nero e dall’uso originale del primo piano.
Elisabeth Vogel, nota attrice, un giorno comincia a rifiutarsi di parlare, chiudendosi in un ostinato mutismo. Le viene affiancata un’infermiera che comincia a raccontarle la sua vita privata. Le confessioni della donna si fanno via via più intime. Ma l’attrice in una lettera svela i segreti dell’infermiera. Uno dei tanti, splendidi ritratti sull’orlo di una crisi di nervi di due donne e delle loro nevrosi.
Il cast: Bibi Andersson, Liv Ullman, Gunnar Bjornstrand, Jorgen Lindstrom.
Il film è disponibile al seguente Link.
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