Basato sul romanzo Itomichi, scritto da Osamu Koshigaya nel 2011, Ito, dramma sentimentale giapponese diretto dalla regista Yokohama Satoko, è stato selezionato per partecipare al Far East Film Festival di quest’anno, perché racconta teneramente la crescita di una sedicenne timida che stenta a uscire dal proprio guscio.
Percorsi di vita
Ito Soma (Komai Ren) è una studentessa insicura, tormentata dalla balbuzie e per questo spesso derisa dai compagni di classe. Non ha amici. Vive con il padre, Koichi (Etsushi Toyokawa), docente universitario di studi sul folklore giapponese e la nonna materna, da quando la madre è morta a soli trentadue anni. Della madre ricorda solo che le pettinava i lunghi capelli neri e lucenti e che era bravissima a suonare lo shamisen, il tradizionale strumento musicale fatto di sandalo rosso della regione del Tsugaru. Ito ha imparato a “strimpellare” da piccola senza spartiti, semplicemente ascoltando e guardando suonare la nonna.
Da una scena del film, Ito e la nonna suonano assieme lo shamisen.
Tuttavia, la giovane non suona più da tempo e quando riprende in mano lo strumento, le si rompe, costringendola a trovare i soldi per ripararlo. Inizia a lavorare part-time in un maid café, locale dalla reputazione discutibile in cui, assieme alle altre cameriere, la mamma single Sachiko Kasai (Mei Kurokawa) e la disegnatrice di manga Tomomi Fukushi (Mayuu Yokota), dovrà imparare a flirtare anche se in modo innocente con i clienti, individui più goffi e strambi, che pericolosi pervertiti.
Da una scena del film, le tre cameriere del maid caffè con il collega Kudo, addetto a preparare il caffè per i clienti.
Bisogno di trovare rifugio
Ito è in continua fuga dalla famiglia, che l’assilla per ogni cosa, dalle sue debolezze paralizzanti, dalla scuola in cui non eccelle fino allo spettro di una madre perfetta, che ricorda a malapena. Per questo ha bisogno di trovare un rifugio. Lo trova proprio nella caffetteria, luogo in cui si sente protetta e apprezzata. Si trova quasi a suo agio in questo posto un po’ fuori dal mondo, difficile da trovare, in cui si vuole ricreare un mondo quasi fantastico per far felici gli avventori. Piatti decorati con faccine sorridenti, tortine di mele squisite e un’atmosfera da paese dei balocchi: è il luogo perfetto per fuggire. Ma quando il locale rischia di chiudere dopo l’arresto del proprietario, Taro Narita (Daimao Kosaka), per importazione illegale di integratori ed il padre non le consente di tornare al lavoro, Ito scappa di casa, portando con sé anche il suo strumento ammaccato.
Quei calli alle mani
Nella sequenza iniziale del film, il primissimo piano delle sue mani rivela una manicure imperfetta. La si giudica male per questo, ignari del fatto che quell’unghia scheggiata rivela moltissimo della sua vita da giovane musicista. Eppure le sue mani sono lisce. La nonna la riprende per questo, quando le ispeziona le dita per cercare i calli e constatare che la nipote non suona più lo shamisen con costanza. La crescita di Ito andrà di pari passo con la ricomparsa di quei brutti calli sulle mani e di una espressione felice sul suo volto. Tornare a suonare rappresenta per lei la chiave di svolta. L’assolo, in cui si cimenta alla fine del film, è immenso. I clienti presenti al suo mini-concerto al maid café sono ammutoliti e lo sono anche gli spettatori in sala, sapendo dalla regista stessa all’inizio del film che l’attrice Komai Ren ha studiato un anno intero per prepararsi al ruolo.
Il padre e la nonna, ora consapevoli di quanto Ito sia cresciuta, sono orgogliosi di lei. Hanno finalmente imparato ad ascoltare i suoi silenzi, piuttosto che stressarla ad usare parole che non riesce a pronunciare, per i tanti traumi infantili mai superati. Ora, grazie alla musica, Ito si sente libera e più sicura di sé. Riesce a emozionarsi e persino ad elaborare la perdita della madre, versando le sue prime lacrime per lei. Certo, i limiti da superare sono ancora tanti, ma ce la può fare. Con l’aiuto del padre, alla fine riesce a scalare la sua montagna di problemi e dalla vetta trova finalmente la sua voce, lasciandosi andare.
Il poster del film.