Fan Girl è un dramma scritto e diretto dalla regista filippina Antoinette Jadaone, in competizione alla 23° edizione del Far East Film Festival. Il film, che ha già raccolto una valanga di premi, è una forte critica al mondo delle celebrità e alla cultura del fanatismo, per cui ragazzine scatenate e disposte a tutto si gettano ai piedi dei loro idoli, pur di venire notate e ottenere un autografo.
Il film, la cui stesura è iniziata nel 2016, ha vissuto una battuta d’arresto in seguito alle difficoltà sociopolitiche in cui ha versato il paese negli ultimi anni. Per questo, come ha spiegato la regista nel suo videomessaggio introduttivo, la storia si è arricchita anche di una critica spietata nei confronti della violenza contro le donne.
La locandina del film filippino Fan Girl.
“Sono la tua fan numero uno”
Jane (Charlie Dizon) è una liceale di sedici anni innamorata del cantante e attore di commedie romantiche, Paulo Avelino. La ragazza conosce ogni dettaglio della vita dell’uomo o almeno crede. Si considera la sua fan numero uno. L’infatuazione della giovane deriva da una quotidianità triste: vive in una casa popolare assieme alla madre, al fratellino e a Benjo, l’ubriacone compagno violento della donna.
Il padre li ha lasciati per farsi una nuova famiglia e la sofferenza di questo abbandono la porta a cercare sollievo nel mondo fantastico del cinema di Avelino, che nel film impersona se stesso. Ossessionata dal desiderio di avvicinalo, dopo un incontro con orde di fan urlanti in un centro commerciale, la ragazza riesce a salire di nascosto sul pickup dell’uomo, quando egli lascia la manifestazione per tornare a casa. Ma arrivata alla sua villa tutt’altro che glamour, il sogno della ragazza si trasforma in un incubo.
Da una scena nel film, i due protagonisti Paulo Avelino e Jane.
La performance
La forza di questo film sta tutta nell’interpretazione della giovane Charlie Dizon, estremamente credibile in ogni primo piano. Alla sua prima esperienza davanti alla macchina da presa, recita con la naturalezza dell’attrice navigata. È proprio fatta per il cinema. La sua innocenza di ragazzina, l’ intraprendenza e la spavalderia nel tentativo di sembrare più grande di quello che è, le sue ingenue fantasie erotiche, il cieco fanatismo che la divora, come il suo profondo dolore per una vita complicata e insoddisfacente, sono profondamente convincenti e fanno male.
Paulo Avelino, invece, interpreta una parte rischiosa. È il bello e dannato a cui nessuna può resistere. Presenta un lato distruttivo del suo io cinematografico. È un iracondo, che dipende da alcool e droghe, verbalmente e fisicamente violento. Conduce una doppia vita che nessuno conosce. È ingrato, gretto ed egoista, e rifugge ogni selfie per paura che la verità possa venire esposta sui giornali. L’apparenza è tutto per lui e vale persino più dei sentimenti e delle relazioni che dovrebbero contare nella vita di un uomo. Quando Jane scopre quanto arido è il cuore dell’uomo, smette di credere nei sogni e si ribella alla realtà violenta che la circonda.
Da una scena del film, Paulo Avelino, nel ruolo del bello e dannato che le fan amano, ma non conoscono davvero.
Violenza fisica ed emotiva
Jane conosce da vicino la violenza, per i pianti e le urla della madre vittima delle botte che riceve da Benjo. Capisce quando le lacrime sono reali e quando sono mera finzione. Sa che il dolore della madre è vero, ma quando vede che la donna finisce per condonare gli atti del compagno appena tornato a casa dopo una lunga assenza, perché incapace di restare da sola, Jane si ribella.
Questa non è la vita che vuole per sé. Non vuole dipendere da un uomo consentendogli di fare il bello e cattivo tempo. Non tollera di essere la ragazza che i ragazzi fischiano al suo passaggio.
Jane ha smesso di sognare a occhi aperti. Ora riconosce la realtà per quella che è, mentre la finzione fatta di foto e poster patinati, che ritraggono idoli vacui e inesistenti, è ormai solo carta straccia, usata per decorare la parete di una camera fatiscente. Nulla più.